Il Fatto di Bruno Fasani
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Anche scendere di sella è un’arte da apprendere

Se c’è un motivo per tornare sulla vicenda Totti non è principalmente per ragioni sportive.  Giusto per aiutare i nostri lettori ad entrare in argomento, ricapitoliamo brevemente i fatti. Nei giorni scorsi il bravo e noto calciatore della Roma, in un servizio del Tg1, si toglie qualche sassolino dalle scarpe, non sentendosi adeguatamente valorizzato dal nuovo allenatore...

Parole chiave: Il Fatto (417), Bruno Fasani (325)

Se c’è un motivo per tornare sulla vicenda Totti non è principalmente per ragioni sportive.  Giusto per aiutare i nostri lettori ad entrare in argomento, ricapitoliamo brevemente i fatti. Nei giorni scorsi il bravo e noto calciatore della Roma, in un servizio del Tg1, si toglie qualche sassolino dalle scarpe, non sentendosi adeguatamente valorizzato dal nuovo allenatore.
Drastica la reazione di quest’ultimo, che, senza tanti complimenti, lo esclude dalla rosa in campo, mandandolo a farsi un giro sui Castelli romani. Fin qui la cronaca.
Il fatto è che Totti veleggia verso i quarant’anni, un’età in cui la bravura dello sportivo deve cominciare a fare i conti con l’anagrafe, consigliando di uscire di scena per lasciare il posto a energie più fresche.  
Se son partito dal caso Totti, però, è semplicemente perché la sua vicenda mi sembra una grande metafora di quanto succede nella vita e quindi potrebbe accadere ad ognuno di noi. Viene per tutti il momento in cui bisogna cedere il posto. E questo non necessariamente per raggiunti limiti di età.
È la vita, nell’alternarsi delle sue vicende, che non garantisce la sella in perpetuo. Questo succede in ambito sportivo, professionale, culturale ed anche nella stessa comunità cristiana, quando gli avvicendamenti portano a doversi reinventare un percorso di vita.
Se mai mi è consentito fare per un giorno il grillo parlante, vorrei sommessamente suggerire gli ingredienti per trovare un po’ di equilibrio, quando ci si trova a misurarsi con la fine di un percorso.
Primo. Avere ben presente, ora, in questo momento, che ciò che stiamo facendo è assolutamente provvisorio. Anzi coltivare nel desiderio l’anticipo della sua conclusione. Non per impegnarci al ribasso, ma per entrare nell’ordine di idee che, dopo, faremo qualcosa di nuovo e di piacevole. Vivere è cambiare, ricordava l’illuminato cardinal Newman. Ed è l’orizzonte di un nuovo sempre dietro la porta che deve ispiraci desideri e voglia di creatività.
Secondo. Impegnarci in quello che facciamo nel presente con grandissima responsabilità e professionalità. È solo la percezione del tuo valore che non ti fa sentire inutile quando vieni disarcionato.  È troppo diffusa l’idea che esso dipenda dal posto che occupi, dalla stima dei superiori, dall’essere nelle grazie del Vescovo o del titolare, dal ruolo che qualcuno ti ha assegnato dall’alto. Da sempre ripeto che non sono le poltrone a fare grandi gli uomini, ma sono gli uomini con il loro valore a impreziosire anche i più piccoli scranni. È la tua preparazione, umana e professionale, che ti farà sentire in pace con te sesso, a prescindere dal luogo che ti assegneranno, una volta che hai dismesso la poltrona. Se vali, il tuo valore è per ciò che sei, non per il ruolo, perché le grandezze umane non si costruiscono sui titoli, sugli incarichi e sui superiori.

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