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«Facciamo annusare alle giovani coppie il buon profumo di famiglia»

di ADRIANA VALLISARI
Gigi De Palo: cambiamo narrazione, diamo il buon esempio 

«Facciamo annusare alle giovani coppie il buon profumo di famiglia»

di ADRIANA VALLISARI
«È tempo di cambiare il modo di narrare la famiglia: per tanti anni l’abbiamo descritta in maniera angosciante, triste, noiosa, ammuffita e grigia, come un peso da sopportare per tutta la vita. Ma chi vive in famiglia, sa che non è tutto così e che c’è una bellezza che dobbiamo tornare a testimoniare». Gigi De Palo, già presidente nazionale del Forum delle Associazioni familiari e presidente della Fondazione per la natalità, evoca il profumo del pane appena sfornato per dare un’idea di quanto sia buono e irresistibile “fare famiglia”. Intervenuto al 10° Meeting nazionale dei giornalisti a Grottammare (Ascoli), a cui era presente anche Verona fedele, De Palo non è andato per il sottile: «Abbiamo raccontato male la famiglia, che è sì il luogo dove volano i piatti, come dice il Papa; ma dove c’è anche una bellezza inestimabile». Marito, padre di 5 figli, da 25 anni impegnato in ambito associativo nel mondo cattolico, De Palo punta a trasformare il tema della natalità, che è sempre stata un argomento molto tecnico, spesso ridotto al commento dei dati Istat del politico di turno, in un argomento “pop”.
Far sentire il profumo
«Da tre anni organizziamo gli Stati generali della natalità, che è la nuova questione sociale dei nostri tempi – ha detto –. Si tratta di un grande evento che fa vedere amministratori delegati di grandi aziende commuoversi per la bellezza di mettere al mondo un figlio; che fa dire ai calciatori quanto sia bello fare un gol con una dedica o ai politici raccontare la loro esperienza di padri e di madri». Mostrare insomma degli esempi per rendere desiderabile l’avventura di vivere stabilmente in coppia. «L’ha detto anche papa Francesco nell’Amoris laetitia: per troppo tempo, per parlare di famiglia abbiamo insistito su questioni dottrinali, bioetiche e morali, come se questi argomenti bastassero a risolvere il problema della famiglia – ha sottolineato –. Non funziona così, perché le politiche familiari, la nascita di un figlio, ma pure il cristianesimo, non funzionano per convincimento, bensì per attrazione». E, per esemplificare, ha tirato in ballo una metafora culinaria: invece che presentare i singoli ingredienti per fare una pagnotta e dire “senti che buon profumo!”, occorre mostrare il pane appena sfornato, farlo assaporare. «Siamo chiamati a far sentire il profumo di questo pane perché poi le persone vengano a chiederci: “Cosa ci hai messo dentro?” e replicare esattamente la ricetta».
E gli ingredienti?
«Questo non vuol dire che gli ingredienti non siano importanti: se non metti l’acqua, il lievito e la farina, il pane non verrà – ha proseguito, sollevando le questioni economiche, politiche e sociali legate a questo tema cruciale –. Se non riparte la natalità, sprofonda tutto il sistema-Paese: se non facciamo qualcosa di concreto, crolleranno il sistema pensionistico e quello sanitario; l’Italia, che oggi è l’ottavo Paese per Pil al mondo, nel giro di vent’anni scivolerà al venticinquesimo posto; chiuderanno le scuole per scarsità di alunni; i paesi e le città più piccole vivranno lo spopolamento». Aspetti che a pronunciarli ad alta voce fanno tremare, eppure sono noti da anni: i demografi si sono sgolati, però poco o nulla si è tentato per provare a invertire la tendenza. Proprio come succede in un film di qualche anno fa, Don’t look up, citato da De Palo. «Lì c’è un asteroide che sta arrivando sulla Terra e due astronomi lo fanno presente: i giornalisti ne scrivono e organizzano trasmissioni televisive; la politica commenta in maniera pressante ciò che accade, però poi non si fa nulla – ha raccontato –. Ecco: la situazione italiana sulla natalità è esattamente questa. Facciamo gli Stati generali della natalità, viene il mondo intero, escono fiumi di notizie per tre giorni, eppure non ne consegue un’azione politica».
Politiche serie...
C’è un obiettivo strategico suggerito dall’Istat, che la Fondazione per la natalità prova a spingere, cioè raggiungere i 500mila nuovi nati entro il 2033. «Non voglio fare polemica con nessuno, tuttavia noi non dovremmo dormirci la notte: è come se ci fosse stato un terremoto che ha minato le fondamenta della nostra casa, ma non vedendo le crepe sul muro, andiamo avanti come se niente fosse – ha puntualizzato –. Prima o poi le fondamenta crollano e non può essere sempre il governo prossimo quello che risolverà il problema». Un appunto De Palo l’ha fatto anche al Pnrr, il famoso Piano nazionale di ripresa e resilienza, carente di politiche familiari. «Lì stiamo mettendo miliardi per la digitalizzazione quando non nascono più nativi digitali e miliardi di euro per gli ospedali, che magari saranno efficientissimi, ma la sanità del futuro sarà a pagamento», ha rimarcato.
... e falsi miti
Infine, si è scagliato contro alcuni falsi miti che circolano sul tema della natalità. «Il primo è tutto italiano: “La natalità è una questione fascista”. Ora, perché Mussolini cento anni fa fece la battaglia sui figli della lupa, oggi questo argomento è tabù: è una follia, sono passati cento anni, andiamo avanti!». Seconda cosa da sfatare: “La natalità inquina, perché siamo troppi nel mondo”. «Non siamo troppi, semmai siamo troppo egoisti: il problema non è la nascita di un figlio, è che viviamo in un mondo individualista dove sprechiamo tante risorse – ha evidenziato –. Non può essere la nascita di un figlio a inquinare, è piuttosto il consumismo e l’approccio che abbiamo, soprattutto come Paesi occidentali». Terzo mito: “La natalità riguarda solo chi ha i figli”. «Invece no: se una persona non ha potuto, non ha voluto o per qualsiasi altro motivo non ha figli, dovrebbe comunque fare il tifo per delle politiche familiari adeguate – ha detto –. In Italia la nascita di un figlio è la seconda causa di povertà: la prima è la perdita del lavoro di uno dei componenti della famiglia. E quando si parla di donne, purtroppo, la prima e la seconda sono collegate: perché da noi, tolte le grandi aziende, nelle piccole e medie imprese spesso e volentieri se la lavoratrice rimane incinta è un problema, non una risorsa».
Infine, da sfatare è l’affermazione, spesso circolante nel mondo cattolico, che “la natalità è una questione culturale”. «Come se i giovani di oggi fossero dei bamboccioni, pigri e sfaticati, che non hanno voglia di fare figli e quindi ne nascono pochi – ha aggiunto –. Io ho 46 anni, i miei genitori avevano un lavoro a tempo indeterminato, dalle 8 alle 14, avevano una casa di proprietà e ne cercavano una seconda; io ho firmato quest’anno per la prima volta un contratto a tempo indeterminato, lavoro tra le 12 e le 13 ore al giorno e sto pagando un mutuo folle per una casa che fra un po’ varrà di meno. Oggi è difficile mettersi in gioco: per i miei genitori il futuro era una promessa, per me ha una sua problematicità, per i miei figli è una minaccia». Ecco perché, ha suggerito De Palo, bisogna intervenire sul fronte economico. «Facciamo come fanno in Francia e in Germania, diamo fiducia ai giovani e alle famiglie – ha concluso –. Perché i giovani italiani all’estero fanno figli e in Italia no? Togliamo l’alibi economico, diamo soluzioni concrete dal punto di vista economico-sociale e le cose cambieranno in automatico». 

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