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«La mia Verona del futuro: bella, accogliente e tutti a 15 minuti da tutto»

di NICOLA SALVAGNIN

Intervista all’assessore all’urbanistica, Ilaria Segala: ora recuperiamo il degradato

«La mia Verona del futuro: bella, accogliente e tutti a 15 minuti da tutto»

di NICOLA SALVAGNIN

L’ingegner Ilaria Segala (nella foto) è tutto meno l’archetipo dell’ingegnere edile: minuta, pacata, sorridente qual è, non ti viene in mente di pensarla in un cantiere di maschiacci, anche se nella sua professione ne ha frequentati assai. E nel suo recente ruolo di assessore all’Urbanistica dentro la Giunta scaligera guidata da Federico Sboarina, con molti maschi si deve confrontare. La politica è ancora territorio poco frequentato dalle donne. Proprio per questo, sa farsi valere. Certe frequentazioni producono vitamina D che fortifica le ossa. E non c’è dubbio che per maneggiare l’urbanistica cittadina – con tutto ciò che comporta – ci voglia una bella spina dorsale.

«La politica non è una passeggiata», ammette subito. Non era neppure il suo giardinetto di casa, «ma se continiuamo a dire che imprenditori e professionisti dovrebbero dedicarsi di più alla città, e poi noi stessi ci tiriamo indietro...». E così nel 2017 ha fatto un passo in avanti, su invito di Sboarina. La conosceva, la conoscevamo perché era stata per qualche anno giovane presidente dell’Ordine degli ingegneri di Verona, con la passione collaterale per l’urbanistica.

A lei il sindaco ha dato il giocattolo di una ristrutturazione urbana da far tremare i polsi, «partendo dal fatto che la precedente amministrazione comunale aveva disseminato la città di nuovi centri commerciali, tantissimi e un po’ a caso...».

Ebbene, abbiamo voluto scambiare quattro ciacole con lei perché, semmai si ripresentasse nel 2022 e Sboarina rivincesse le elezioni, c’è la concreta possibilità che 10 anni di urbanistica cittadina siano impostati da lei. E non è poco. 

«Vediamo, ci sto pensando, questi mesi di pandemia sono stati veramente duri e avrei pure la voglia di tornare alla professione... Così come quella di vedere certe cose arrivare a termine. Mah, ci penserò».

– Pentita?

«No, solo facendo un passo avanti si possono cambiare le cose. Anche se ho dovuto mandare giù un bel po’ di rospi».

– Il più grande?

«La variante urbanistica 23. L’ho presentata in un modo, è stata un po’ stravolta da diversi emendamenti arrivati dalla stessa maggioranza. È la politica. Ma ora confido molto nella variante 29».

– In sintesi?

«Il recupero delle aree degradate, dell’inutilizzato, la rigenerazione urbana di diversi pezzi di Verona. Recupero senza consumare nuovo territorio, mobilitando idee e investimenti privati. C’è stata una grande risposta».

– In particolare?

«La Zai ha la prospettiva di un cambiamento radicale. E sta arrivando anche il residenziale. Sarà più accessibile, più vivibile, con nuove attività e nuovi residenti».

– Obiettivo?

«Rianimare una città che si era un po’ seduta e che la pandemia ha messo in seria difficoltà.Eliminare il degrado urbanistico, che genera degrado sociale. La mia idea è: tutta la città in 15 minuti, avere cioè una situazione di traffico e di trasporti che permetta a chiunque di raggiungere qualunque zona in qualunque modo – dalla bici in su – in un quarto d’ora».

– In bici...

«Ma io adoro la bici, sono di origine ferrarese! Con il Biciplan, le ciclabili dovranno essere realizzate ovunque, ricucendo quelle attualmente esistenti. È fondamentale farlo. Quando apriamo una ciclabile, dapprima non sa quante lamentele, e poco dopo quanti apprezzamenti!».

– Cosa ha apprezzato di più in questi quattro anni?

«L’Ufficio mobilità e traffico. Quello nostro è veramente all’avanguardia, sono in pochi ad averne uno che ti permetta di pianificare, valutando in tempo reale, ogni possibile variante».

– Andiamo per punti: Central Park. Utopia?

«No, anche se è un capitolo faticosissimo per le tante realtà coinvolte. Ma confido che nel 2026 molte cose siano realizzate, in concomitanza con le Olimpiadi invernali. Sono in molti a volerlo».

– Arsenale.

«Iniziamo a sistemare i tetti, c’è un complesso progetto che mette assieme cultura, arte, sociale e commercio. Servizi e verde a disposizione di cittadini da zero a cent’anni per un quartiere troppo urbanizzato; un mercato coperto; l’Accademia delle belle arti; un prolungamento del Museo di Castelvecchio...» (sul mercato coperto è forte la protesta della vicina parrocchia di San Francesco d’Assisi, ndr).

– Piano Folin.

«Buona cosa, rivitalizzerà una zona che rischiava la desertificazione e non porterà più traffico di prima. Verona ha bisogno di hotel di lusso, come di una rete di validi ostelli di livello europeo».

– Insomma, come deve essere la Verona dei prossimi decenni?

«Una città bella e accogliente qual è, che troverà ancora più vitalità dalle innovazioni infrastrutturali e dalle nuove tecnologie. Con l’alta velocità, saremo periferia di Milano, ma una periferia godibile e bella, a dimensione d’uomo. Certo: evitiamo se possibile un centro storico “tipo Gardaland”, tutto turismo, bed and breakfast e niente residenti. La pandemia ci ha risvegliati. E lo sviluppo della Marangona porterà nuova e innovativa logistica, una nostra vocazione. Mi piacerebbe pure una città ancor più innovativa e proiettata nel futuro, ma dipende da molti fattori».

– Insomma, abbiamo ancora buone carte in mano...

«Bergamo ha fatto una proposta urbanistica rigenerativa molto simile alla nostra. Scarsi i riscontri, mentre qui si stanno mobilitando molti capitali privati. Rivitalizziamo i quartieri, aumentiamo la qualità della vita e il futuro diventerà molto interessante».

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