Il Fatto di Bruno Fasani
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Difendersi con le armi non risolve i problemi

In questi giorni a far parlare la cronaca ci ha pensato un prete ottantenne della Diocesi di Perugia il quale, in perfetta sintonia con i proclami di Salvini, si è schierato apertamente per l’uso delle armi come legittima difesa dentro casa.

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In questi giorni a far parlare la cronaca ci ha pensato un prete ottantenne della Diocesi di Perugia il quale, in perfetta sintonia con i proclami di Salvini, si è schierato apertamente per l’uso delle armi come legittima difesa dentro casa. E dopo che i carabinieri gli hanno sequestrato due fucili, come se niente fosse e con un tantino di burbanza, ha detto che adesso andrà a comprarsi una pistola, perché uno ha diritto a difendersi.
Quando l’ho visto, intervistato dalle Iene e dalle varie testate giornalistiche, devo confessarvi che ho provato un po’ di tenerezza. E non perché mi trovassi in sintonia con le sue affermazioni. Era piuttosto il disagio che provavo nel vedere come una persona anziana era finita strumentalmente tra le grinfie mediatiche della cronaca nazionale, quando sarebbe bastato considerare l’anagrafe e l’ingenuità comunicativa del soggetto per derubricare il caso ad uscita emotiva, un po’ folcloristica oltre che stonata.
Ma si sa i media fanno il loro mestiere e se non trovano la polpa buona qualche volta vanno anche sulle frattaglie. Soprattutto se il boccone è funzionale alla politica, pro o contro che sia. E questa volta l’opinione del nostro don Antonio andava a intercettare il sentire del ministro dell’Interno che da tempo ci sta catechizzando su questi temi, facendo combaciare le omelie del prete con quelle del politico.
Quando ci si addentra in questi temi, il pericolo è quello di essere bersagliati dalle contumelie della gente. Gente che è talmente stanca di essere violata dentro le proprie case e di vivere nella paura, da non poterne più. Soprattutto la gente è stanca di vedere ladri e delinquenti vari, che collezionano reati come i grani di un rosario, liberi e strafottenti, resi audaci da una prassi ormai diffusa, per cui in galera, così si dice, nel nostro Paese non ci va più nessuno. Provate a chiedere cosa provano le forze di polizia quando arrestano un farabutto, magari rischiando la pelle, e il giorno dopo se lo ritrovano davanti libero e libero di reiterare il reato. Questo è il vero problema che la politica deve risolvere. Non quello di armare i cittadini. Pene severe e condanne certe. E se le carceri sono sovraffollate ne costruiscano di nuove con tanta terra intorno dove i carcerati possano lavorare e rendersi utili alla comunità che hanno ferito.
Trovo che armare gli italiani, sia pure in nome della legittima difesa, sia un errore gravissimo. Primo perché se i ladri ne sono al corrente prenderanno le giuste misure, diventando più aggressivi e pericolosi, armandosi a loro volta e giocando sull’effetto sorpresa. In secondo luogo perché le armi in casa sono sempre un rischio, sapendo che possono facilmente essere usate per finalità diverse da quelle per cui sono state comprate. L’esperienza dell’America è lì a indicarci le scie di sangue, quasi sempre innocente, lasciate da qualche mente disturbata che si è servita di questi mezzi letali a portata di mano.
E senza scordare che armarsi finirà per seminare una cultura devastante, quella della violenza come soluzione dei problemi. Non proprio esattamente come ci insegna il Vangelo e come dovremmo annunciare dai pulpiti.

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