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La speranza è tra quei giovani

In queste ore folti gruppi di giovani provenienti da ogni parte, si parla di un milione circa, si sono dati appuntamento a Lisbona per celebrare insieme la 38ª Giornata mondiale della gioventù...

Parole chiave: Giornata mondiale della gioventu (4), Editoriale (380)

In queste ore folti gruppi di giovani provenienti da ogni parte, si parla di un milione circa, si sono dati appuntamento a Lisbona per celebrare insieme la 38ª Giornata mondiale della gioventù. Quest’anno non è come le precedenti edizioni per tanti motivi. Siamo usciti da una pandemia che ha definitivamente trasformato i rapporti personali e con il mondo circostante. I giovani più di tutti hanno risentito di questo flagello e tuttora ne stanno pagando le conseguenze. Poi siamo, non solo in Europa, in un contesto di guerre, conflitti e rivolte armate (ultima, ma solo temporalmente, la crisi nel Niger) che non lascia prevedere grandi motivi di speranza per il futuro. Infine la “rivolta” del clima che sconvolge le città in maniera sempre più violenta e non risparmia nessuno.

Ma cosa ci vanno a fare questi giovani a Lisbona? Ci vanno a manifestare anzitutto che esistono, che non sono pessimisti come le generazioni che li precedono; che credono negli ideali, si sentono parte di un meraviglioso disegno che per essere letto necessita di uno spostamento di prospettiva. Che sono disposti a camminare anche in mezzo alle difficoltà e alle incertezze del presente perché il futuro può essere anche diverso da come ci viene rappresentato dai profeti di sventura e dagli annunciatori di apocalissi.

Vederli cantare, ballare e giocare insieme; vederli pregare, faticare e non smettere di sperare potrebbe risvegliare in tutti noi il desiderio di essere migliori perché il tempo che c’è davanti all’umanità è più grande di noi e offre a tutti infinite possibilità. Non smettere di desiderare, non smettere di sognare, non smettere di camminare come pellegrini in questo mondo sul quale dovremmo camminare in punta di piedi per non disturbare, ma non muti e non ciechi di fronte a scelte coraggiose che non possono essere rimandate. Credo che vadano a Lisbona per questo e per molti altri motivi.

Sono giovani, sono inesperti, sono fragili ed esposti al vento e alle intemperie della vita proprio come Maria, che si alzò e andò in fretta all’incontro di sua cugina Elisabetta. Nel Campo Tejo, per la circostanza rinominato “Campo da Graça”, li accoglierà il “vecchio” papa Francesco, uno dei pochi ancora capaci di sintonizzarsi con loro.

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