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Proverà a riaccostare gli italiani alle loro istituzioni

Da pochi giorni il professor Sergio Mattarella, il dodicesimo presidente della Repubblica Italiana, si è insediato al palazzo del Quirinale, un luogo che egli stesso ha definito «la casa degli italiani e che è bene lo divenga sempre di più». Se il buon giorno si vede dal mattino, è facile pensare che il suo settennato sarà all’insegna dell’assoluto rigore e della massima sobrietà, così come si addice alla più alta carica dello Stato, chiamata nel non facile compito di essere arbitro imparziale e garante della Costituzione.

Da pochi giorni il professor Sergio Mattarella, il dodicesimo presidente della Repubblica Italiana, si è insediato al palazzo del Quirinale, un luogo che egli stesso ha definito «la casa degli italiani e che è bene lo divenga sempre di più». Se il buon giorno si vede dal mattino, è facile pensare che il suo settennato sarà all’insegna dell’assoluto rigore e della massima sobrietà, così come si addice alla più alta carica dello Stato, chiamata nel non facile compito di essere arbitro imparziale e garante della Costituzione. La speranza è che tale sobrietà risulti contagiosa per tutte le forze politiche, tanto più in un’epoca di illusori populismi e della sindrome dell’annunciare di cambiare tutto per poi modificare poco e niente. Il nuovo Capo dello Stato non è certo l’emblema della politica tipica della seconda repubblica che, anziché nei luoghi istituzionalmente deputati, si faceva nei talk-show e oggi ancor più a forza di tweet e di post su Facebook. Anzi, ne è l’esatto contrario. E a chi ne lamenta un basso indice di popolarità, non resta che aspettare i suoi incontri con la gente, con coloro che chiama «nostri concittadini».
Nei discorsi pronunciati il giorno del giuramento Mattarella ha evidenziato due snodi nevralgici del suo mandato: far recuperare il senso dell’unità al Paese perché possa sentirsi di nuovo comunità e riavvicinare le istituzioni al popolo. In una politica, anzi, in una società dove tutte le questioni diventano motivo di contrapposizione, di schieramento in opposte tifoserie, il Presidente è chiamato a rappresentare l’unità nazionale, quella «che lega indissolubilmente i nostri territori, dal Nord al Mezzogiorno». Luoghi e cittadini di un’unica nazione, ma che si stanno distanziando sempre più, come le lame di una forbice aperta. Da qui la necessità di «scongiurare il rischio che la crisi economica intacchi il rispetto di principi e valori su cui si fonda il patto sociale sancito dalla Costituzione». Un’unità non facile da realizzare ma che domanda di mettere insieme le forze per un rinnovato e comune impegno volto a superare le difficoltà e a realizzare le speranze degli italiani, perché «parlare di unità nazionale significa ridare al Paese un orizzonte di speranza», ha affermato il Presidente.
Tornare a far sentire le istituzioni vicine alla gente è un’ulteriore grande responsabilità che il Capo dello Stato si è assunto in prima persona, ma che non potrà portare avanti da solo. «Condizione primaria per riaccostare gli italiani alle istituzioni è intendere la politica come servizio al bene comune, patrimonio di ognuno e di tutti». Compito questo quanto mai urgente, visto che non passa giorno senza notizie di scandali e malversazioni con protagonisti pubblici amministratori che allontanano ancor più la gente dalla res publica e dalla politica. Un rapporto da ricostruire pazientemente che sarà possibile solo pensando ai cittadini italiani non in astratto, ma con quei volti che egli stesso ha saggiamente evocato, quelli che incontrerà in tutto il Paese e che ripongono in lui grande fiducia.

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