Cinema
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Talmente classico da essere rilassante

Assassinio sull’Orient-Express
(Usa, 2017)
Regia: Kenenth Branagh
Con: Kenneth Branagh, Johnny Depp, Judy Dench, Penélope Cruz, Willem Dafoe, Derek Jacobi, Michelle Pfeiffer
Durata: 114’

Parole chiave: Assassinio sull’Orient-Express (1), film (101), Carlo Ridolfi (19)
Talmente classico da essere rilassante

Con tutta evidenza questo è un periodo in cui gli attori inglesi prediligono la scelta interpretativa di detectives che parlano in altre lingue. Così come Rowan Atkinson è ottimo nei panni del commissario Maigret in una nuova serie televisiva, Kenneth Branagh, che aveva già rivestito da par suo i panni del tormentato Wallander, ispettore svedese creato nei romanzi del grande Henning Mankell, mette qui le vesti del belga Hercules Poirot, in una rinnovata versione di uno dei più famosi romanzi di Agatha Christie.
Assassinio sull’Orient-Express era già stato portato sullo schermo con splendido risultato da Sidney Lumet nel 1974. Poirot era Albert Finney e nel cast all-stars spiccò Ingrid Bergman, che si aggiudicò l’Oscar per la sua interpretazione della missionaria Greta Ohlsson.
Una volta l’anno è lecito dedicarsi ad un cinema che più classico non si può e in questo Kenneth Branagh ha davvero pochi rivali.
Mettendo in scena una trama conosciutissima – un gruppo di passeggeri sul treno più bello del mondo, bloccato da una tormenta di neve, con un omicidio avvenuto durante la notte e, tra loro, colui che si autodefinisce “il miglior investigatore al mondo” – Branagh, da consumato organizzatore di spettacoli teatrali, si affida prima di tutto ad una solidissima compagnia di professionisti. Ci sono un paio di varianti motivate dal casting e forse da qualche necessità di essere politicamente corretti: la missionaria diventa spagnola (e ad interpretarla c’è Penelope Cruz) e il medico dr. Arbuthnot è un nero (Leslie Odorn è l’ottimo attore che gli dà voce e volto). E poi si va da Johnny Depp a Willem Dafoe, da Judy Dench a Derek Jacobi, da Michelle Pfeiffer a Daisy Ridley (la Rye della nuova serie di Star Wars).
Tutto nel cinema di Branagh è classico e rimanda alle grandi stagioni d’oro di Hollywood: dalla sceneggiatura di Michalel Green alla fotografia di Hans Zambarloukolos alle musiche di Patrick Doyle.
In questo caso a moltissimi spettatori è persino già noto il finale, perché il romanzo è famosissimo e anche il film di Lumet ebbe notevole successo e gode di numerosissimi passaggi televisivi.
Branagh può quindi dedicarsi, preoccupandosi più della tensione estetica che di quella narrativa, a tratteggiare con arguzia e garbo gli ambienti opulenti del convoglio, le piccole e grandi manie di ogni personaggio, il narcisismo persino sfrontato del protagonista, intelligentissimo ma certamente non simpatico.
Ne risulta uno dei film gialli più rilassanti della storia: in apparenza una contraddizione per il genere, nei fatti un’ottima riuscita.

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