Il Fatto di Bruno Fasani
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Pace a Marco Pannella ma senza farne un santo

Questa volta Giacinto Pannella, in arte Marco, se n’è andato per davvero. Non per fame o per sete, come sarebbe stato coerente con le sue strategie politiche. Più banalmente e brutalmente per un tumore ai polmoni, cui ha certamente contribuito il suo fumare compulsivo, da ciminiera. Credo che se mai ne avesse avuto facoltà, perfino con la cannula dell’ossigeno si sarebbe regalato un po’ di nicotina o una tirata di cannabis.

Parole chiave: Marco Pannella (1), Il Fatto (417), Bruno Fasani (325)

Questa volta Giacinto Pannella, in arte Marco, se n’è andato per davvero. Non per fame o per sete, come sarebbe stato coerente con le sue strategie politiche. Più banalmente e brutalmente per un tumore ai polmoni, cui ha certamente contribuito il suo fumare compulsivo, da ciminiera. Credo che se mai ne avesse avuto facoltà, perfino con la cannula dell’ossigeno si sarebbe regalato un po’ di nicotina o una tirata di cannabis.
La fine era nell’aria da qualche mese e, nella sua casa romana, la processione degli amici e quella degli ipocriti aveva scritto il rituale di una morte annunciata. Una morte preparata e servita con gli ingredienti dell’emotività, sopra il palcoscenico mediatico, che consuma i suoi riti nella pubblica piazza. Del resto Giacinto Pannella viveva per essere visto. Era la sua indole di Narciso – altro che Giacinto – che lo portava a rubare la scena, per essere sempre al centro dell’attenzione.
Ho sempre creduto che Pannella, sia pure indubbio istrione politico, nascondesse nell’animo i tratti egocentrici di un adolescente. Del resto basterebbe guardare alla sua grafia, anche nell’ultima lettera scritta al Papa, per cogliere i tratti un po’ naïf di una psicologia anagraficamente acerba, in cui il sentimento emotivo sembra prevalere sulla ragione.
Anche papa Francesco gli ha mandato gli auguri per il compleanno. Qualche cristiano ne è rimasto turbato, dimenticando che ancora una volta, secondo il suo stile, questo Papa ha raccontato in chiave moderna la parabola della pecorella smarrita, dove il pastore lascia le novantanove al sicuro per andare in cerca della perduta.
Ma è pure legittimo che qualche buon cristiano trovi l’enfasi nata intorno a questa morte eccessiva e fuori luogo. Mentre si celebravano i funerali di Pannella, un po’ più in là, a Cannes, si premiava con la Palma d’Oro un film inglese contro il liberismo economico. Niente di che, stando ai critici, se non per la scelta ideologica di voler denunciare i danni ai quali porta un’economia in cui il profitto sia l’unica regola ispiratrice.
Ora, per venire all’ambito etico, non va scordato che Pannella era il rappresentante più battagliero e incisivo di un altro liberismo, quel liberismo etico che è a fondamento della cultura dell’individualismo psicologico e sociale. Quella filosofia radicale, da altri definita “puntinismo”, che ha trasformato le persone in punti solitari e sconnessi tra loro, dove ognuno fa il cavolo che gli pare. Una cultura dei diritti soggettivi a tutti i costi, confusi spesso con i desideri, che ha modificato radicalmente, in peggio, il vivere sociale e il ruolo della politica. Altro che paladino delle libertà.
Non sta a me giudicare un uomo, ora solo davanti a Dio con la propria valigia. Ma mi sia concesso almeno di dire qualcosa di politicamente scorretto: per favore, non facciamone un santo e tantomeno un eroe.

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