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«Don Eugenio? Per me è come un padre»

La testimonianza di don Alberto Capingala: «È un pastore che va veramente dove c’è un’anima da salvare»

Parole chiave: Cardinali veronesi (1), mons. Eugenio Dal Corso (1), Chiesa (181)
«Don Eugenio? Per me è come un padre»

Don Alberto Capingala, 42 anni, da cinque amministratore parrocchiale di Borgo Bonavicina, è originario della diocesi di Benguela (Angola) dove mons. Eugenio Dal Corso, novello cardinale, è stato vescovo per dieci anni, dal 2008 al 2018. Ma don Alberto, che dal 2006 presta servizio nella diocesi di Verona e vi è stato incardinato nel 2011, lo conosce da molto prima e ci ha inviato questa testimonianza sul porporato.
Se parlo di don Eugenio Dal Corso non posso non andare indietro con la memoria e pensare al mio percorso di seminarista. Dal 1993 al ’95 ho frequentato il biennio “propedeutico”, ossia i primi due anni del cammino verso il sacerdozio. Io infatti sono entrato non nel Seminario diocesano ma dai Poveri Servi della Divina Provvidenza. Siamo stati proprio noi i primi seminaristi che avviarono la casa propedeutica del Don Calabria nella diocesi di Benguela, con il rettore argentino padre Luis Faccioli e con l’angolano Frei Feliciano Tomás come prefetto agli studi e alla disciplina. In quegli anni avevamo come direttore spirituale e predicatore dei ritiri mensili don Eugenio Dal Corso. Padre Eugenio, come lo chiamavano, non abitava con noi ma veniva da Luanda; in quel periodo infatti era il delegato della congregazione calabriana in Angola. Mi è rimasto in mente questo prete, “padre Eugenio”, che con il suo fisico imponente camminava nei nostri corridoi con il rosario in mano e chiamava uno ad uno i seminaristi per i colloqui personali. Quando veniva nella nostra casa di formazione, tutti noi ragazzi aspiranti ci mettevamo in fila per parlare con lui. Il suo sguardo di padre, il suo sorriso e la sua parola per ogni circostanza ci davano una carica ulteriore per continuare nel nostro cammino alla sequela del Signore. La sua capacità comunicativa era stupefacente nella sua semplicità. Questi incontri sono durati due anni. E noi vi partecipavamo con grande piacere perché davanti a lui ci sentivamo pienamente a nostro agio.
Come si è soliti dire: “Dio scrive dritto anche su righe storte”. Nel 1995 lasciai la Congregazione dei Poveri Servi ed entrai nel Seminario della diocesi di Benguela, dove ho frequentato i corsi di filosofia, quelli di teologia e sono stato ordinato sacerdote il 3 agosto 2003 per l’imposizione delle mani di mons. Óscar Lino Lópes Fernandes Braga. La strada del mio sacerdozio mi ha portato in Italia nel 2006… Ma anche così con mons. Eugenio ci siamo ritrovati nel 2008, quando papa Benedetto XVI lo mise sul mio cammino come vescovo. Lui veniva dalla diocesi di Saurimo e diventava vescovo di Benguela. Dio ci sorprende sempre: don Eugenio andava ad abitare in viale Governador Moutinho 9, due strade prima di arrivare nella spiaggia più bella di Benguela (Praia morena), mentre io già soggiornavo a Verona, nella sua terra natale. Ero appena diventato un prete fidei donum qui in riva all’Adige, accolto da padre Flavio Roberto Carraro e più tardi con mons. Zenti nominato collaboratore parrocchiale a San Pancrazio al Porto. Con la mia diocesi però ero costantemente in contatto, molte volte mi sentivo col Vescovo e qui in Italia ho conosciuto benissimo la sua famiglia. Con mons. Eugenio si è creato un legame come tra padre e figlio. Dico così perché mi è stato tanto di aiuto in campo spirituale negli anni più difficili del mio percorso. Nel 2011 lui stesso mi ha ospitato in vescovado a Benguela; ha voluto così per rendere ancora più profonda la nostra amicizia e per non farmi perdere il senso della diocesanità e il legame con i confratelli di quel presbiterio. Anche con l’escardinazione che mi ha concesso, e conseguentemente con l’incardinazione, nel novembre 2011, nella Diocesi di Verona, il legame con mons. Eugenio non si è spezzato. Fino al 2018, anno in cui ha lasciato la diocesi per raggiunti limiti di età, ogni volta che tornavo a Benguela il primo posto dove soggiornavo era sempre il vescovado... e solo dopo andavo a trovare i miei. E lui ci teneva tanto. Papa Francesco creandolo cardinale ha inteso evidenziare l’impegno e la dedizione di un pastore. Adesso opera in una delle comunità di Menongue, in un posto quasi sperduto: del resto mons. Eugenio ama la missione. È un pastore che va veramente dove c’è un’anima da salvare.
Considerando il cardinale Alexandre do Nascimento, 94enne, l’Angola oggi ha due cardinali. Dico due cardinali perché l’Angola considera mons. Eugenio suo figlio. Non importa che sia nato a Lugo, in Valpantena, e lo dico con tutta la gioia nel cuore. Arrivato in Angola ancora giovane prete, lì ha lavorato, è diventato vescovo, ha fatto strada e oggi è cardinale!
Mons. Eugenio è angolano, è benguelense e ne siamo orgogliosi. Parla fluentemente l’Umbundu, la lingua dei popoli semplici! È benguelense e non si può dire null’altro di diverso. Sono certo che nei prossimi giorni a Benguela ci sarà una festosa accoglienza e una lunga concelebrazione nella cattedrale, dove le danze liturgiche e tradizionali non mancheranno.
Milleuno motivi ci sono per fare festa perché Verona e Benguela sono diventate una sola famiglia.
Deus obrigado. Suku yetu atumbangiyiwe. Grazie al nostro Dio.

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