Commento al Vangelo domenicale
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Una presenza più forte del maligno

10ª domenica del Tempo Ordinario (anno B)

Marco 3,20-25

In quel tempo Gesù entrò in una casa e di nuovo si radunò una folla, tanto che non potevano neppure mangiare. Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; dicevano infatti: "È fuori di sé". Gli scribi, che erano scesi da Gerusalemme, dicevano: "Costui è posseduto da Beelzebùl e scaccia i demòni per mezzo del capo dei demòni". Ma egli li chiamò e con parabole diceva loro: "Come può Satana scacciare Satana? Se un regno è diviso in se stesso, quel regno non potrà restare in piedi; se una casa è divisa in se stessa, quella casa non potrà restare in piedi. Anche Satana, se si ribella contro se stesso ed è diviso, non può restare in piedi, ma è finito. Nessuno può entrare nella casa di un uomo forte e rapire i suoi beni, se prima non lo lega. Soltanto allora potrà saccheggiargli la casa. In verità io vi dico: tutto sarà perdonato ai figli degli uomini, i peccati e anche tutte le bestemmie che diranno; ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo non sarà perdonato in eterno: è reo di colpa eterna". Poiché dicevano: "È posseduto da uno spirito impuro". Giunsero sua madre e i suoi fratelli e, stando fuori, mandarono a chiamarlo. Attorno a lui era seduta una folla, e gli dissero: "Ecco, tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle stanno fuori e ti cercano". Ma egli rispose loro: "Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?". Girando lo sguardo su quelli che erano seduti attorno a lui, disse: "Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre".

Parole chiave: Vangelo (421), Commento (93), X Domenica del Tempo Ordinario (3)

Riprendiamo, con questa decima domenica la liturgia del tempo ordinario che avevamo sospeso all’inizio della Quaresima, accompagnati ancora dal Vangelo di Marco. Siamo nella prima parte del suo Vangelo, dove Marco, attraverso la narrazione di fatti, interventi e parole di Gesù ne fa la presentazione iniziale, sulla quale si svilupperà il resto del Vangelo.
Il brano di oggi riceve l’intonazione dalla prospettiva della parentela, da quella naturale a quella spirituale, infatti il riferimento alla parentela (“i suoi” e “tua madre, i tuoi fratelli, le tue sorelle”), apre e chiude il testo evangelico proposto in questa domenica. Il tutto si svolge nello scenario di una casa, luogo caro a Marco, dove Gesù continua la sua opera infaticabile al punto che la folla che si accalca impedisce a lui a ai discepoli persino di mangiare.
Anche per questo lavoro eccessivo i “suoi” (parenti? i membri del clan della sua famiglia?) sono preoccupati e si sentono in dovere di prendere provvedimenti; vanno a prenderlo perché lo giudicano “fuori di testa”. La missione che ha iniziato ormai supera i confini di una normalità accettabile, di “buon senso”; se vi aggiungiamo le critiche con la classe dominante, i numerosi scontri verbali e altre stranezze, abbiamo un quadro che, a prima vista, giustifica la loro preoccupazione.
Mentre il successo di Gesù presso le folle cresce, cresce anche la tensione e il rifiuto. Non si tratta, come finora è emerso, di singoli gruppi legati al potere religioso e politico, ma di un sentire più diffuso che ingloba parte della folla, che lo ritiene “fuori di sé” e i suoi stessi parenti, che al corrente della cosa, si mettono in movimento per riportarlo a casa. Anche perché tutto sembra ormai concorrere a mettere a repentaglio il buon nome della famiglia e a gettarvi ombre di discredito; di qui la conclusione di porre fine a tale stravaganza e tentare di ricondurre Gesù nell’alveo del quotidiano, della “normalità”.
In realtà, Gesù realmente “sta fuori”, come dice il verbo nel testo greco, ma non dal buon senso, come intendevano i suoi parenti, bensì dalla piatta uniformità alla quale vorrebbero riportarlo. In questo senso è veramente “fuori dal comune”.
Ai parenti si aggiungono gli autorevoli custodi dell’identità religiosa, qui rappresentati da una delegazione ufficiale di scribi giunti da Gerusalemme per esprimere un pesante giudizio a cui Gesù reagirà fermamene e con durezza. Infatti, come possiamo costatare, l’accusa mossa dagli scribi (Gesù scaccerebbe i demoni per mezzo dei capi dei demoni) non solo getta un totale discredito sull’attività di Gesù, ma si configura come un’accusa di stregoneria e di attività demoniaca, passibile della pena di morte.
Ad essi Gesù risponde con un breve discorso, che l’evangelista qualifica come parabolico, usando dapprima l’immagine del regno diviso in se stesso, per far comprendere una cosa che dovrebbe apparire ovvia: un regno diviso non può stare in piedi; se Satana agisce contro Satana il suo regno è diviso e ormai sta per cadere. Lo capirebbe anche un bambino che se Beelzebul si servisse di Gesù per cacciare dall’indemoniato uno dei suoi demoni, si comporterebbe da stolto.
La seconda immagine che Gesù usa nella sua risposta agli scribi è quella dell’uomo forte: se una casa, una proprietà, è in mano ad un uomo forte ed un altro lo vince, gli toglie l’armatura e gli strappa la sua proprietà, vuol dire che è arrivato “uno più forte”. Qui non è più il discorso assurdo di due alleati che si scacciano a vicenda (Belzeebul che scaccia i demoni per mezzo di Gesù) ma di due avversari che si combattono e dei quali il più forte è Gesù; con lui la fine del regno demoniaco del male è garantita: la vittoria sarà sempre di Gesù e dei “suoi”.
A questo punto troviamo il passaggio conturbante relativo alla bestemmia contro lo Spirito Santo, che non può essere perdonata; Gesù prende le mosse dalla perfidia degli scribi, i quali hanno osato dire che lui è in combutta con Beelzebul. Bestemmia contro lo Spirito Santo, in effetti, è “il rifiuto ostinato di riconoscere i segni e l’azione di Dio nei segni del suo Santo Spirito, è il chiudere gli occhi alla positività della predicazione profetica e dell’attività di Gesù, interpretandole come azioni demoniache” (R. Pesch). È il peccato contro la luce.
Chi giunge a questo livello di odio e di rifiuto, non è che incontri un Dio che non può o non vuole perdonare, ma ha quasi sigillato personalmente il suo destino e la sua condanna definitiva, perché cancella la luce, dichiarandola tenebra e combatte il bene definendolo male. Resta comunque sempre vero che il nostro Dio è un Dio che perdona ed è sempre pronto ad accogliere tra le sue braccia il peccatore pentito.
Nella parte finale del brano evangelico ritornano in scena i parenti di Gesù: «Ecco tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle stanno fuori e ti cercano». Questo permette a Gesù non di disconoscere la parentela secondo la carne ma di definirne una nuova di tipo spirituale. Gesù sorprende tutti mettendo in discussione quel primato dei legami di sangue che è stato da sempre il fondamento della società: vengono dapprima i legami spirituali e la volontà di impegnarsi per il progetto di Dio. La consanguineità è superata a vantaggio di una nuova fratellanza.
E noi che “fratelli” siamo di Gesù? Ancora legati a criteri carnali: il nostro gruppo, la nostra comunità, la nostra chiesa, il nostro o mio interesse spirituale? Abbiamo dimenticato che «chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello sorella e madre»?

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