Commento al Vangelo domenicale
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La salvezza passa attraverso la quotidianità

Luca 3,10-18

In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto». Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe». Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile». Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.

Parole chiave: Terza domenica di Avvento (5), Vangelo (421), Michele Righetti (50)

La liturgia domenicale ci ripropone la figura di Giovanni Battista come colui che prepara la strada alla venuta del Salvatore in un’atmosfera di gioia, di novità e con la speranza di una nuova alba per l’umanità. Nella terza domenica di Avvento l’evangelista Luca descrive con parole chiare, di semplice lettura, come è nel suo stile, il comportamento che ogni uomo è chiamato a tenere per vedere la “salvezza di Dio” (Lc 3,6). Se nella scorsa domenica Giovanni chiedeva con il suo grido ruvido e sferzante di prepararci alla venuta del Signore, riscoprendo dentro i nostri cuori la forza di un amore che non può sopirsi in modi e luoghi abitudinari, oggi, di fronte alla gente che riconosce il valore delle sue parole, e capisce la profondità del suo messaggio, egli esorta, in maniera semplice, a comportarsi con onestà e rettitudine. Verso i pubblicani, i soldati e la gente comune del popolo che lo interrogano: “Maestro, che cosa dobbiamo fare?”, la risposta di Giovanni è molto facile da comprendere e nello stesso tempo inequivocabile: la salvezza passa attraverso il vivere quotidiano, le cose che ogni giorno ciascun uomo è chiamato a svolgere. Noi sappiamo che questo accade nella consapevolezza di essere figli amati da Dio, con la trasparenza delle azioni e nel rispetto delle persone: “Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato... Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe”. L’esortazione è così chiara che diventa per noi oggi disarmante. Per accogliere Cristo nella nostra vita, il Suo abbraccio tenero e misericordioso, non vi è null’altro da fare che comportarsi tutti i giorni con il cuore costantemente aperto a Dio, dentro una dimensione di pace, che proviene dall’affidarsi, dal comportarsi con semplicità e umiltà, rispettando le regole, lavorando onestamente e non approfittandosi delle situazioni e dei ruoli che ciascuno di noi ricopre, consapevoli che la nostra esistenza scorre incessantemente alla presenza del nostro Creatore. Sembra molto semplice, ma in realtà, guardandoci attorno ci accorgiamo che è tutt’altro che facile; anzi la corruzione che ci circonda, la disonestà in cui siamo immersi, l’egoismo che impera, stanno a significare che il “grido” di Giovanni è ancora oggi necessario alle nostre vite un po’ rassegnate e forse anche un po’ abituate ad accettare uno stile che è opposto all’insegnamento di Cristo. Mi colpiscono in maniera profonda, ogni volta che mi trovo a rileggerle, le parole di papa Francesco, espresse nella sua esortazione apostolica Evangelii Gaudium al numero 53: “Non è possibile che non faccia notizia il fatto che muoia assiderato un anziano ridotto a vivere per strada, mentre lo sia il ribasso di due punti in borsa. Questo è esclusione. Non si può più tollerare il fatto che si getti il cibo, quando c’è gente che soffre la fame. Questo è iniquità. Oggi tutto entra nel gioco della competitività e della legge del più forte, dove il potente mangia il più debole”. Sono le parole stesse del Papa che ci richiamano a quanto sia importante riflettere e lasciarci mettere in crisi dalle parole di Giovanni il Battista! Trovandomi tutti i giorni a contatto con chi dorme in strada, con chi non ha i soldi per una vita dignitosa, sento il dovere morale di denunciare questo sistema escludente e di esortare anche la nostra comunità cristiana ad impegnarsi per una cultura della solidarietà, del sostegno alle fragilità, divenendo sempre di più una comunità accogliente, attenta ai bisogni di chi fa più fatica e di chi, da solo, non è in grado di farcela. La legge del mercato, che richiede competizione e massima efficacia, dovrebbe lasciare spazio anche alla legge dell’amore fraterno che richiede comprensione, misericordia e attenzione al fratello più in difficoltà.
Giovanni, con grande umiltà di fronte all’interrogativo rivoltogli della gente che gli chiedeva se egli fosse il Cristo che deve venire, risponde: “Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco”. Egli prepara la strada a Gesù e conclude il suo messaggio con poche parole molto forti: “... ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile”. Giovanni ci invita a preparare i nostri cuori al Natale ormai vicino, esortandoci a vivere il nostro quotidiano con rinnovata fiducia, sicuri che la sua venuta porterà gioia e “pulirà” la nostra vita, estirpando tutto ciò che la inquina. Il perdono ci viene offerto e ci dona di riaprire il nostro cuore nell’attesa.

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