Condiscepoli di Agostino
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La Chiesa Corpo di Cristo che ne è il Capo e lo Sposo

Per cogliere la pregnanza del senso di unità nella Chiesa in Agostino, occorre, evidentemente, partire da Cristo, come struttura portante dell’unità, in quanto capo del Corpo che è la Chiesa...

Parole chiave: Giuseppe Zenti (10), Condiscepoli di Agostino (99), Sant'Agostino (172)

Per cogliere la pregnanza del senso di unità nella Chiesa in Agostino, occorre, evidentemente, partire da Cristo, come struttura portante dell’unità, in quanto capo del Corpo che è la Chiesa. È Cristo la verità che costituisce l’unità. In Lui che è l’Uno, noi formiamo l’unità. Ora, precisa Agostino, i Cristiani sono uno in Cristo, in forza e come conseguenza della fede, cioè dell’aver creduto in Lui: “Noi saremo infatti una sola cosa, non per poter credere, ma in virtù dell’aver creduto”. Cristo, che è l’Uno ed è l’unico Capo, ha assunto l’unità di coloro che, credendo in Lui, formano una sola cosa in Lui, mentre gli sono estranei gli scismi. Con l’arditezza che lo caratterizza, Agostino precisa inoltre che, con il loro Capo che è Cristo, i Cristiani, che formano il suo Corpo, sono un solo Cristo: “Molti sono i Cristiani, e uno solo è il Cristo. Con il loro Capo che è asceso al cielo gli stessi Cristiani sono un unico Cristo”. Agostino non separa mai Cristo Capo dalla sua Chiesa, che è il suo Corpo. La Chiesa infatti, nella sua natura più profonda, è Unità, in Cristo che è l’Uno. La stessa moltiplicazione delle espressioni per tracciare l’identità della Chiesa non fa che confermare questo fatto. La Chiesa è “la società dell’unità”; “la voce personificata dell’unità”; come Maria, è “madre di unità”; è coro universale che canta il canto nuovo; è il tempio dell’unità; “questo possesso di Cristo, questa eredità di Cristo, questo Corpo di Cristo, questa sola Chiesa di Cristo, questa unità che siamo noi”. Cristo e la Chiesa sono inseparabili. Tenere l’uno è tenere l’altra. Rifiutare l’uno è rifiutare l’altra. Che Cristo e la Chiesa siano inseparabili come lo sono il corpo dal capo, Agostino lo afferma, sempre con decisione, infinite volte. Agostino riconosce una tale unità tra Cristo e la sua Chiesa che ritiene assurdo separare gli atteggiamenti riservati all’uno senza il coinvolgimento dell’altro. In bene o in male. Non si può infatti affermare di amare il capo e calpestarne le membra, poiché il capo, attraverso la compagine del suo corpo, è intimamente unito a ciò che viene calpestato. Oltre ad evidenziare l’immagine della Chiesa Sposa di Cristo e suo Corpo, Agostino mette in parallelo Dio come Padre e la Chiesa come Madre, ambedue da amare di un medesimo amore: “Amiamo il Signore Dio nostro, amiamo la sua Chiesa. Lui come Padre, questa come Madre”. La Chiesa è come una grande rete, che raccoglie pesci buoni e cattivi da tutto il mondo. Per sua natura è universale e, come Cristo e in Cristo, è speranza non di un solo angolo della terra, ma di tutta la terra, fino ai suoi estremi confini. E per potersi tenere unita ha bisogno di una infinita pazienza, animata da spirito di sopportazione: “Ogni giorno capita questo. Sta davanti a noi. Lo vediamo. Abbiamone orrore […] Non agiamo così (non siamo cioè intolleranti), fratelli, perché Egli è la speranza dei confini della terra. Se Egli non fosse la speranza anche lontano nel mare, non direbbe ai suoi discepoli: ‘Vi farò pescatori di uomini’. Già catturati in mare per mezzo della rete della fede, rallegriamoci di nuotare ancora là dentro le reti, poiché questo mare incrudelisce ancora con le sue tempeste, ma le reti che ci hanno presi saranno condotte sulla riva. La riva è il confine del mare; perciò è come pervenire alla fine del mondo. Nel frattempo, fratelli, cerchiamo di vivere bene proprio dentro queste reti. Non usciamo fuori rompendo le reti. Molti infatti hanno rotto le reti e hanno formato scismi. E sono usciti fuori, perché hanno detto di non voler tollerare i pesci cattivi catturati dentro le reti. Essi stessi si sono resi cattivi più di quelli che essi dissero di non poter tollerare […] Orsù, cittadini di Gerusalemme, che siete dentro le reti e siete pesci buoni, tollerate i cattivi; non rompete le reti; siete con essi nel mare; non sarete con loro nelle ceste” (cioè nel giudizio universale).

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