Condiscepoli di Agostino
stampa

La felicità non è una dea ma un dono di Dio

Perché Felicità è stata l’ultima ad essere riconosciuta dea? È una domanda attorno alla quale Agostino intesse riflessioni di altissimo valore, che riproduciamo opportunamente: “La religione è il culto veritiero di un Dio vero, non il culto di tanti falsi dei quanti sono i demoni...

Perché Felicità è stata l’ultima ad essere riconosciuta dea? È una domanda attorno alla quale Agostino intesse riflessioni di altissimo valore, che riproduciamo opportunamente: “La religione è il culto veritiero di un Dio vero, non il culto di tanti falsi dei quanti sono i demoni. Ma anche dopo che Felicità fu inserita nel numero degli dei, seguì la grande infelicità delle guerre civili. O forse Felicità si è giustamente arrabbiata perché è stata invitata tanto tardi?” (De civ. Dei, IV, 23,2). La dea Felicità, obietta Agostino, meritava un tempio straordinario, più splendido di quello stesso di Giove. In effetti, “il regno a Giove chi glielo ha dato se non Felicità?… E la felicità è preferibile al regno… non si trova nessuno che non voglia essere felice” (De civ. Dei, IV, 23,3). Di conseguenza, “una volta collocata la dea Felicità in un luogo amplissimo e altissimo, i cittadini avrebbero imparato da dove si dovesse chiedere l’aiuto per ogni buon auspicio, e in tal modo verrebbe venerata naturalmente la sola Felicità, lasciando in abbandono la superflua moltitudine degli altri dei… Se poi la felicità non è una dea perché, e ciò e vero, è dono di Dio: quel Dio si cerchi, che è in grado di darla e sia abbandonata la nociva moltitudine dei falsi dei, alla quale corre dietro l’ingannevole moltitudine degli uomini stolti, facendoli dei in proprio favore e offendendo con l’ostinazione di una volontà superba proprio Colui di cui sono doni. Così non è in grado di liberarsi dalla infelicità, perché adora come dio la Felicità e abbandona Dio datore della felicità, come non è possibile che uno non abbia più fame se lecca un pane dipinto e non lo chiede ad una persona che ha quello vero” (De civ. Dei, IV, 23,4). Obiezione dei pagani: “Nel concetto di Felicità si intende non essa stessa che viene data, ma quella forza divina da cui viene data la Felicità” (De civ. Dei, IV, 24). Contro obiezione di Agostino: “Confermo che la felicità viene data da un Dio che essi non conoscono: Lui in persona pertanto venga cercato, Lui in persona sia venerato, e basta… Colui al quale basta (la Felicità), dato che l’uomo non ha altro da desiderare, si ponga al servizio del Dio datore della felicità. Quel Dio non è colui che chiamano Giove. Se lo conoscessero come datore della felicità, non ne cercherebbero, in vista della felicità, un altro o un’altra… e si guarderebbero dal venerare un Giove soggetto a così grandi torti. Si dice di lui che fosse adultero delle mogli degli altri e inverecondo amante e rapitore di un bel giovanetto” (De civ. Dei, IV, 25). Cicerone, al quale Agostino ha attinto notizie e pensieri, si appella all’autorità di Omero nell’affermare che gli dei agivano come gli uomini ed esigevano rappresentazioni teatrali in loro onore, mettendo come protagonisti gli stessi dei, anche di scene raccapriccianti, indegne e indecorose (Cfr. De civ. Dei, IV, 27). Osserva Agostino, con l’occhio della fede fisso nel vero Dio: “In nessun modo dunque tali dei, che vengono placati da tali spettacoli, o piuttosto posti sotto accusa da tali onori… hanno potuto far crescere e conservare l’Impero Romano… se avessero ignorato o anche disprezzato questi dei falsi e avessero conosciuto il Dio uno e trino e l’avessero onorato con fede e moralità autentiche, avrebbero in questo mondo un dominio più perfetto… e dopo la vicenda terrena ne riceverebbero uno eterno” (De civ. Dei, IV, 28). Certo, Cicerone, filosofo accademico che sostiene il dubbio universale, schernisce il valore delle divinazioni e smonta l’idolatria e la mitologia, scandalizzato che gli dei siano dominati dalle passioni umane e che siano in guerra tra di loro: “Queste cose si dicono e si credono con grande stoltezza e sono piene di vanità e di somma leggerezza” (De civ. Dei, IV, 30).

Tutti i diritti riservati
La felicità non è una dea ma un dono di Dio
  • Attualmente 0 su 5 Stelle.
  • 1
  • 2
  • 3
  • 4
  • 5
Votazione: 0/5 (0 somma dei voti)

Grazie per il tuo voto!

Hai già votato per questa pagina, puoi votarla solo una volta!

Il tuo voto è cambiato, grazie mille!

Log in o crea un account per votare questa pagina.

Non sei abilitato all'invio del commento.

Effettua il Login per poter inviare un commento