Editoriale
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Più spazio a Dio per vivere al meglio la Quaresima

Con venti di guerra che spirano a poca distanza dai nostri confini meridionali e dopo aver visto scorrere il sangue di 21 cristiani copti sgozzati in Libia dai jihadisti dello Stato islamico, siamo entrati nel cuore della Quaresima: un tempo di grazia, di rinnovamento per rinfrancare i cuori e per aprirci agli altri, vincendo l’egoismo che porta all’indifferenza.

Con venti di guerra che spirano a poca distanza dai nostri confini meridionali e dopo aver visto scorrere il sangue di 21 cristiani copti sgozzati in Libia dai jihadisti dello Stato islamico, siamo entrati nel cuore della Quaresima: un tempo di grazia, di rinnovamento per rinfrancare i cuori e per aprirci agli altri, vincendo l’egoismo che porta all’indifferenza. Ed è proprio un invito ad essere nuovi come Chiesa, come comunità e come singoli per non diventare indifferenti al prossimo chiudendoci in noi stessi, quello che il Papa ci rivolge per vivere bene questi quaranta giorni che abbiamo aperto con un gesto penitenziale tanto semplice ma carico di significato come l’imposizione delle ceneri.
Spesso pensiamo alla Quaresima come al tempo del massimo sforzo da mettere in campo in vista della conversione, salvo poi ritrovarsi ormai in prossimità della Pasqua senza aver compiuto progressi significativi. O forse anche consapevoli di aver fatto qualche passo avanti ma anche qualche altro indietro. Questo perché siamo ancora impregnati di una mentalità volontaristica e moralistica che porta a crederci di essere in fin dei conti gli unici artefici dei nostri progressi. Salvo poi riscoprire fragilità che pensavamo di avere sconfitto e invece improvvisamente ritornate a galla. E questo può portare allo scoraggiamento, a pensare che non cambieremo mai e quindi è inutile persino provarci.
Papa Francesco nel suo messaggio per questa Quaresima ci invita invece ad assumere una prospettiva antitetica rispetto al nostro volontarismo. Non si tratta di compiere ogni sforzo per diventare più buoni, armati (in senso figurato, ovviamente) di maggiore pazienza, meno impulsivi, più generosi... ma prima di tutto di permettere a Dio di rivestirci della sua bontà e misericordia, di rivestirci di Cristo per diventare come Lui, a servizio di Dio e degli uomini. Pensate che bello: non una Quaresima animata dall’ansia di dover compiere uno sforzo sovrumano, nell’illusione – destinata ad essere frustrata – di diventare supereroi senza macchia e senza paura, ma persone che si lasciano servire da Cristo per diventare come Lui. Se ci pensiamo bene è la medesima sconvolgente logica che Pietro viene invitato ad assumere da Gesù nel gesto della lavanda dei piedi.
Se lasceremo fare un po’ di più a Dio nella nostra vita, allora ci verrà più facile riconoscerci parte dell’unico corpo di Cristo, sue membra, e quindi non saremo più indifferenti l’uno all’altro, bensì faremo qualcosa per i più lontani, ma ancor più per chi ci sta vicino, per i tanti Lazzaro seduti davanti alla nostra porta, in attesa che la apriamo un poco. Il Papa chiede proprio questo alle nostre parrocchie e comunità: che “diventino delle isole di misericordia in mezzo al mare dell’indifferenza!”. E ci indica tre atteggiamenti, tipici del percorso penitenziale: la preghiera in comunione con la Chiesa pellegrina sulla terra e con quella del cielo; la carità verso il prossimo; la conversione, vivendo la Quaresima “come un percorso di formazione del cuore” (Benedetto XVI).

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