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Negrar inaugura il primo emporio della Valpolicella

di FRANCESCO OLIBONI
La struttura, l'undicesima, è figlia di un progetto con Pedemonte 

Negrar inaugura il primo emporio della Valpolicella

di FRANCESCO OLIBONI

Arriva l’undicesimo emporio della solidarietà diocesano. Stavolta è la Valpolicella a dare spazio ad uno dei progetti di rete più importanti di Caritas. Il nuovo emporio è a Negrar in via dei Ciliegi ed è stato realizzato in collaborazione tra la Caritas locale e quella di Pedemonte.
Il modello emporio supera il tradizionale “pacco spesa” elargito ai poveri e prevede un servizio di raccolta e distribuzione di generi alimentari, coordinato e gratuito, organizzato come un supermercato di quartiere, all’interno del quale persone e nuclei familiari in difficoltà possono scegliere i prodotti dagli scaffali in modo autonomo e secondo le loro esigenze reali. Quello di Negrar, che si chiama “Emporio Papa Giovanni Paolo II”, nasce proprio da una esigenza della zona che ultimamente è arrivata ad accompagnare circa 85 famiglie bisognose, esattamente come spiega don Alessandro Castellani, uno dei fautori del progetto quando era parroco di Pedemonte.
«Oggi non sono più a Pedemonte, ma sono stato trasferito a Sant’Ambrogio, non lontano, e dalla nuova sede potrò comunque seguire con interesse il progetto-emporio e tutto ciò che lo circonda, perché poi si parla di buone prassi da mettere in atto e si potrebbero anche ripetere in altre zone. Quello di Negrar-Pedemonte è un emporio che nasce da un’esigenza di qualche anno fa. Le famiglie povere aumentavano, i volontari diminuivano ed era necessaria una svolta. Ci siamo confrontati con don Luca Masin, parroco di Negrar, e con i volontari delle nostre comunità e abbiamo deciso di metterci in rete per unire le forze e creare questo progetto».
– Come vi siete mossi inizialmente? 
«Ci siamo rivolti a Caritas diocesana veronese che ci ha messi in contatto con la Caritas di San Giovanni Lupatoto, dove il modello emporio funziona bene da qualche anno. Abbiamo capito che a San Giovanni hanno ritrovato nuovi entusiasmi e nuove forze con questa iniziativa e così abbiamo deciso di metterci in moto, ben sapendo che con un emporio il lavoro si moltiplica. Ma si è moltiplicata anche la rete del volontariato: donazioni, persone, aiuti di vario genere. La comunità cristiana si è riscaldata e noi ci auguriamo che sia solo l’inizio di un qualcosa di importante, sia nel cammino della carità, che nel percorso di questa unità pastorale». 
– Il nuovo emporio riesce a soddisfare tutte le necessità della zona?
«Il territorio di San Pietro in Cariano, dove si trova Pedemonte, e quello di Negrar non riuscivano a soddisfare tutte le persone in difficoltà. Stiamo parlando di circa 85 famiglie, per un totale di 250 persone singole, di cui un terzo minorenni. L’emporio oggi è vera manna dal cielo. Ma non solo in termini concreti, perché i poveri non sono numeri e nemmeno persone soltanto da aiutare. Ogni giorno di più ci rendiamo conto che i nostri poveri sono persone con cui camminare insieme, vite da conoscere, soprattutto in questi giorni difficili per chiunque». – E le comunità coinvolte come hanno reagito davanti a questa proposta? «Rispondendo con entusiasmo e presenza concreta. Oggi la solidarietà è il modo migliore per tenerci uniti come comunità, per vincere la solitudine, per superare questo periodo di difficoltà. Con l’emporio ci sentiamo Chiesa dentro ad una diocesi: la povertà, in questo modo, non è più un “problema solo nostro”, ma ci sentiamo realmente inseriti in un contesto più grande e accompagnati dalla Chiesa di Verona».
– Com’è organizzato il nuovo Emporio?
«Risponde all’organizzazione degli altri empori diocesani, con i punti acquisto in base al reddito delle persone, che sono accompagnate al market solidale da un percorso che parte dal Centro di ascolto, che oggi conta una quindicina di operatori volontari accuratamente formati. I volontari dell’emporio attualmente sono una quarantina con diverse mansioni, mentre la struttura, che si trova nell’ex scuola materna parrocchiale, è composta da due grandi stanze: una dedicata al market e l’altra, sottostante, al magazzino. Abbiamo realizzato recentemente un montacarichi per mettere in collegamento i due ambienti e facilitare lo spostamento degli scatoloni di alimenti. Infine, una nota sul nome scelto: si chiama “Emporio Papa Giovanni Paolo II” perché è anche il nome della nostra unità pastorale e abbiamo scelto di inaugurarlo il 22 ottobre, festa liturgica di san Giovanni Paolo II, e giorno in cui, nel 1978, papa Wojtyla iniziava ufficialmente il suo ministero petrino».
– Prossimo obiettivo le Officine culturali?
«Normalmente intorno ad un emporio si creano momenti di laboratori, di formazione, eventi, corsi, attività ricreative, anche per dar vita a tutta quella rete di relazioni tra i volontari e le persone che bussano alle nostre porte. Io non sono più parroco in questa zona e quindi guarderò da spettatore interessato; ma di certo il sogno resta quello di partire anche con le Officine culturali».

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