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Sboarina e i 365 giorni da incubo: «Ma il futuro è nelle nostre mani»

di NICOLA SALVAGNIN

Un anno di pandemia, le conseguenze sociali, i “buchi” da colmare per ripartire. Abbiamo intervistato il sindaco di Verona 

Parole chiave: Federico Sboarina (5), Comune di Verona (19), Intervista (4)
Sboarina e i 365 giorni da incubo: «Ma il futuro è nelle nostre mani»

di NICOLA SALVAGNIN

Chissà cosa pensava Federico Sboarina nel pomeriggio di quel caldo 26 giugno 2017, all’indomani del successo elettorale che lo laureava sindaco di Verona per il quinquennio successivo...Soddisfazione, senza dubbio, ma anche le prime preoccupazioni per le “grosse grane” che avrebbe dovuto affrontare negli anni successivi: Agsm, Arsenale, filobus, Fondazione Arena...

Per carità: dossier mica leggeri. Ma quisquilie rispetto a un anno fa preciso quando, a cavallo tra febbraio e marzo, sull’Italia si è abbattuta una pandemia provocata da uno sconosciuto Coronavirus che nessuno sapeva come affrontare, e che ha finora ucciso più di 100mila italiani.

«Mi sono trovato dalla sera alla mattina immerso in una situazione incredibile: dapprima sotto il profilo sanitario, quindi economico, infine sociale. Sono stato il primo in Italia a chiudere i parchi ai cittadini: allora ci sembrò una cosa enorme, oggi sarebbe ordinaria amministrazione, tanto per dire. Ad un certo punto in tutto palazzo Barbieri ci trovammo in cinque a gestire situazioni incredibili solo fino a poche settimane prima. E sono molto orgoglioso di ciò che abbiamo fatto: distribuire una mascherina per ogni famiglia, quando le mascherine sembravano più rare dei diamanti. E i buoni spesa consegnati casa per casa dai vigili. E tanto altro ancora».

– Uno tsunami.

«Già, con la mia famiglia bloccata dal lockdown a Belluno, non ho visto i miei figli per due mesi... Vai in municipio e apri una lettera in cui uno ti chiede: dov’è la bara di mio padre? Adesso è brutta, ma non come allora. Abbiamo preso le misure, stiamo capendo quando lo straordinario diventa ordinario. A ’sto punto, disinnescare una bomba che blocca mezza città è diventato un gioco da ragazzi. O gli uragani dell’estate scorsa, di una violenza tale da mettere in ginocchio una città. Invece siamo ripartiti subito».

– Che Verona ha scoperto?

«Ho avuto la conferma di una comunità molto solida e forte, che ha reagito come una vera comunità e non come una somma di individui. Una comunità paziente e solidale, anche se mi rendo conto che, a distanza di un anno, la gente ora sia stanca. L’uomo è un essere socievole, abbiamo bisogno di stare con gli altri e le restrizioni diventano sempre più pesanti da sopportare. Portiamo pazienza, i vaccini sono già qui».

– Passiamo al venale. Come sta il Comune a soldi? Meno entrate, buchi che si aprono ovunque...

«Qualcosa ci ha mandato lo Stato, ci siamo poi mangiati gli avanzi di bilancio. Siamo paralizzati da blocchi che ci impediscono di indebitarci per fare fronte a una simile emergenza, noi come tutte le altre città italiane. Ne stiamo parlando in questi giorni col Governo».

– E quel che ha, come intende utilizzarlo?

«Sicuramente non con distribuzioni di soldi a pioggia, come qualcuno sta proponendo sapendo bene che non si possono fare, e che sono come dare niente a tutti. Anzitutto ho privilegiato le famiglie, perché tutti siamo famiglia. Chiaro che si privilegia chi è in difficoltà rispetto a chi sta bene. Verona è una città a macchia di leopardo. C’è chi non ha risentito minimamente degli effetti economici della pandemia e chi è finito in ginocchio. Alla prima ondata abbiamo contato 8mila veronesi che chiedevano una mano e che lo facevano per la prima volta nella loro vita. In estate sono calati e siamo ancora nella bolla protettiva degli ammortizzatori sociali, me ne aspetto 10mila in questo 2021».

– C’è solo una questione economica?

«C’è, ma sta emergendo ogni giorno di più una piaga che non riguarda solo noi. Sono reduce da una telefonata con il sindaco di Treviso (Treviso è grande come due nostri quartieri) che mi diceva: ho le baby gang che ne fanno di tutti i colori... Un fenomeno esploso anche qui, adolescenti che hanno perso tutti i loro punti di riferimento educativi – scuola a intermittenza, niente sport, circoli chiusi, genitori assenti o in difficoltà – e chegià a 13-14 anni cominciano a creare problemi a sé e agli altri. Dobbiamo assolutamente intervenire, anche perché questi sono gli adulti di domani».

– Tornando al denaro, molte realtà partecipate dal Comune hanno passato un annus horribilis. E ora tocca mettere mano al portafogli per risanare le perdite ed evitare guai peggiori.

«Ci sono realtà come la Fiera, l’aeroporto, la Fondazione Arena che sono vitali per la città e per il suo futuro. Interverremo in sostegno, spero che tutti facciano la loro parte, in una logica che riconosca quanto queste realtà lasciano sul territorio e siano quindi fondamentali. Vorrei fare capire ai veronesi, soprattutto a quelli che possono dare un contributo: se funziona tutto, funzioni anche tu».

– Lei è, per la sua carica, in prima linea in questa battaglia. Ma quando si gira indietro, chi vede alle sue spalle?

«Ne trovo tanti con presenze e condivisioni che non sono scontate, penso a enti che si stanno impegnando per il bene della nostra comunità anche oltre il perimetro delle singole competenze. Ma se mi giro indietro, purtroppo mancano soggetti che invece avrebbero la disponibilità e la capacità per contribuire alla rinascita della città per uscire da questo momento di grave crisi».

– Per molti anni la Fondazione Cariverona è stata una forte supporter della città e dei suoi investimenti. Una situazione che pare incrinata...

«Nella sua autonomia decisionale, Cariverona dovrebbe confrontarsi con gli enti territoriali che sono le istituzioni “a filiera corta” con i cittadini. I bisogni e le nuove emergenze sociali non sono un fenomeno da studiare a tavolino, sono veronesi che si rivolgono alle istituzioni per segnalare nuovi problemi e avere soluzioni. Ecco perché dico che gli enti locali hanno il polso del territorio e la fotografia aggiornata sullo stato di salute della comunità, dei suoi cittadini e delle categorie. Il bene comune, in questo momento storico di grande sofferenza economica, richiede di lavorare in squadra. Questo mi aspetto, oggi come domani».

– In questo frangente, pure il terremoto-Cattolica...

«Vedremo come va a finire. Mi aspetto che la compagnia mantenga sia le radici qui (non siamo periferia ma una piazza di livello europeo) sia la propria identità. Due scelte che reputerei anzitutto intelligenti».

– Arrivano i soldi del Recovery Plan...

«E si riverseranno su progetti già pronti e cantierabili. Per Verona potrebbe esserci un ambizioso piano di riassesto idrogeologico, 35 milioni di euro che ci metterebbero in sicurezza».

– Così, una “robetta” come le nozze Agsm-Aim sono quasi passate in secondo piano.

«Già, magari tra vent’anni qualcuno si ricorderà che furono scelte fatte da un certo sindaco...».

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