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Abbiamo tutti un avo nascosto nel cassetto...

di Adriana Vallisari
La ricerca genealogica rintraccia le origini familiari, senza per forza avere il sangue blu

Abbiamo tutti un avo nascosto nel cassetto...

di Adriana Vallisari

Da dove veniamo? Quali sono le nostre radici? Non c’è da scomodare la filosofia per avere le risposte, ma la genealogia sì. Si tratta di una disciplina che si occupa dell’origine e della discendenza di famiglie e stirpi. Un viaggio nel tempo riservato non solo ha chi ha origini nobili, ma alla portata di tutti. 
C’è una riscoperta dell’interesse verso questo tipo di ricerche, rinfocolata dal periodo della pandemia, quando confinati in casa abbiamo riaperto armadi e cassetti, scoprendo qualche cimelio familiare dimenticato: una vecchia fotografia, il “santino” di un parente defunto, una cartolina di 70 anni fa. È quello che è successo anche alla veronese Francesca Moscardo, che ricostruendo la storia dei suoi avi ha scoperto una nuova professione. Laureata in Storia dell’arte medievale, Moscardo lavora nel campo della comunicazione, ma vi ha affiancato la formazione in ambito genealogico, diventando ricercatrice anche per altre persone. «Fare genealogia significa rintracciare i legami con degli sconosciuti familiari, che condividono con noi il patrimonio genetico, gusti, paure e sentimenti che ci portiamo dietro anche se non ne siamo consapevoli – spiega –. Legami che devono essere documentati e che permettono di ricostruire il proprio albero genealogico».

Una nuova associazione. La ricercatrice è tra le fondatrici della neonata associazione Verona Genealogica Aps, la prima realtà veronese a radunare una trentina di appassionati di storia locale, ricercatori, archivisti e genealogisti. Presidente della compagine è Eleonora Principe, vicepresidente Ilaria Zampini; gli altri consiglieri sono Michele Mellis, Luca Milvio ed Elena Tobaldini, mentre la tesoriera è Cristina Cesaretto. Tra i fondatori ci sono pure Fabrizio Butturini, Angelo Caliari, Cristina Cesaretto, Leda Scuto e Michele Spagnolo.
«Da gruppo informale – precisa Moscardo – abbiamo deciso di costituirci in associazione per diffondere la conoscenza della genealogia: la forma associativa ci permetterà di presentarci con una veste più formale agli archivi pubblici e privati, agli istituti storici, alle società genealogiche, alle istituzioni ecclesiastiche e agli enti locali». È questo, infatti, il bacino a cui attingono i ricercatori. Ma per iniziare a cercare, suggeriscono, la base è la famiglia.
Da dove partire? «Per cominciare a scavare nel passato, prima di tutto bisogna partire da casa nostra e dai parenti più prossimi, perché la famiglia è la fonte a chilometro zero – indica Moscardo –. Aprire cassetti e scatole, estrarre documenti e foto, e soprattutto fare domande, specie alle persone più anziane, se sono ancora in vita». Senza scoraggiarsi o credere in falsi miti. «Per esempio, che la gente povera non lasci traccia: tutti noi ne lasciamo», sottolinea Moscardo, a cui la scintilla è scoccata quando ha trovato una fotografia di famiglia che riportava una scritta a mano: “Perché tu abbia a ricordarmi”. «È stata la molla per iniziare: come ripeto spesso, se non si cerca non si trova». 
Archivi e cimiteri. Fonti preziose sono gli archivi, come quelli parrocchiali e civili. «I primi sono stati istituiti a partire dal 1563, con la fine del Concilio di Trento: i parroci erano obbligati a tenere dei registri di battesimi e matrimoni, per verificare che non ci fossero unioni tra parenti troppo stretti, specie nelle piccole comunità – elenca –. Poi dal 1614 furono obbligati a registrare anche morti, cresime e “stati delle anime”, ovvero dei censimenti dei fedeli, visitando ogni casa e indicando il numero di abitanti e le relazioni tra gli stessi». Più recente è l’archivio dello stato civile, che comincia dal 1866, quando il Veneto divenne parte del Regno d’Italia. «Lì si trovano nascite, matrimoni, morti e cittadinanze: gli atti sono conservati all’Archivio di Stato, ma si possono consultare in versione digitale (sul portale antenati.cultura.gov.it) quelli di nascita fino al 1915 e quelli di morte e matrimonio fino al 1946». 
Altre fonti sono quelle legate alla storia militare: le liste di leva, che raccolgono i nomi della popolazione maschile maggiorenne in un dato luogo e anno (ovvero tutti i giovani che si dovevano presentare alla visita), e i fogli matricolari, che riassumono la storia militare del soldato arruolato. E poi ci sono i cimiteri. «Hanno però due limiti: temporale, perché partono da metà ’800, e spaziale: a parte i 26 cimiteri di Verona, tutti gli altri non sono indicizzati, quindi non dicono dove è sepolta una persona», conclude Moscardo. Per chi fosse interessato a saperne di più, è in partenza a Caldiero un corso in tre lezioni (il 16, 23 e 30 giugno, dalle 18 alle 20 in biblioteca comunale) con la ricercatrice, che il 5 giugno terrà una serata informativa anche a Legnago. Per informazioni e iscrizioni: info@antenalia.it.

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