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Il piano che cambia il centro storico

Ecco come Fondazione Cariverona vuole valorizzare i suoi edifici

Il piano che cambia il centro storico

Sette palazzi da riqualificare per ridare linfa al centro storico di Verona. Con l’obiettivo, ambizioso, di far tornare a battere il cuore della città, incentivandone la frequentazione e attirando un turismo di qualità. A questo punta il “Piano Folin”, ovvero lo studio sulla valorizzazione economica e sociale di alcuni patrimoni immobiliari della Fondazione Cariverona, elaborato dall’ex rettore dello Iuav di Venezia, l’architetto e urbanista Marino Folin.
Il piano, frutto di due anni di lavoro, è stato presentato qualche giorno fa. In ballo c’è una superficie complessiva di cinquantamila metri quadrati. La riqualificazione punta ad avere una ricaduta positiva sul centro storico scaligero, che ha cambiato rapidamente le sue fisionomie. Oggi è afflitto da un’emorragia di attività commerciali (meno 18% nel decennio 2008-2016), da un calo di residenti (meno 9% nello stesso periodo) e da un boom di affitti turistici (gli annunci AirB&B sono passati da zero a 1.600 in dieci anni).
Cosa prevede il piano
«L’intervento, oltre a rientrare nella messa a rendita del nostro patrimonio immobiliare per garantire una continuità di erogazioni a favore del territorio, vuole essere un contributo fattivo a un cambio di indirizzo di questa città, perciò lo abbiamo condiviso con il Comune», illustra il presidente della Fondazione, Alessandro Mazzucco.
I carteggi sono stati vagliati e approvati dal consiglio di amministrazione della Fondazione e dalla giunta comunale. I due enti hanno quindi sottoscritto un protocollo d’intesa. «Il documento non pone vincoli particolari: è un impegno a lavorare insieme per arrivare in tempi brevi alla rigenerazione di questi siti, con una visione complessiva – puntualizza il sindaco di Verona, Federico Sboarina –. La nostra città non è solo l’Arena o Giulietta e Romeo, è molto di più: lo sforzo, specie in vista del titolo di Capitale della cultura 2021, è intervenire sulla rigenerazione urbana di aree dismesse, in questo caso di pregio, e favorire percorsi turistici alternativi, come quello della Verona Minor Hierusalem». 
I quattro interventi
A contrastare la desertificazione del centro, stando alla progettualità dell’architetto Folin, sarà innanzitutto il “City Hub” polifunzionale. Detto in italiano: un centro congressi, relativa accoglienza di lusso e un grande spazio enogastronomico in cui mettere in vetrina e far degustare prodotti d’eccellenza veronesi. «È pazzesco che una città importante come Verona non abbia un centro congressi all’altezza, pur avendo la seconda fiera d’Italia: questo aprirebbe le porte a un nuovo turismo di altissimo livello e andrebbe a completamento del palazzo della Gran Guardia», osserva il progettista.
Il complesso è destinato a sorgere negli ex palazzi Unicredit (banca che si è trasferita nella nuova sede agli ex magazzini generali, ndr) di via Garibaldi 1 e 2 e a palazzo Franco-Cattarinetti, in via Rosa. «Sono tutti adiacenti tra loro: da qui l’opportunità di vederli come sistema unico, attraverso una nuova destinazione d’uso», precisa Folin.
C’è poi un “Lab Urbs”, ovvero uno spazio di cultura per mostrare passato, presente e futuro di Verona. «Un luogo di ricerca e dibattito, non solo espositivo, comprendente Castel San Pietro e palazzo del Capitanio, da mettere in relazione con tutti i vari musei sotto la direzione di Castelvecchio, per fare sistema», puntualizza l’estensore del piano.
Un altro fronte di intervento riguarda palazzo Forti, pensato come luogo di alta formazione culturale. Infine, il Monte di Pietà. «Spazio perfetto per diventare incubatore di imprese creative, dedite a ricerca e innovazione, in collegamento col progetto di recupero dell’Arsenale che ha in mente l’amministrazione comunale», rimarca l’architetto. 
Ricentralizzare il centro storico
«Verona da secoli è nota al mondo come luogo di produzione e sviluppo: paradossalmente, però, dal dopoguerra in poi il centro storico è diventato una periferia rispetto ai grandi poli di sviluppo come la fiera, il Quadrante Europa, l’aeroporto – osserva l’architetto –. Come si può far contare ancora il centro e legarlo alle varie polarità urbane? Noi crediamo che ci si possa riuscire facendo riacquistare al centro storico una dignità funzionale e facendolo uscire da un progressivo isolamento».
Visto che quasi tutti gli immobili del piano sono vincolati, si punterà a favorire l’insediamento di “fabbriche immateriali”, come le attività di ricerca e le start up. «Gli edifici non sono adatti ad accogliere nuovi appartamenti, perciò si manterranno quelli già esistenti – aggiunge Folin –. Si lavorerà quindi sulla promozione di una coscienza identitaria e partecipativa della popolazione, ampliando l’offerta di servizi culturali e ricreativi, mettendo in rete le istituzioni culturali esistenti. Infine, aspetto non meno importante, bisognerà riqualificare la presenza turistica: puntare a un turismo di qualità, invece di quello mordi e fuggi di oggi, che impatta sull’economia del centro storico, facendole perdere qualità, come accade a Venezia».

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