Se il Papa è malato, tocca a noi
“Ubi Petrus, ibi Ecclesia”: così scriveva nel IV secolo Ambrogio da Milano commentando il Salmo 118 come una grande catechesi su battesimo e Chiesa...

“Ubi Petrus, ibi Ecclesia”: così scriveva nel IV secolo Ambrogio da Milano commentando il Salmo 118 come una grande catechesi su battesimo e Chiesa. Il suo intento era, in particolare, affermare che non si poteva essere cristiani senza essere in comunione con il successore di Pietro, che all’epoca era Damaso (366-384); il santo Vescovo voleva seguire e far seguire lui, nel momento in cui c’era pure un anti-papa, Ursino, per un periodo presente proprio a Milano.
Nei secoli, questa massima di Ambrogio e il “peso” del Pontefice sono stati interpretati in maniera diversa. Il rischio continuo è che la si prenda in modo assoluto, per cui la Chiesa coincide con il Papa. Un po’ lo si è assaporato nei giorni di ricovero di papa Francesco al Policlinico Gemelli, per cui sembrava che ad essere bloccata fosse tutta la Chiesa e non solo colui che, apparendo alla Loggia la sera dell’elezione, si è presentato “semplicemente” come il Vescovo di Roma. Ovvio, la preoccupazione per la sua salute ha paralizzato tante situazioni e persone, ma ora che il peggio sembra scongiurato, un passo in più credo lo possiamo fare.
I medici parlano di due mesi di convalescenza che potrebbero diventare settimane lunghissime in cui rimanere solo in attesa, oppure un’occasione speciale in cui vivere la sinodalità e poliedricità nella Chiesa, dove non tutto spetta sempre e solo al Papa. D’altronde, nello stesso commento, Ambrogio sottolineava che tutti i cristiani sono il tempio di Dio e il Concilio Vaticano II nella Lumen gentium ha specificato bene la “popolarità” della Chiesa.
E così, ai Vescovi spetta di presiedere il gregge affidato come testimoni della tradizione, maestri di dottrina, sacerdoti del culto divino, ministri del governo; il Papa, prima di tutto, “è perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità”; tutti insieme, Vescovi e Papa “rappresentano la Chiesa universale in un vincolo di pace, di amore e di unità”; a tutti i battezzati è affidata la missione di far conoscere i prodigi di Dio, testimoniare Cristo, dare ragione della speranza, operare la carità.
Se papa Francesco dovrà stare in silenzio per ancora vari giorni, che facciamo? Aspettiamo che torni lui (da solo) a parlare e operare per fede, speranza, carità, pace, giustizia... o ci prendiamo noi, come singoli e comunità cristiane, questa “santa” responsabilità? Ne “approfittiamo” per vivere la sinodalità o attendiamo semplicemente di applaudire la prossima volta che se ne parlerà? Pure questa sofferta situazione può diventare un’occasione di maturità per la Chiesa.
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