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Le memorie dell'ex vigile fanno la storia del paese

di FABIO TOMELLERI
Giorgio Galetto raccoglie in un librino ricordi personali e passaggi storici del territorio 

Le memorie dell'ex vigile fanno la storia del paese

di FABIO TOMELLERI
«Da bovolonese posso dire di essere orgoglioso per aver lavorato, vissuto e amato per tanti anni in questo paese, sia nel tempo passato che per quello che mi resta da vivere». Così Giorgio Galetto, 85enne ex comandante della polizia locale di Bovolone, commenta la sua ultima fatica letteraria, ossia una ricerca sulla storia della cittadina del mobile dalle origini ai giorni nostri, corredata da riflessioni personali sulle varie tappe vissute dal popoloso centro della Bassa.
L’ex dirigente dei vigili urbani, per anni pure allenatore degli atleti più giovani del Bovolone Calcio, ha infatti scelto un titolo significativo, appunto quello di Bovolone, per la propria ricerca dal punto di vista storico ma anche socio-culturale che ha stampato in 200 copie. «Ho distribuito la mia opera agli amici e alle famiglie della mia città», rimarca il ricercatore in pensione. L’iniziativa è stata patrocinata dal Comune e dalle sezioni delle associazioni Acli e Unitalsi di Bovolone. Sono stati proprio i responsabili di queste attività a tracciare, in occasione della presentazione del libro avvenuta nei giorni scorsi nell’auditorium della biblioteca, un profilo (per molti versi ancor oggi sconosciuto) di Galetto e della sua esperienza di vita. La nota biografica è stata redatta da Orfeo Pozzani, sindaco di Bovolone; Andrea Vaccari, presidente del circolo Acli di Bovolone e da Sara Grezzani, responsabile dell’Unitalsi bovolonese. Sia Vaccari che Grezzani nel loro intervento sono stati affiancati a Paolino Turrini, assessore al Sociale nonché vicepresidente sia del circolo Acli che del gruppo Unitalsi locale.
«Galetto – hanno spiegato i “biografi” dell’ex vigile – ha vissuto l’infanzia in piena Seconda Guerra mondiale, conservandone ricordi lieti, come quello della cioccolata consegnata ai bambini dai soldati liberatori americani, ma anche dei terribili bombardamenti alleati subiti dalla città». Dopo aver lavorato come operaio nelle storiche officine meccaniche Bissoli, Galetto non perse l’occasione per iscriversi e superare il concorso per un posto di vigile urbano nella propria città. Mentre oggi l’organico del distretto “Media Pianura Veronese”, che ha sede dietro il municipio e serve pure i comuni limitrofi, è composto da una ventina di agenti, all’epoca del concorso la pianta organica era decisamente più contenuta. «Praticamente – ricorda con un po’ d’ironia – la mia assunzione il corpo dei vigili raddoppiò, passando da uno a due addetti».
Oltre a dedicarsi alla sorveglianza delle strade della città del mobile, Galetto nel corso dei decenni ha pure conosciuto varie problematiche sociali del popoloso centro di pianura. «Il nostro ex comandante ha collaborato con don Antonio Mazzi – rimarcano il sindaco ed i responsabili di Acli e Unitalsi – negli anni in cui Bovolone ha vissuto la tragedia delle prime morti per droga, che hanno segnato un’intera generazione di giovani degli anni Settanta-Ottanta del secolo scorso». Per quel che concerne l’excursus storico sulla storia bovolonese steso dall’ex capo dei vigili, Galetto, dopo accurate ricerche, ha messo in evidenza le tappe salienti delle vicende locali, dai primi ritrovamenti archeologici compiuti nella valle del Menago nel 1876, che hanno permesso di scoprire tracce di insediamenti dell’Età del Bronzo (2500 a. C.), fino allo sviluppo della città del Dopoguerra, il quale ha consentito a Bovolone di superare i 16mila residenti negli ultimi anni. Galetto ha dedicato un ampio capitolo al periodo finale del secondo conflitto mondiale, arricchendolo di aneddoti personali. Come quello che riguardò il ritorno del papà Mario dalla Germania, dove era andato a lavorare in una fabbrica di aerei. Il suo viaggio coincise per pura fatalità con i giorni del famoso “processo di Verona”, che culminò l’11 gennaio 1944 con la fucilazione nella città scaligera di Galeazzo Ciano, ex ministro degli Esteri e genero di Mussolini. «Mio padre rientrò a Verona con altri ex operai dopo la distruzione bellica della fabbrica tedesca in cui erano impiagati – racconta Galetto – e il giorno 9, non appena scese dal treno a Porta Nuova, fu prelevato da militari e camicie nere assieme ad altri ex compagni di lavoro. Nonostante le sue vivaci proteste, gli misero al braccio la fascia con la scritta Esercito italiano e gli imposero di fare la guardia all’ingresso di Castelvecchio, dove si stava svolgendo il processo contro Ciano e gli altri fascisti».
L’ex capo dei vigili prosegue: «Papà trascorse la giornata del 10 gennaio in servizio. L’11, invece, si svegliò al mattino presto e, avendo notato una bici abbandonata in un angolo dal giorno prima, non esitò a inforcarla e a pedalare a razzo per raggiungere Bovolone. Riuscì nella fuga approfittando del gran flusso di gente accorsa perché richiamata dalla notizia della fucilazione di Ciano e di altri gerarchi del fascismo». Nella sua rassegna di episodi storici salienti della storia bovolonese, Galetto ha riservato uno spazio al ricordo di mons. Bartolomeo Pezzo, il parroco deceduto negli anni Sessanta, artefice del completamento della nuova chiesa parrocchiale e dell’istituzione della processione votiva dedicata alla Madonna di Fatima, che dal 1945 si ripete ininterrottamente ogni 13 maggio. «Mons. Pezzo – rimarca l’ex comandante della municipale – era riconoscente alla Madonna per aver salvato la nuova chiesa dai bombardamenti della guerra. Durante uno dei raid aerei, le bombe caddero difatti a poche centinaia di metri dalla vecchia parrocchiale, adiacente a quella in costruzione proprio mentre al loro interno c’erano i fedeli, molti dei quali bambini, impegnati a seguire la Messa. Tutti rimasero miracolosamente illesi. «Finito il conflitto, mons. Pezzo stabilì che ogni anno la statua della Vergine (tuttora custodita nel duomo) venisse portata in processione ogni anno, come ringraziamento per aver salvato la chiesa dalla distruzione e i fedeli che erano al suo interno dalla morte». 

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