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Contrade, boschi, giassare: qui la Lessinia più bella

Itinerario attorno a Bosco Chiesanuova con tante mete da scoprire

Contrade, boschi, giassare: qui la Lessinia più bella

Pascoli e malghe, prati e scorci suggestivi, ma anche una grande varietà di fiori e piante da scoprire, insieme a interessanti tracce del passato. L’escursione lungo i tracciati segnati con i segnavia 255, sentiero Europeo E5 e 256 richiede almeno una mezza giornata e una certa dimestichezza con i percorsi in natura, e piacerà sicuramente agli amanti delle camminate in montagna e ai loro quattrozampe più allenati.
Da Bosco Chiesanuova si segue la strada provinciale per Erbezzo per circa 800 metri. Al bivio per San Giorgio si può scorgere sulla sinistra, nel prato sottostante, quello che resta di due grandi giassàre che avevano il tetto in canna da palude, chiamate del Pero e del Pomo per la forma delle rispettive pozze.
Dopo la prima curva si può parcheggiare l’automobile e ci si immette sul sentiero 255 salendo nel bosco; costeggiando una pozza ora degradata, si può scoprire una piccola suggestiva giassàra sormontata da un abete: si tratta di una ghiacciaia probabilmente utilizzata da Villa Ponti, edificata verso la fine dell’Ottocento, poi trasformata nell’Hotel Du Parc e ora proprietà dei Padri Stimmatini.
Proseguendo lungo il sentiero, passiamo dietro la villa, accanto a un serbatoio dell’acquedotto che fu costruito negli anni 1956-1957 e che da Fontani, sotto Velo, portava l’acqua fino a qui. A questo punto imbocchiamo il bel sentiero che si snoda in un bosco rado misto di faggi e abeti con tratti di pascolo e rocce affioranti. Fuori dal bosco si prosegue lungo un prato, dove recentemente è stato edificato un originale capitello a opera del proprietario della malga, e si attraversa un tipico muretto a secco con le cosiddette piere messe de cortel. Si incontra, sulla sinistra, un baito a due piani con casara, edifici di malga Valpiana.
Procedendo verso nord si fanno più frequenti gli affioramenti in rosso ammonitico. In un avvallamento sulla destra del sentiero scopriamo una pozza abbastanza vasta su cui si affaccia una piccola giassàra di malga, che quasi si mimetizza con l’ambiente circostante: il ghiaccio che si conservava qui serviva ai malghesi per fare il burro d’estate. Siamo nella zona dell’alpeggio, che un tempo iniziava tra l’ultima decade di maggio, per le montagne più basse e la prima di giugno per quelle più alte, terminando il 29 settembre, giorno di san Michele.
Superato un rudimentale cancello si scende in direzione nordest per la mulattiera. A sinistra si incontra ben presto una croce di pietra che porta scolpiti in alto gli strumenti della passione a bassorilievo e in basso la data e il nome dell’offerente. Arriviamo quindi, continuando sullo stesso segnavia, a malga Valpianetta. Qui, superato un bosco e un pascolo, ci immettiamo nella strada bianca che porta a un bivio con un capitello inserito in una roccia, dedicato alla Madonna della Corona e fatto costruire dai coniugi Marco Brutti e Maria Leso, emigrati in Sudamerica nel 1884. All’interno di questo capitello si trovava una preziosa Pietà in legno ora conservata nel locale Museo di Bosco Chiesanuova.
Oltrepassato un cancello sulla destra si giunge a Malga Dossetti e si prosegue lungo la strada fino a un piccolo valico dove transita il Sentiero Europeo E5, per poi scendere alla contrada Tinazzo, una delle più antiche dell’alta Lessinia. Scivolando verso la valle, a destra troviamo delle stalle con uno straordinario abbeveratoio in pietra scavato in un unico blocco; si prosegue quindi per la stradina di fondovalle sino ad arrivare alla bellissima contrada Zamberlini, il cui toponimo sembra derivare dalla presenza di un bandito chiamato Cimerlino.
Qui ammiriamo un bel portale a volto e caratteristiche piccole aperture dei fienili chiamate bocaroi, un pozzo con vasca di abbeveraggio e un capitello del 1842, ulteriore testimonianza della profonda religiosità di queste genti. Da qui si prosegue (segnavia E5) con una carrareccia delimitata da lastre di pietra fino ad arrivare a un bivio dove si prende il sentiero di sinistra; con una breve salita, che passa tra due muri di roccia, si giunge alla contrada Scalon, con la sua caratteristica chiesetta del 1837 dedicata a san Rocco, costruita dalla famiglia Massella in segno di gratitudine per non aver contratto il temibile morbo asiatico (colera) che in quegli anni interessava la nostra penisola.
Verso ovest, seguendo la strada bianca, si attraversa la contrada Scala e, continuando in direzione sud sulla carreggiabile, che coincide ancora con l’E5, si giunge alla contrada Croce. Si attraversa la strada provinciale per immettersi a destra in basso in un mulattiera che porta alla caratteristica contrada Biancari, nota per la bellissima stalla con portico a sei archi e i fienili sovrastanti. Risalendo la strada asfaltata si arriva ai baiti della Colletta: il più antico, del 1729, è sezione staccata del Museo e conserva gli attrezzi originali usati per la produzione del burro e del formaggio. All’interno di particolare valore architettonico è la volta a botte del logo del làte, la stanza dove il latte veniva lasciato riposare.
Da qui si imbocca una mulattiera posta a destra della provinciale tracciata con segnavia 256, dalla quale si scorge un caratteristico panorama del capoluogo di Bosco, raggiungendo attraverso una breve deviazione sulla sinistra contrada Ongar. Oltrepassando contrada Sioster, altro antico toponimo cimbro, si torna così al punto di partenza del nostro itinerario.
Obbligatoria una dose abbondante di acqua per il nostro cane: a parte l’abbeveratoio in contrada Tinazzo, l’acqua scarseggia e le zone di pascolo impongono di tenere i cani al guinzaglio per non spaventare gli animali in alpeggio.

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