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Il “camminare assieme” come coppia di genitori e come figli della Chiesa

di REDAZIONE 
L’esperienza di vita e di fede di Rossana e Domenico

Il “camminare assieme” come coppia di genitori e come figli della Chiesa

di REDAZIONE 

Nel vortice delle celebrazioni della Festa della Donna, ci si imbatte soprattutto, se non esclusivamente, nella legittima esaltazione delle sfide affrontate e delle conquiste ottenute dalle donne nel corso della storia. In questo tempo, forse vale la pena considerare anche un altro aspetto, più profondo e intimo: la complementarietà tra la donna e l’uomo, in cui entrambi trovano uno spazio di realizzazione e generatività, al di là delle battaglie di genere (ma davvero dobbiamo combatterci?), e che affonda le sue radici nell’essenza stessa della creazione. 
Attenzione, però. Non stiamo cercando di esporre un ragionamento teorico ed astratto, né una pura apologia di quanto afferma la Parola di Dio, che pure amiamo. Stiamo parlando di una realtà che si rende evidente a partire dalle esperienze di vita, sia nei contesti più semplici della quotidianità, sia in quelli più “straordinari” (cioè fuori dall’ordinaria routine) come nel caso dell’esperienza che abbiamo avuto l’onore di vivere come delegati del sinodo. 
Quando il vicario della pastorale di allora ebbe l’intuizione di nominare una coppia, anziché un singolo, per rappresentare la nostra Chiesa veronese, non immaginava quanto questa scelta avrebbe evidenziato la bellezza della complementarietà tra uomo e donna.
Affrontare gli impegni del sinodo come coppia ci ha aperto gli occhi su quanto le nostre diverse sensibilità individuali potessero arricchire il nostro lavoro. In occasione degli incontri sinodali ci siamo resi conto che la tendenza maschile ad essere più razionale e orientato agli obiettivi, veniva mitigata da una prospettiva femminile più empatica e relazionale. Questo è stato particolarmente evidente nella fase di ascolto e, soprattutto, di raccolta e rilettura dei lavori inviati dalle comunità. 
Nella prima fase del sinodo, le singole parrocchie e comunità cristiane sono state invitate ad attivare dei processi di ascolto sugli interrogativi proposti dal cammino sinodale, attraverso il metodo della conversazione spirituale. Questa fase di ascolto è stata molto apprezzata dalle comunità che hanno accolto la proposta, perché ha dato la possibilità alle persone di mettersi a confronto, di sentirsi ascoltate, di aprire il loro cuore sapendo di avere di fronte fratelli e amici in cammino. Le schede di sintesi che venivano redatte dai singoli gruppi di ascolto, venivano inviate ad una comunità di rilettura, di cui facevamo parte anche noi, insieme ad altri laici, sacerdoti e religiosi.
È stato soprattutto in quell’occasione, che noi abbiamo vissuto come coppia di sposi, che ci siamo resi conto di quanto le nostre differenze non fossero solo complementari, ma essenziali per una visione completa delle questioni in discussione. Leggere le stesse schede di sintesi e trarre, ciascuno di noi due, ciò che appariva più rilevante o significativo, è stato illuminante e ci ha permesso di approcciare i temi sinodali da angolazioni diverse, arricchendo così la nostra comprensione e la nostra capacità di discernimento. Tra l’altro, nella nostra condizione di sposi, la condivisione delle riflessioni, perplessità, sogni e aspirazioni erano condite dall’immersione nella quotidianità, dove ciascuno di noi, moglie e marito, condivide non solo la prospettiva della vita in famiglia, ma anche le personali esperienze nel lavoro e in tutti gli altri contesti. Questo ci ha permesso di confrontare quanto emergeva dall’ascolto delle vite di altri, attraverso le schede, con la nostra vita di donna e uomo, ciascuno con la propria prospettiva unica e peculiare, e di sposi, capaci di una sintesi fondata sull’amore reciproco.
Proprio la partecipazione attiva a questa fase sinodale come coppia, infatti, ci ha permesso di sperimentare in modo tangibile il concetto di complementarietà e sostegno reciproco. Durante le sessioni di rilettura, ci siamo trovati anche a condividere punti di vista divergenti, ed è stato interessante confrontarci per trovare un terreno comune su cui costruire. Questo ci ha insegnato che la complementarietà non è solo una questione di differenze, ma anche di collaborazione e comprensione reciproca.
Si parla spesso di quanto sia importante includere la prospettiva femminile nei processi decisionali della Chiesa. Attraverso questa esperienza ci siamo resi conto che è proprio attraverso la valorizzazione della complementarietà tra uomo e donna che possiamo ottenere una visione più completa e inclusiva della realtà ecclesiale e sociale. Le donne trovano spazio non in competizione o contro gli uomini, ma in quanto reciprocamente complementari. E questo è forse il primo germe e il primo grande segno dell’unità che tanto ricerchiamo nella comunità cristiane.
Questa esperienza di reciproca complementarietà si è rivelata fondamentale anche in altre sfere della nostra vita, sia in famiglia, nel nostro ruolo di genitori, sia nel servizio alla comunità come animatori dei gruppi sposi. Nell’educazione dei nostri cinque figli abbiamo da tempo compreso che le nostre visioni differenti – l’impostazione di regole e confini, un approccio più indulgente, la propensione all’apertura all’esterno, la tendenza alla protezione – danno vita ad un equilibrio che ci permette di creare un ambiente sicuro e amorevole, dove regole e affetto si fondono armoniosamente. Anche nel nostro servizio in parrocchia, ad esempio nell’animazione di gruppi di sposi, le nostre differenze si sono rivelate altrettanto preziose. 
La complementarietà tra uomo e donna non è solo una questione di ruoli di genere predeterminati, ma una danza armoniosa di diversità che si completano a vicenda. Come sottolinea il Catechismo della Chiesa Cattolica, la complementarietà di uomo e donna è una ricchezza, in quanto “la differenza e la complementarità fisiche, morali e spirituali sono orientate ai beni del matrimonio e allo sviluppo della vita familiare [...] e della società” (CCC 2333).
Questa visione rispecchia l’ideale divino di bellezza compiuta, desiderato da Dio per ogni individuo. È nel rapporto e nella reciprocità tra uomo e donna che possiamo percepire la pienezza di questa bellezza. È nel rispetto reciproco delle differenze, nell’accettazione delle complementarietà, che possiamo veramente avvicinarci all’immagine di Dio che risplende in ciascuno di noi.
In un mondo che spesso promuove la competizione anziché la collaborazione, è importante ricordare che la vera forza risiede nella complementarietà e nell’unità. Nel nostro piccolo, come coppia di sposi, sentiamo forte la chiamata a dare testimonianza di questa grande bellezza. Come cristiani, siamo chiamati a celebrare e a promuovere questa bellezza, non solo in occasione della Festa della donna, ma ogni giorno, riconoscendo che è solo nel dono reciproco di sé che possiamo veramente riflettere l’amore divino nel mondo. 

Rossana Barbirato

Domenico Rossignoli

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