Condiscepoli di Agostino
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Alla scoperta dell’origine trinitaria umana

Con la sua mente perspicace Agostino ha spaziato sul panorama delle possibili tracce, denominate analogie, scolpite dal Creatore nella creatura umana, perché essa, rientrando in se stessa, mai si scordasse della sua origine trinitaria...

Parole chiave: Trinità (8), Sant'Agostino (172)

Con la sua mente perspicace Agostino ha spaziato sul panorama delle possibili tracce, denominate analogie, scolpite dal Creatore nella creatura umana, perché essa, rientrando in se stessa, mai si scordasse della sua origine trinitaria. Ma è soprattutto su una terna, che definisce trinità, coniugata in molteplici modalità, che ha fissato la sua attenzione: la memoria, la mente appunto, la volontà, dopo aver scrutato la sua prima analogia, quella evidenziata nel libro ottavo, quella dell’amore, nella sua scansione di “Colui che ama, ciò che è amato, l’amore”, che da sola aveva spalancato le porte al Dio Trinità, al Dio Amore Trinitario: Colui che ama, cioè il Padre; ciò che è amato, cioè il Figlio; l’amore, cioè lo Spirito Santo.

Sulla memoria e le sue prodigiose potenzialità, aveva già compiuto un’analisi ineguagliabile nel libro decimo delle Confessioni.

Per quanto riguarda la mente, basti dire che per Agostino è il nucleo essenziale dell’anima; il suo vertice; la facoltà “capace di Dio”, non nel senso che sia in grado di “comprendere”, cioè di accogliere in sé la totalità di Dio Trinità, ma nel senso di avere una predisposizione metafisica creaturale, di conseguenza ad estensione universale, a partecipare della sua luce di verità. Se nella storia del pensiero esiste un appassionato, un “cultore” della mente con tutte le sue sconfinate potenzialità immesse da Dio in ogni persona umana, è proprio Agostino. Di conseguenza, non fa meraviglia se non rinuncerà mai al suo uso, sapiente ed esigente, lui uomo di fede convinta, altrettanto radicata in lui. E non vi ha mai scorto motivi di contrasto, semmai un mutuo e inscindibile rapporto, delineato splendidamente nel suo noto aforisma, più volte citato: “Credi per comprendere. Comprendi per credere”. Se come punto di partenza poneva la fede, cosa che accade anche nelle relazioni interpersonali umane, mai avrebbe accettato di essere un credulone. Per Agostino la fede autentica ha risvolti di limpida razionalità. Dalla mente fa nascere il pensiero che si condensa nella parola, verbum, non necessariamente vocalizzata nella molteplicità dei linguaggi, ma ancor prima come fatto interiore. Grazie alla mente, ha potuto analizzare il conoscibile temporale mediante la sua facoltà di scienza, applicata anche ai dati della fede e della Scrittura; e di giungere alla contemplazione del divino mediante la sua capacità di sapienza.

Infine, la volontà come facoltà delle decisioni ponderate, fondate sul discernimento dell’elaborazione del pensiero. È la facoltà che esplicita le potenzialità dell’amore. Va da sé che Agostino riconosce in questo trittico, memoria, mente, volontà, l’analogia più accreditata, benché non assoluta ed esaustiva, speculare, ad esprimere la Trinità rintracciata nell’essere umano: la memoria evoca il Padre; la mente-pensiero evoca il Figlio; la volontà, principio dell’amore, lo Spirito Santo.

A lettura compiuta si avverte che Agostino è ricorso a tutti i registri possibili di indagine per farne una sinfonia della mente alla ricerca di Dio Trinità. Tuttavia, dopo l’immane fatica di individuare e analizzare le analogie trinitarie, a cui ha sottoposto la sua mente per oltre un decennio, è stato costretto a smontare, come inadeguata, persino quella a lui più cara, quella appunto del trittico: memoria, mente, volontà. Dio Trinità, infatti, non è analizzabile come un uomo, magari passando attraverso l’esperienza personale. Dio è il Trascendente. È sempre un Oltre, verso il quale comunque l’uomo è proteso metafisicamente, come sua beatitudine, proprio perché bene assoluto. Ma sempre indicibile e indescrivibile. In ogni caso, potremmo avere l’impressione che quello di Agostino sia stato una sorta di “folle volo”, per dirla con Dante nei confronti del suo Ulisse, sospinto oltre le Colonne d’Ercole per inseguire “virtute e canoscenza”. Quello di Agostino è stato forse il folle volo della mente umana che tenta la scalata del cielo senza avere le ali d’aquila, date solo dalla fede?

Nella prossima riflessione ne daremo la risposta.

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