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La Madonna che sorride nella chiesa di Campiano

di ADRIANA VALLISARI
Un libro racconta l’opera e l’edificio religioso

La Madonna che sorride nella chiesa di Campiano

di ADRIANA VALLISARI
È giunta fino a noi col suo sorriso delicato, con un piccolo Gesù ritto in piedi sulle sue gambe. La trecentesca Madonna con Bambino in trono è una perla custodita nella chiesa parrocchiale di Campiano, frazione di Cazzano di Tramigna. Dopo il restauro eseguito sui dipinti murali presenti sulla volta, il presbiterio e le pareti (opere di Adolfo Mattielli e Augusto Reginato), è toccato all’antica statua della Madonna sottoporsi a un intervento che l’ha liberata da diversi strati di vernice. Il nuovo libro La Madonna di Campiano. Il sorriso lieve dell’anima (Tipografia La Grafica Editrice) offre molti spunti di indagine, anche sulla storia e sullo sviluppo della comunità cattolica di questo piccolo borgo dell’Est veronese.
Il testo, curato da don Piergiorgio Mirandola, a lungo pastore Cazzano e Campiano, racconta «la riscoperta di quest’opera d’arte, tornata sapientemente alla bellezza e al fascino originali» e i restauri della chiesa parrocchiale, dedicata a san Bernardo abate, «una delle più belle della Val Tramigna e della Val d’Illasi».
La presentazione del volume – patrocinato dal Consiglio regionale del Veneto, dal Comune di Cazzano, dall’Archivio di Stato di Verona e dall’Accademia di Agricoltura, scienze e lettere di Verona – è avvenuta proprio in chiesa, gremita per l’occasione. Le prime testimonianze scritte relative a un edificio sacro in questo luogo risalgono al XV secolo: si parla di un oratorio che la tradizione vorrebbe essere stato consacrato da papa Lucio III nel 1185, ma di cui non vi sono riscontri certi.
Quel che è sicuro, invece, è l’ingrandimento dell’originale edificio con la costruzione della canonica e con ulteriori lavori di ampliamento nel 1834, che hanno portato all’inserimento delle semi-cappelle per volontà del parroco dell’epoca, don Andrea Santi. Il campanile a vela, costruito tra il 1681 e il 1683 accanto alla chiesa, fu demolito, ricostruito e completato nel 1879. Tutto questo è documentato dalle indagini svolte dall’architetto Renato Molinarolo, che ha spulciato archivi e mappe catastali per mostrare le diverse stratificazioni della chiesa, evidenziando ulteriori possibili approfondimenti; ad esempio, quelli sull’antica porta che, a sinistra della navata, doveva affacciarsi sul cimitero; o sulla croce rossa affrescata che si trova tra campanile e sacrestia. Invece un mistero svelato, per così dire, è quello legato alla preziosa statua in pietra della Madonna, già indagata nel libro San Giorgio. Una rivelazione in Valtramigna (2019) dallo stesso Molinarolo e da Daniela Noli – che ha contribuito anche a quest’ultimo libro su Campiano, insieme a Bruna Bonomo, Katia Galvetto, Silvia Musetti e Giancarlo Volpato – ma pure dall’Accademia di Agricoltura, scienze e lettere di Verona e da Mattia Vinco.
La paternità artistica dell’opera, a lungo dibattuta, è finalmente stata attribuita a Giovanni di Rigino, scultore e notaio molto in auge nel Trecento, o almeno alla sua bottega. È Ettore Napione a sciogliere il dubbio: “a fronte di tutti gli interventi, la cifra di Giovanni di Rigino si riconosce abbastanza bene”, scrive nel suo intervento. Fu probabilmente un’espressione giovanile del maestro, autore di altre Madonne, come quella di Montorio, e di opere come la Deposizione di Cristo nella chiesa di San Fermo; a lui si devono anche le statue di alcune teste coronate che si trovano nell’arca di Cansignorio della Scala, che richiamano quelle regali della fontana di Madonna Verona, in piazza Erbe.
A distanza di secoli e nonostante le menomazioni – alle braccia della Vergine e al Bambino, che di originale conserva solo la testa – l’espressione serena della Madonna è rimasta immutata. «La sua bellezza colpisce chi la guarda, soprattutto per certi vividi dettagli che la rendono umana: ad esempio, il lembo della veste blu che cade in modo asimmetrico a terra, un dettaglio curioso che non finisce di stupirci», conclude Molinarolo. 

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