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Riboldi, vescovo anticamorra in difesa dei più deboli

Antonio Riboldi
Tempo di coraggio oggi come ieri
Associazione Editoriale
Promozione Cattolica
Vigodarzere (PD) 2022
pagg. 208 - Euro 17

Riboldi, vescovo anticamorra in difesa dei più deboli

È stato un atto dovuto quello di Luciano Lincetto, direttore dell’Associazione editoriale promozione cattolica, che nel novembre del 2022 ha deciso di rieditare Tempo di coraggio oggi come ieri, la raccolta di scritti, relativi al periodo 1978/1999, di monsignor Antonio Riboldi. Un atto dovuto per il coraggio del vescovo Riboldi, sempre volto alla difesa dei più deboli. Con loro il sacerdote rosminiano, nato a Triuggio (Monza Brianza) il 16 gennaio 1923 e morto a Stresa (Verbano-Cusio-Ossola) il 10 dicembre 2017, condivise la tenda all’indomani del terremoto del Belice, nel gennaio del 1968, fronteggiando assieme a loro le prepotenze di una mafia risoluta a mettere le mani sui finanziamenti per la ricostruzione.
Armato solo del Vangelo, sempre per la tutela della dignità dei poveri, direttore responsabile del mensile Amici di Follereau, monsignor Riboldi si sforzò di fare solo il suo dovere mettendoci la faccia. Ad Acerra (Napoli), dopo la nomina episcopale ad opera di Paolo VI avvenuta il 25 gennaio 1978, si batté contro la camorra, svolgendo il suo apostolato anche in diverse carceri, incontrando numerosi pentiti della criminalità organizzata e pure Raffaele Cutolo, nel cui fortino, Ottaviano (Napoli), partecipò il 17 dicembre 1982 alla marcia preparata dagli studenti del liceo di Acerra. Si trattò di uno di quegli eventi straordinari “e per questo – scrive monsignor Riboldi – quando succedono suscitano stupore, speranza, scandalo, irritazione, diatribe, diffidenze: insomma, tutto il vocabolario delle meraviglie e del loro contrario. Così avvenne per l’offerta di resa della camorra. Un fatto mai registrato nella storia e per di più tramite la Chiesa che non ha mai mancato di condannare aspramente l’errore: tanto più un errore grave della criminalità organizzata”.
La questione morale, cioè la piena agibilità dei cittadini e la pienezza dei loro diritti di libertà, erano in cima alle preoccupazioni di don Antonio, per il quale era necessario rievangelizzare la vita, “accompagnando tale rievangelizzazione con la testimonianza dell’amore”; un amore che permetta di condividere la fame e la sete degli ultimi, depredati “del diritto alla vita, dell’accoglienza o della difesa della vita”.
Al termine delle quattro parti che raccolgono gli scritti di monsignor Riboldi, figura di spessore che spicca nel grigiore di questi anni Duemila, sorge una domanda: perché, a leggere quanto scritto dal vescovo di Acerra, all’impegno religioso non si è accompagnata un’analoga coscienza civica e laica?

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