Una giornata particolare
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Uno tsunami sventato dai falò e lo ricordiamo ogni 5 novembre

Domenica 26 dicembre 2004: terremoto di magnitudo 9,1 e conseguenti onde anomale che hanno colpito le coste dell’Oceano Indiano. Il primo grande tsunami che ha avuto risalto internazionale, a motivo del numero di vittime (circa 250mila), dei molti turisti occidentali coinvolti e delle operazioni umanitarie più costose (e più mediatiche) della storia. Oltre alla natura, il disastro ebbe grandi colpe umane, soprattutto nel mancato avvertimento...

Parole chiave: Una giornata particolare (117), Luca Passarini (95), Tsunami (1)

Domenica 26 dicembre 2004: terremoto di magnitudo 9,1 e conseguenti onde anomale che hanno colpito le coste dell’Oceano Indiano. Il primo grande tsunami che ha avuto risalto internazionale, a motivo del numero di vittime (circa 250mila), dei molti turisti occidentali coinvolti e delle operazioni umanitarie più costose (e più mediatiche) della storia. Oltre alla natura, il disastro ebbe grandi colpe umane, soprattutto nel mancato avvertimento. Sarebbe bastato avvisare la gente di spostarsi di 500 metri verso l’interno: una cosa del tutto fattibile nelle circa 3 ore che il maremoto ha impiegato ad attraversare il Golfo del Bengala. D’altronde, si trattava di qualcosa di davvero eccezionale, ma non unico nella zona. Nel XIX secolo furono segnalati due tsunami di grande portata con due esiti molto diversi. Uno fu quello del 1883, causato dall’eruzione e poi dall’esplosione del vulcano Krakatoa: nessuno tenne conto dei segnali che indicavano l’arrivo di uno tsunami, nessuno si prese la briga di avvisare… e fu una strage! Qualche anno prima, esattamente il 5 novembre 1854, ci fu un altro grande tsunami, ma le perdite di vite umane furono limitate. Il merito non fu del caso o di qualche tecnologia speciale, ma “solo” della prontezza e consapevolezza del trentaquattrenne Goryo Hamaguchi. Siamo nel sud del Giappone, prefettura di Wakayama, cittadina di Hirogawa, di cui il signor Hamaguchi è capovillaggio. Intuisce che sta arrivando uno tsunami e cerca il modo di avvertire i suoi concittadini e gli abitanti degli altri villaggi intorno. Unico – ma funzionale – modo che trova è di accendere dei falò sulla costa. La gente si accorge subito e il passaparola fa il resto. In ricordo di questo episodio e di questo grande sindaco, l’Unesco ha scelto proprio il 5 novembre come Giornata mondiale della consapevolezza degli tsunami. Il rischio in Italia non è così forte, date le dimensioni limitate dei nostri mari (unica eccezione Messina 1908). Ma questa Giornata, allora, più che renderci attenti agli eventi naturali estremi, può farci accorti e consapevoli dei tanti maremoti personali, familiari, sociali, che colpiscono molto più frequentemente, spesso con segnali di avvertimento non raccolti. Lo giustifica il fatto che il termine tsunami è ora usato in molti ambiti. Bethany Hamilton chiama “il mio tsunami personale” l’attacco di uno squalo mentre surfava: aveva 12 anni e perse il braccio (ma non la passione per il surf e la fede). Lo psicoterapeuta Alberto Pellai parla di “età dello tsunami” riguardo alla preadolescenza. Una crisi in casa si è iniziata a definirla “tsunami familiare”. Addirittura si prospetta uno “tsunami sociale” se non si intraprendono politiche assistenziali più accorte. Senza contare che i carabinieri hanno scelto per una delle ennesime operazioni antidroga il nome “Tsunami” proprio per segnalare la portata e i rischi mortali di qualcosa che spesso è sottovalutato o non segnalato. Insomma ce ne sono tanti in giro: e tutti – in questa Giornata e in ogni situazione – possiamo scegliere di essere Goryo Hamaguchi.

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