Il Fatto di Bruno Fasani
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L’imprevedibile creatività di una certa magistratura

Mi sto progressivamente auto-convincendo che in Cassazione, organo massimo e inappellabile della magistratura, lavori un gruppo di fantasisti. Di quelli alla Pelé o alla Maradona giusto per spiegarsi. Insomma gente che tutto possiede, tranne la prevedibilità. Quest’ultima, si sa, appartiene a noi poveri mortali, abituali alle regole, agli schemi consolidati.

Parole chiave: Il Fatto di mons. Bruno Fasani (46)

Mi sto progressivamente auto-convincendo che in Cassazione, organo massimo e inappellabile della magistratura, lavori un gruppo di fantasisti. Di quelli alla Pelé o alla Maradona giusto per spiegarsi. Insomma gente che tutto possiede, tranne la prevedibilità. Quest’ultima, si sa, appartiene a noi poveri mortali, abituali alle regole, agli schemi consolidati. Gente che se gli chiedi cosa fa uno più uno ti risponde due, e cosa fa il giallo col rosso ti risponde arancio. Mai nessun sussulto di originalità, incapaci di raggiungere le vette del genio creativo, dove il nuovo spinge dalle fessure, sempre pronto ad entrare in scena.
Qualche settimana fa, la stessa Cassazione, dandola sul muso al governo del povero Renzi, il quale aveva trionfalmente fatto dono agli italiani delle unioni omosessuali, ma non delle adozioni gay, ha sentenziato che il problema delle adozioni non si pone neppure. La legge non guarda cosa c’è nelle mutande della gente, per cui ciò che vale per uno deve valere per tutti. Ma come? Ci siamo chiesti noi prevedibili ragionatori. Com’è possibile che ciò che non consente la porta della legge entri per la finestra della Cassazione? La verità è che da quelle parti, più che la barba del Padreterno, deve contare la barba di Darwin, quella della scienza che ha trasformato l’uomo in nuovo dio creatore, capace di giocare con la vita come a una partita di briscola. Una nuova religione dove anche la natura ha finito per diventare qualcosa di assolutamente relativo, un fatto culturale a disposizione dell’uomo, da modificare a piacere come la moda stagionale. E allora cosa vuoi che siano maschile e femminile, famiglia e non famiglia, giovane o vecchio? E cosa vuoi che conti il sorpassato nozionismo, quello che ci parlava del potere legislativo, come esclusiva del Parlamento, che la magistratura si limitava a recepire e far rispettare?
L’ultimo sussulto creativo dei Pelé della legge ci è venuto in questi giorni. Riferendosi al caso di una bambina nata nel 2010 a Casale Monferrato da due genitori di 57 e 69 anni, data poi in affido perché ritenuti inidonei ad allevarla (e non soltanto per l’anagrafe), i nostri della Cassazione hanno disposto che la bambina sia restituita a mamma e papà perché non c’è “nessun limite di età per chi voglia generare figli”. È chiaro che, appartenendo alla religione cristiana dove campeggiano nascite come quella di un certo Giovanni Battista e Gesù stesso, faccio fatica ad escludere i miracoli, ma è solo cambiando la barba del Padreterno con quella di Darwin che mi risulta più facile l’assunto dei nostri creativi magistrati.
In natura tutto ha i propri tempi e le proprie stagioni e se i bimbi mi chiamano nonno non è per affettuosa appartenenza di sangue, ma per logica e buonsenso. Il buonsenso di una verità che si impone da sola. A meno di non essere magistrati, creativi e imprevedibili.

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