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Ecco i «buteleti» che il 25 aprile 1945 accolsero gli americani in paese

di LIDIA MORELLATO
A Trevenzuolo, i ricordi dei sopravvissuti diventano un documentario visibile su Youtube

 

Ecco i «buteleti» che il 25 aprile 1945 accolsero gli americani in paese

di LIDIA MORELLATO
Sono passati ben 77 anni da quando gli Alleati attraversarono le vie di Trevenzuolo per dirigersi verso Verona, nella marcia di liberazione dell’Italia dai nazifascisti. Eppure il tempo non ha sbiadito i ricordi di coloro che allora erano presenti in quella giornata storica, quando nelle campagne della Bassa arrivarono gli americani della 85esima Divisione.
Allora erano fanciulli, oggi sono persone mature segnate indelebilmente dagli anni della guerra, ma ne conservano un ricordo nitido che non è stato offuscato dal tempo. Era la primavera del ’45.
Nasce da qui l’idea di far raccontare la giornata del 25 aprile ai bambini e ragazzi che nel 1945 abitavano a Trevenzuolo. Una iniziativa che prende forma nel docufilm I buteleti del 25 aprile realizzato da Stefano Benedetti, della sezione locale dell’Associazione nazionale combattenti e reduci; e da Marco Zaramella, del Gruppo alpini di Roncolevà, visibile sul canale Yotube tele.roncoleva. Una serie di interviste in presa diretta a una ventina di cittadini fra gli 82 e i 95 anni che nel 1945 abitavano a Trevenzuolo, Fagnano e Roncolevà, arricchito da foto d’epoca e dettagli storici. Il video, presentato nell’ambito delle iniziative in ricordo della Festa della Liberazione promosse dal Comune di Trevenzuolo, racchiude le memorie di guerra dei nonni trevenzuolesi ovvero i ricordi indelebili dei fanciulli che allora avevano un’età compresa fra i 5 e i 17 anni.
Fra quegli intrepidi buteleti, che allora indossavano calzoni corti e scarpe rotte, c’erano Alfredo Bertoli, Mario Monaldi, Dino Vangelista, Luciana Boninsegna, Bruno Moretti, Brunetto Signorini, Maria Migliorini, Maria Ramanzini, Sergio Lavagnini, Rita Faccioli, Natale Ferrarini, Anna Franzoni, Maria Grazia Zambotto, Mario Tebaldi, Antida Borelli, Luigino Lucchini, Cesare Ceoloni, Luigi Galli, Giuseppe Trevisani, Speranza Manara, Maddalena Guarato, Franco Marini.
Nei loro racconti appassionati ci sono pezzi di vita e testimonianze uniche che restituiscono uno spaccato storico di Trevenzuolo nel giorno in cui le truppe americane entrarono in paese. Una istantanea fatta di spari dei cannoni, jeep e camionette con le mitragliatrici, soldati che marciano accolti in un clima festoso dopo cinque anni di guerra e paura. In quella giornata epocale, a mezzogiorno le strade di Trevenzuolo si animano e brulicano di gente. Anche i buteleti sono curiosi e vanno in piazza, attendono trepidanti “gli alleati”, osservano e ascoltano i discorsi dei grandi, i più audaci si avvicinano ai soldati che offrono cioccolata, caramelle, sigarette, gomme americane e pane bianco che non avevano mai visto prima d’ora.
Sul campanile della chiesa sventola festoso il tricolore e c’è chi per far festa distribuisce ai soldati palle di neve (tipici fiori bianchi primaverili), uova fresche, latte e ortaggi. Vicende indelebilmente impresse, talvolta nitide altre più sfocate, ma tutte ricche di particolari sconosciuti e aneddoti curiosi. Come quel ragazzino che aveva nascosto la radio degli americani o quello che voleva vedere da vicino la mitragliatrice mettendo in pericolo il papà. E ancora, quel soldato americano che chiedeva acqua con l’elmetto e in cambio regalava cioccolato. O quel tedesco che fino a pochi anni fa tornava in paese per far visita alla famiglia che lo aveva aiutato in quegli anni e ogni volta si recava in cimitero a rendere omaggio ai caduti veronesi. Un gesto di umile e profonda riconoscenza che si nutre di alti valori umani che si sono via via perduti nel tempo. Ma il docufilm narra anche di sacrifici, miseria, delle bombe e della paura del rombo dell’aereo “Pippo” che sorvola i cieli, dei patimenti dell’anima della gente.
Il video si conclude con la testimonianza di Steve Col, figlio di un sergente americano passato in paese nel ’45, al quale sarà inviata la bandiera americana firmata dai buteleti del 25 aprile e da alcuni cittadini. «Tramite Facebook ci siamo messi in contatto con un gruppo dell’85ª Divisione Custer costituito dai figli degli americani che hanno fatto la campagna in Italia», spiega Benedetti. «L’invio della bandiera – conclude – è un gesto simbolico di ringraziamento per tutto quello che hanno fatto i loro genitori».

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