Il Fatto di Bruno Fasani
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L’obbedienza al partito non ha la priorità su quella alla coscienza

Penso che, prima o dopo, Elly Schlein andrà a sbattere. Più prima che dopo. E vorrei pregare i lettori di non volermi incasellare politicamente...

Parole chiave: Anna Maria Bigon (1), Il Fatto (417), Bruno Fasani (325)
L’obbedienza al partito non ha la priorità su quella alla coscienza

Penso che, prima o dopo, Elly Schlein andrà a sbattere. Più prima che dopo. E vorrei pregare i lettori di non volermi incasellare politicamente. Giusto per essere chiari, vi dirò che ho avuto modo, in due occasioni, di incontrare e scambiare qualche battuta con Stefano Bonaccini, uomo di raro equilibrio e lucidità politica. Che se ci fosse lui… La sua sconfitta nelle urne di piazza, quando si è trattato di scegliere il nuovo segretario del Pd, mi ha sempre ispirato una metafora, pensando al confronto tra un menu succulento della cucina emiliano-romagnola e un piatto di magro con Sardina, da venerdì di Quaresima.

Per ora, più che a sbattere, la segretaria ha cominciato con una bella botta al parafango. Si era a Gubbio, nei giorni scorsi, sotto la protezione del mite sant’Ubaldo, che nel 1154 impedì a Federico Barbarossa di distruggere la città. Riunito il plenum del suo partito, come una nuova Caterina da Siena, la Schlein ha gridato lo sdegno della sua anima pacificista più che pacifica, chiedendo che l’Italia smetta di mandare armi ad Israele. Decisione perentoria e non trattabile.

Ci ha pensato Antonio Tajani, ministro degli Esteri e vicepresidente del Consiglio, a ricordarle, con il garbo degno di una Penelope della politica, che ad ottobre il Parlamento aveva già deliberato in tal senso. Incassata la botta, neppure una parola, per dire che quel giorno era andata a vedere un film o si era assentata per una impellenza. Dieci minuti, ma giusto il tempo per giustificare l’ignoranza.

Solo che, dopo il parafango, è arrivata anche la strisciata alla fiancata. Sempre a Gubbio e, stavolta, incrociando il caso della cattolica Anna Maria Bigon, consigliera regionale del Veneto, nelle liste del Pd che, nei giorni scorsi, restando in aula, ma astenendosi dal votare la legge sul fine vita proposta da Zaia, ne ha di fatto decretato l’affossamento, insieme ad altri ventiquattro consiglieri di centrodestra, che hanno esercitato la libertà di coscienza.

Un plauso bipartisan alla signora Bigon, la quale, in coraggiosa solitaria e con lucidità, ha ricordato che una legge sull’eutanasia deve venire, casomai, dal Parlamento, evitando che qualche regione si trasformi in… macelleria di Stato e senza contare che una simile scelta dovrebbe valutare con molta attenzione sia il ricorso alle cure palliative, sia i tanti risvolti psicologici connessi a una legge del genere.

La signora Schlein ha definito l’atteggiamento della consigliera regionale “una ferita”, “un’occasione persa” e ha fatto sapere che “se il partito ti chiede di uscire dall’aula, era giusto uscire e non decidere da sola”. Anna Maria Bigon, in attesa di conoscere il suo destino futuro, ha risposto che... e la sua risposta le leggerete direttamente in questa pagina, nel suo intervento qui a fianco.

Sul tavolo rimane la domanda inquietante sulla libertà dei cattolici in politica. A cominciare da quella di coscienza. A dispetto di chi crede che la fede sia una sorta di tirannia, che impedisce di pensare con la propria testa, sarà utile ricordare che sono stati proprio i cristiani, pagando anche con la vita, a decidere in libertà quando obbedire a Dio e quando a Cesare.

Una libertà conquistata nel tempo, alla quale rischiano di fare una deroga soltanto gli opportunisti, quando la sedia diventa più importante della coscienza. E quando qualche “imperatore”, in salsa moderna, vorrebbe far credere che l’obbedienza a Cesare viene prima della dignità dei sudditi.

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