Il Fatto di Bruno Fasani
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Più che con le leggi le fobie si vincono ascoltando il Vangelo

In questi giorni esponenti del Parlamento stanno portando avanti un progetto di legge con lo scopo di inserire nel nostro ordinamento giuridico il reato di omofobia e transfobia. Cerco sul vocabolario il significato della parola fobia...

Parole chiave: Omofobia (2), Transfobia (1), Il Fatto (417), Bruno Fasani (325)

In questi giorni esponenti del Parlamento stanno portando avanti un progetto di legge con lo scopo di inserire nel nostro ordinamento giuridico il reato di omofobia e transfobia. Cerco sul vocabolario il significato della parola fobia. Da Treccani si dice: “Nell’uso comune, la parola indica genericamente una forma di avversione istintiva o di forte intolleranza verso qualcosa”. Penso, per analogia, alla claustrofobia di cui soffro e che mi ha fatto penare come un bambino il giorno in cui mi sono trovato in un cunicolo, senza la possibilità di tornare indietro. Mi chiedo se per guarire una fobia serva una legge o non sia piuttosto la psicologia e la cultura che devono essere tirate in ballo per sanare le infermità dell’animo.
Di fatto c’è una politica che, mentre l’Italia boccheggia per assenza di lavoro e di risorse per vivere, mentre le scuole non statali rischiano la chiusura sotto i pregiudizi e le pietre lanciate come sport nazionale, per dichiararle scuole dei ricchi, questa politica pensa di passare all’incasso, sul versante dell’opinione pubblica, mettendo la mordacchia a chi si ostinasse a difendere ad oltranza la famiglia o a dire che, a prescindere dagli orientamenti soggettivi, in natura si trova rigorosamente il maschile e il femminile. Che poi questi siano coniugabili a piacimento questo è un altro discorso, anche se il dato di fatto è quello che è. E senza scordare che, proprio per tutelare le persone da possibili fobie o pregiudizi, già esiste una legge Mancino che punisce la violenza e la diffamazione con pene severissime quando vi sia l’aggravante dei motivi legati alla razza, alla religione o all’orientamento sessuale.
Personalmente ritengo offensivo verso queste persone (anche se mi rendo conto che l’obiettivo è ideologico e quindi chissenefrega, direbbero loro) il fatto che debbano essere tutelate con leggi speciali, quasi fossero dei “poverini” sconfitti dalla vita. E questo perché una tutela ad hoc finirebbe per farne psicologicamente un ghetto, una minoranza perdente. Cosa che non corrisponde al vero se solo avessimo lo sguardo per vedere le persone con gli occhi sgombri dai pregiudizi.
Ed è proprio a partire da questa prospettiva che anche i cristiani, più che a una legge degli uomini dovrebbero rifarsi a quella rivelazione che racconta loro, senza equivoci il valore di ogni creatura. Non sempre è stato ed è così. Neppure dentro certi confessionali, dove più che a seminare la passione di Gesù che va in cerca di chi si è perduto, si finisce per chiudere le persone dentro al recinto spinato della “devianza”. Persone entrate in cerca di speranza ma subito prese dal desiderio di scappare. Dovremmo rileggere spesso quel passo di Galati, al capitolo 3,22-29, in cui si afferma che non c’è più giudeo né greco, né schiavo né libero, né uomo né donna, perché tutti siamo uno in Cristo. Potremmo aggiungere, nero o bianco, indigeno o straniero, colto o ignorante, etero o omosessuale...
Se la fede è la scalata a Dio con le nostre bravure e i nostri meriti, allora il discorso cade. Ma se fede è il suo amore che raggiunge ogni cuore per continuare a rifare l’uomo a propria immagine e somiglianza, allora non sarà una legge a dire perché vanno rispettate le persone, a prescindere da qualsiasi cosa ce le renda diverse. Trovo su Avvenire la pubblicità di un libro di Chiara D’Urbano, in cui si chiede se l’orientamento sessuale non sia secondario in un percorso vocazionale, riservando invece attenzione alla maturità psicoaffettiva, da prendere quella sì sul serio. L’introduzione è di Michele Gianola, responsabile della pastorale delle vocazioni della Cei. Visioni di manica larga o segnali dello Spirito?

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