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Oratori e corti che fecero la storia di una comunità

di ADRIANA VALLISARI
Un libro racconta le vicende di due luoghi sacri a Cazzano di Tramigna

Oratori e corti che fecero la storia di una comunità

di ADRIANA VALLISARI
Si può riassumere in un solo libro la ricchezza storica, culturale, architettonica, ambientale e persino religiosa di uno spicchio di territorio veronese? È un’impresa ardua ma riuscita, quella in cui si è avventurato l’architetto Renato Molinarolo, originario di Cazzano di Tramigna e innamorato di questa terra, pur vivendo da anni a Verona.
Non nuovo a sfide editoriali polifoniche dedicate al suo paesello natìo, complici i due anni di pandemia Molinarolo si è addentrato in un ulteriore capitolo della storia locale, scavando le vicende legate a due oratori di Cazzano. Uno, pubblico, fu eretto nel 1720 da Antonio Bresciani in corte Caliari, dove svetta tuttora; l’altro, privato, del 1763, è invece l’oratorio domestico di Francesco Stappo, di cui purtroppo è rimasto ben poco dell’originale.
Entrambi gli edifici di culto sono indagati con dovizia di particolari nel volume Storia e storie di oratori e antiche corti (La Grafica editrice), curato appunto da Molinarolo e arricchito da saggi di Mauro Cova, Katia Galvetto, Giulio De Marchi, Daniela Noli e mons. Luigi Verzé. Patrocinato dalla Regione, dalla Provincia e dai Comuni di Verona e Cazzano di Tramigna, ed edito col sostegno di vari sponsor, il libro è stato presentato all’oratorio di San Luigi, a Cazzano.
«Pur nelle difficoltà di accesso agli archivi durante il periodo di lockdown, è stato possibile ricostruire la storia di questi due oratori, uniti indissolubilmente ad antiche corti o in ville padronali: si tratta di fabbriche religiose incastonate come perle in pregiati contesti rurali, calati ammirevolmente nel delicato equilibrio tra natura e artificio», spiega il curatore. Dell’oratorio pubblico di Antonio Bresciani si ha testimonianza nel resoconto di una visita pastorale del 7 ottobre 1719, compiuta dal vescovo Marco Gradenigo. Fu lui a concedere al ricco possidente “la facoltà di erigere un oratorio nella sua proprietà (...) anche per i lavoratori e gli altri abitanti, a causa della distanza dalla chiesa parrocchiale di oltre un miglio, anche per l’asperità del cammino e qualche volta a causa del torrente, cosicché nei giorni festivi il popolo non può accedere alla chiesa parrocchiale per ascoltare la Messa”.
In corte Caliari, all’ombra dell’oratorio dedicato alla Beata Maria Vergine (raffigurata anche sulla pala d’altare), è cresciuto mons. Luigi Verzé e con lui la sua vocazione al sacerdozio. «Questa chiesetta era il centro di tutte le contrade della zona nord del paese; soprattutto a maggio, tutti convergevano qui per il rosario: la campanella di richiamo stava sul tetto della mia casa e andavo a suonarla anch’io – ricorda con affetto –. Ci si incontrava tutte le sere e, dopo la preghiera, gli adulti cantavano: chi tornava dal lavoro in città, scendeva col tram a Capovilla di Illasi e veniva giù a piedi dai monti, accompagnato dai canti struggenti che risuonavano nella corte. Eravamo tutti molto poveri, ma questo appuntamento creava unità e dignità, c’era il gusto di stare insieme».
L’altro oratorio, “spuntato” durante le ricerche, è invece quello costruito da Francesco Stappo nel 1763 e inglobato poi nell’Ottocento agli annessi rustici del palazzo. Di questo è rimasto ben poco, a seguito di alcuni incendi che quasi un secolo fa distrussero le barchesse; un successivo intervento edilizio improvvido, poi, lo stravolse del tutto, con la realizzazione di un solaio che l’ha tagliato a metà. L’oratorio conteneva pure un’opera pittorica, perduta, della Vergine con Giuseppe, dipinta da Domenico Zorzi. Oltre ai minuziosi rilievi architettonici e alla ricca cartografia, alle foto d’epoca e alle note storico-artistiche, la ricerca a più mani si è espansa, abbracciando frammenti di vita della comunità e approfondimenti su vari temi, come la coltivazione degli iris. In un gioco di specchi, e con le dovute proporzioni, ci sono continui rimandi fra Cazzano e Verona; un confronto anche pittorico, simboleggiato da due artisti: Adriano Cassini e Angelo Dall’Oca Bianca.

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