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Borgonuovo. Il quartiere meritava una nuova chiesa così bella

Inaugurato l'8 dicembre durante la solenne concelebrazione presieduta dal vescovo mons. Giuseppe Zenti il nuovo complesso parrocchiale realizzato con il contributo determinante del fondo della Cei per l'edilizia di culto ricavato dall’8xmille. Offre pure adeguati spazi per la giovane comunità in grande espansione

Borgonuovo. Il quartiere meritava una nuova chiesa così bella

Nuova, bellissima, calda e accogliente, viene a incastonarsi nel quartiere di Borgo Nuovo. Assistere all’inaugurazione di questa chiesa nuova ha dello straordinario, perché nettamente in controtendenza rispetto all’andamento generale, che vede la chiese sempre più deserte se non addirittura messe sul mercato immobiliare. Questo quartiere della cintura periferica della città sta vivendo un processo di grande sviluppo: numerose giovani famiglie popolano quello che tradizionalmente era chiamato  “il Villaggio” con le sue casette basse e l’edilizia popolare. Oggi ci sono grandi palazzi, ma soprattutto una comunità giovane che merita adeguati ambienti per il culto e le attività socio-educative.
La nuova costruzione prende il posto della vecchia chiesa realizzata negli anni  ’40, che presentava diversi e gravi problemi strutturali ed era diventata insufficiente.
Il progetto, firmato dagli architetti Carlo Ferrari e Alberto Pontiroli, coadiuvati dal liturgista don Franco Magnani, è stato aggiudicato con un concorso di progettazione promosso dalla Cei nel  2007 e ha visto, oltre alla chiesa, la realizzazione del centro parrocchiale dove, su tre livelli, si trovano ampi spazi necessari alle attività comunitarie, che sono sempre state condizionate dalla carenza di strutture: aule per il catechismo ma anche per i giochi, attività musicali, incontri con i genitori e un salone per i pranzi comunitari.
Prima di demolire il vecchio edificio, si tenne un referendum tra i parrocchiani: i votanti furono circa 1.200 e il 78% si espresse per la demolizione.
«Gli abitanti del Villaggio hanno ancora nel cuore, come si può ben immaginare, la vecchia chiesa, dove si è svolta una parte della propria vita sociale e religiosa: la comunione e la cresima da ragazzini, il matrimonio da adulti, il battesimo dei figli e via dicendo; essa aveva segnato la storia della comunità per più di mezzo secolo. Desiderando rispettare la sensibilità di tanti fedeli, si sono mantenuti nella nuova elementi fondamentali della vecchia costruzione, ricollocati in punti importanti, quali le campane, la statua della Beata Vergine, il rosone e le vetrate artistiche. La nuova chiesa vuole diventare simbolo della rinascita del quartiere di Borgo Nuovo, un nuovo complesso parrocchiale che diventi centro di aggregazione accogliente e aperto a tutti con architetture e spazi che “parlano” all’assemblea liturgica; funzionali alla promozione, formazione e crescita delle vecchie e nuove generazioni» ha dichiarato il parroco don Giorgio Fainelli.  
Erano palpabili l’entusiasmo e la gioia di tutta la comunità che ha finalmente preso possesso della nuova “casa”, dopo un iter durato 10 anni, durante la solenne celebrazione presieduta dal vescovo mons. Giuseppe Zenti nella solennità dell’Immacolata, l’8 dicembre scorso. Un plauso va al parroco che, in questi anni anni, ha trasmesso grande entusiasmo e tenacia nell’affrontare i problemi che strada facendo si sono presentati; ai sacerdoti predecessori durante il lungo iter di realizzazione; ai collaboratori e alla grande comunità che ha creduto e si si sta impegnando per raccogliere parte dei fondi necesari.
«Non si può non ricordare e ringraziare – afferma don Luciano Dalla Riva, direttore dell’Ufficio beni culturali ecclesiasstici ­– la Conferenza episcopale italiana: la Chiesa madre non abbandona mai le singole comunità parrocchiali in un impegno così gravoso; pertanto, grazie alla destinazione dell’8 per mille, la Cei ha finanziato per il 75% l’importo dei lavori con circa 4 milioni e 700mila euro. Il rimanente 25% è aggiunto dalla parrocchia con contributi anche della Fondazione Cariverona e della Regione per mezzo dell’Ater, in particolare per la realizzazione delle opere parrocchiali. Un grazie va rivolto anche all’amministrazione comunale che ha collaborato su molti aspetti, in particolare permettendo di realizzare un complesso di grande respiro, modificando l’area dal punto di vista urbanistico. Ciò ha consentito di cambiare l’orientamento della chiesa in  maniera da dare continuità tra la zona pedonale e i giardini della piazza con il sagrato della chiesa.
Stefano Origano

IL PROGETTO

La Chiesa della Beata Vergine Maria è la Chiesa della Luce, che propone una precisa e forte identità dello spazio sacro, luogo dove le persone possono ritrovare bellezza e spiritualità.
La Chiesa Beata Vergine Maria si propone alla collettività come luogo evocativo che, come ribadito autorevolmente dalla nota CEI sulla progettazione delle nuove chiese e da Benedetto XVI*, è il luogo dell’assemblea convocata in un luogo dalla precisa e forte identità di spazio sacro. Luogo dove le persone possano ritrovare bellezza e spiritualità.
Fin dalle fasi iniziali nell’anno 2007, il progetto ha avuto come riferimento l’esortazione apostolica postsinodale Sacramentum Caritatis di Benedetto XVI, che riprende e sviluppa le linee fondamentali della riforma liturgica conciliare, che offriva autorevoli e illuminanti indicazioni anche in ordine alla complessa questione della progettazione delle chiese. Di notevole portata e fecondo, sotto il profilo progettuale, appare il principio teologico che ribadisce come la «natura del tempio cristiano» sia «definita dall'azione liturgica stessa, che implica il radunarsi dei fedeli (ecclesia)».
* «Il legame profondo tra la bellezza e la liturgia deve farci considerare con attenzione tutte le espressioni artistiche poste al servizio della celebrazione. Una componente importante dell'arte sacra è certamente l'architettura delle chiese, nelle quali deve risaltare l'unità tra gli elementi propri del presbiterio: altare, crocifisso, tabernacolo, ambone, sede.

A tale proposito si deve tenere presente che lo scopo dell'architettura sacra è di offrire alla Chiesa che celebra i misteri della fede, in particolare l'Eucaristia, lo spazio più adatto all'adeguato svolgimento della sua azione liturgica. Infatti, la natura del tempio cristiano è definita dall'azione liturgica stessa, che implica il radunarsi dei fedeli (ecclesia), i quali sono le pietre vive del tempio (cfr 1 Pt 2,5)». Benedetto XVI, Sacramentum Caritatis, n. 41

Il progetto quindi si è posto come obiettivo di offrire un luogo progettato non solo per una visione estetica statica, ma per un’azione dinamica conforme alla natura dell’evento salvifico celebrato nella liturgia.

 

L’ARCHITETTURA

La chiesa si pone alla Comunità con una forma riconoscibile, un’architettura sacra cristiana che, senza incertezza, marca il luogo e segnala la meta di arrivo del percorso. Il volume della chiesa ha un profilo verticale, capace di connotare l’intervento rispetto ai condomini circostanti, e si presenta con una forma semplice ma al contempo articolata; è stata privilegiata la riconoscibilità dell’edificio attraverso elementi archetipi: campanile e rosone. I volumi laterali della cappella feriale e delle opere parrocchiali sono volutamente ermetici ed orizzontali per non fare da intralcio visivo all’aula liturgica, ma anzi per esaltarne la verticalità. Il campanile è l’emblema di questa chiesa, ha forma semplicissima, quasi monastica, senza voglia di spettacolarizzazione, in sintonia con l’anima sobria del Borgo, ma al tempo stesso cerca la verticalità e si impone con solenne essenzialità rispetto l’edificato circostante. Dal campanile parte il volume della Chiesa, alto ed avvolgente, che culmina nel grande lucernario della zona presbiteriale. La facciata, che prospetta la piazza, presenta quinte di diversa profondità ad accompagnare il fedele al portale d’ingresso allo spazio sacro che, come nella tradizione millenaria, individua l’asse di simmetria della Chiesa orientato ad ovest.
Sia internamente che esternamente, i caratteri architettonici tradizionali non costituiscono semplici reperti da citare, ma sono elementi operanti di una cultura viva, insieme antica e contemporanea. Il percorso verso l’altare è scandito dalla luce e viene concluso, nel fondale absidale, dall’aulica croce lignea simbolo della resurrezione e del ritorno del Cristo sulla terra.
Il valore rappresentativo della luce è esaltato dalla forma e dalla luminosità che assume l’installazione delle costolature lignee verticali verso l’alto, grazie a un grande tamburo che capta superiormente la luce naturale e attraverso l’illuminazione artificiale che vede l’inserimento di corpi illuminanti, nascosti nella struttura, a simulazione ed integrazione dell’illuminazione naturale. Nella definizione dell’aula liturgica viene ripresa la tradizionale tipologia basilicale a tre navate, interpretandola in chiave contemporanea e dinamica con due deambulatori laterali individuati da grandi pannelli verticali in legno, “sospesi” a circa 3 metri di altezza, e un’ampia aula disposta secondo uno schema rettangolare allungato capace di ospitare, con una disposizione delle sedute con disegno a croce, 325 posti a sedere. Le sedute, disposte asimmetricamente nella zona prospiciente il presbiterio, lasciano spazio all’ambone che si pone, quasi protraendosi, verso l’assemblea, definendo un percorso rituale dinamico “sede-altare-ambone” facilmente percepibile dai fedeli. Disposti lateralmente rispetto all’altare, trovano posto, da un lato, la sede presidenziale e, dall’altro, i seggi dei ministri; tali elementi sono caratterizzati da materiali naturali quali la pietra e il legno in continuità con la definizione dello spazio liturgico.
La Chiesa è stata concepita con due direttrici privilegiate di cui la principale, l’asse da est a ovest, determina il percorso che dal sagrato conduce verso il fulcro dello spazio celebrativo catalizzando l’attenzione ad indicazione del cammino. All’interno, lo spazio si articola e diventa attraversabile, l’aula permane connotata dall’involucro ligneo sospeso, mentre il recinto murario si apre e lascia intravedere la cappella feriale con il tabernacolo della custodia eucaristica. Si sviluppa qui la seconda direttrice che dall’aula centrale, da sud verso nord, segna il percorso che porta al battistero e alla penitenzieria; l’istantaneo allineamento visivo tra osservatore-fonte battesimale e il cortile interno con il gruppo scultoreo che descrive il battesimo di Cristo nell’acqua del fiume Giordano, si interseca con l’asse verticale prodotto dalla luce proveniente dal lucernario posto superiormente al fonte, a formare un significativo programma iconografico composto da elementi del creato: l’acqua, la luce il cielo.
L’utilizzo del legno di rovere - trattato “con il piano sega” - nel rivestimento delle quinte e di parte delle murature interne offre allo spazio un’atmosfera “a misura d’uomo”, confortevole, morbida e attenta al confort acustico. Nel legno, riconosciamo un elemento naturale che richiama l’integrità degli esseri umani e valori semplici ed eterni. All’interno si ripristina la bellezza originaria e lo spirito dello spazio sacro insieme alla virtù della sobrietà. La scatola di legno interna è quindi scandita dal sistema di lame che sono staccate tra loro a seguire l’andamento della navata e dell’abside. Il gioco architettonico è di linee e forme essenziali e pregnanti che, tracciando dei confini, modulano un’alternanza di pieni e di vuoti, di luci e ombre e trasformano l’estensione in un cosmo ordinato ed evocativo.
La dinamica dell’atto liturgico trova coerenza con la definizione architettonica degli elementi della celebrazione eucaristica: i due punti cardine dell’azione liturgica, della Parola e dell’Eucarestia, sono separati. La zona absidale si eleva dalla pavimentazione lapidea di circa 60 centimetri è definita superiormente dalla “scatola sospesa” e sul fondo dalle costolature lignee; ospita la sede presidenziale e l’altare scolpito in pietra d’Istria come il pavimento dell’intera Chiesa. L’altare di forma tendente al quadrato evoca la centralità cosmica, simbolo delle fondamenta dell’intero complesso ecclesiale. L’ambone trova collocazione laterale, alla sinistra dell’altare rispetto al celebrante, si dispone frontalmente, proteso verso l’Assemblea riunita all’ascolto della Parola del Cristo; si eleva con un elemento lapideo semplice dallo spazio dei fedeli.

LA LUCE

La luce è elemento rivelatore dei luoghi, dei volumi e degli elementi; nel progetto si sono adottati tutta una serie di accorgimenti per “costruire” lo spazio con la luce sia naturale che artificiale con la consapevolezza che la luce è il primo archetipo cristiano fin dalle parole di Cristo che definisce se stesso Lux mundi. La luce, all’interno dell’aula, è solo zenitale e pertanto facilmente controllabile per evitare abbagli ai celebranti; entrando nella Chiesa è percepibile l’intensificarsi della luce verso l’altare. Nei deambulatori, alte e snelle aperture, che caratterizzano i fianchi della Chiesa, permettono alla luce di entrare; le alte lame lignee, la filtrano e all’interno dell’aula giunge luce diffusa e pulviscolare. Le finestre laterali sono di piccole dimensioni e poste soltanto al di sopra di una certa altezza affinché non si veda altro che il cielo attraverso di esse; nel tiburio, la luce cade dall’alto ad illuminare il presbiterio.
L’illuminazione naturale è integrata da luce artificiale a led, capace di mimetizzarsi con l’architettura e in grado così di far risaltare i momenti e gli elementi liturgici e l’intero programma iconografico. La luce mette in rilievo le vibrazioni delle quinte e delle costolature esaltando la verticalità e la spiritualità dello spazio liturgico. La liturgia della luce, passando dalle tenebre alla luce, è fondamentale in tutte le sue accezioni, fisiche e simboliche.

LA CAPPELLA FERIALE E IL BATTISTERO

In un secondo volume posto a nord, connesso a quello della grande aula liturgica, con entrata indipendente dal sagrato, viene collocata la penitenzieria, la zona del battistero, la cappella feriale e la sacrestia. Internamente, a ridosso dell’ingresso laterale, si trova lo spazio dell’accoglienza prima dell’entrata nella zona del battistero. In posizione decentrata e riservata si trova la penitenzieria divisa dalla zona del battistero da una piccola corte esterna. Tale corte a cielo aperto, porta la luce naturale internamente, senza abbagli, e ospiterà un giardino secco con l’installazione scultorea di Hermann Josef Runggaldier. Il luogo del battesimo, un grande catino lapideo, è collocato in asse visivo al passaggio centrale della navata principale, in un luogo ampio e molto luminoso visibile praticamente da ogni angolo della Chiesa. In continuità con la zona del battistero si trova la cappella feriale, con 72 posti a sedere; questa è collocata in maniera tale da diventare, nelle occasioni importanti, uno spazio unico con la navata centrale. Nella cappella è collocato il tabernacolo, custodia del Santissimo Sacramento. L’altare della cappella feriale è caratterizzato dalla luce zenitale che lambisce i rivestimenti lignei e metallici colore oro valorizzando così la statua dedicata alla Beata Vergine Maria, oggetto di devozione da parte di tutti i fedeli del quartiere. Il Santissimo Sacramento viene custodito in un luogo architettonico “importante”, particolarmente curato anche sotto il profilo artistico, adatto all'adorazione e alla preghiera, anche più intima personale. Tra l’aula principale e la penitenzieria è stata infine realizzata una piccola cappella dedicata dell’adorazione dei Santi, dove sono state collocate le vetrate artistiche di Salvatore Cavallini che rappresentano la Beata Vergine Maria, provenienti dalla zona absidale della chiesa demolita, e alcune statue esistenti e care alla comunità. La cappella ha luce zenitale e risulta molto accogliente, luogo ideale per la concentrazione e la devozione.
La nuova chiesa vuole dunque diventare simbolo della rinascita del Villaggio Dall'Oca Bianca: “ci siamo messi a servizio della Comunità - sottolineano gli architetti - per realizzare una chiesa che possa essere vero luogo di incontro, con pareti che “parlano” all’assemblea, che siano proiezione del mondo ideale e luogo dove la liturgia cristiana abbia il suo compimento”.

IL PROGRAMMA ICONOGRAFICO

La Curia di Verona, con un concorso svoltosi nell’anno 2009, ha scelto il programma di tutte le opere iconografiche: l’altare, l’ambone e il battistero sono opera dello scultore altoatesino Hermann Josef Runggaldier, la grande tela della Cappella Feriale e i pannelli della Via Crucis sono state realizzate dalla pittrice toscana Gabriella Furlani, mentre il tabernacolo è stato realizzato dall’artista del vetro Giuliano Gaigher. A completamento della zona absidale, durante la Pasqua 2019 verrà collocato un grande crocefisso bronzeo di Tito Amodei, padre passionista tra i più innovativi e interessanti scultori italiani del dopoguerra e recentemente scomparso all’età di 91 anni, che rappresenterà il Cristo con accanto la Beata Vergine e la colomba, che rappresenta lo Spirito  Santo nell’atto di distribuire il sangue al mondo.

Hermann Josef Runggaldier - scultore

Le opere iconografiche del presbiterio sono lavorate in pietra d’Istria, analoga al pavimento della chiesa. Nella composizione di questi elementi iconografici si notano linee verticali e linee orizzontali: quelle verticali rappresentano il contatto con Dio, quelle orizzontali il contatto con il prossimo.

ALTARE
L’artista   concepisce   l’altare   come   luogo    di    sacrificio    e    come    mensa    eucaristica.  Nel blocco marmoreo dell’altare è tematizzato il mistero della redenzione della Santa Messa e il mistero della redenzione escatologica illustrata dall’Apocalisse con i sette sigilli nell’angolo sinistro e le sette corna nell’angolo destro dell’altare. L’agnello di Dio dell’Apocalisse è indicato in forma di croce nella parte sinistra e il libro dei sigilli è rappresentato dal ruolo di papiro nella parte superiore dell’altare. La striscia chiara centrale sul pavimento della chiesa aiuta a trovare la via verso la redenzione commemorata nel mistero eucaristico dell’altare.

AMBONE
Nell’ambone il mistero pasquale della resurrezione è accennato con l’apertura della pietra e la tomba vuota: messaggio centrale della nostra fede e della parola di Dio.

SEDE
La sede è lavorata tutta in pietra d’Istria; lo schienale e la copertura della sede principale come la copertura delle altre due sedie sono eseguiti in legno di noce, un legno nostrano pregiato: alla sede sacerdotale si attribuisce più importanza, perché nella celebrazione della Santa Messa e dell’Eucaristia il sacerdote è il rappresentante di Gesù Cristo, del Buon Pastore.

BATTISTERO
Nell’area sacrale dedicata al battesimo esalta una scena figurativa. Il gruppo scultoreo del Battesimo con le due figure di Gesù e Giovanni Battista nel fiume Giordano, un’iconografia descritta nel libro del Nuovo Testamento, è scolpito in legno tiglio e pattinato bianco - simbolo della purificazione - con pigmenti calcarei. Nella parte esterna, le tre figure in bronzo rappresentano la famiglia e le generazioni. Le persone si recano verso la fonte al battesimo per poter così entrare nella comunità cristiana. Nella parte centrale davanti alla scena si vede la Fonte Battesimale scolpita in pietra d’Istria con l’acqua santa.

 

Gabriella Furlani- opere plastico/ pittoriche

PANNELLO DEL BUON PASTORE - parete di fondo lato destro della Cappella Feriale
L’idea che sottende l’opera “Il Buon Pastore” è quella di un Cristo, la cui figura si stempera nella luce, nell’atto di aiutare l’umanità ad uscire dal caos e dal dolore esistenziale, in un cammino di purificazione rappresentato simbolicamente da una materia oscura e informe che si apre al contatto con la Sua mano, punto focale dell’opera. La luce bianca quasi abbagliante del Risorto, in contatto con l’umanità, trasforma la materia in pigmento, in colori che trasudano e poi risalgono sublimandosi in segni che fanno vibrare la terra e si innalzano fino a lambire la Luce divina, quel punto di arrivo annunciato da un sottile, appena percettibile, filamento d’oro. La scelta dei materiali è anch’essa simbolica: la resina per la materia informe, il grassello di calce e la polvere di marmo per la Luce, i pigmenti naturali in polvere per la terra che germoglia, la foglia d’argento per la materia che inizia il percorso di illuminazione, i segni in punta d’argento per suggerire la ricerca di purezza, la foglia d’oro come tradizionale riferimento a Dio.

VIA LUCIS/CRUCIS - pareti laterali dell’aula liturgica principale
L’idea cardine dell’autrice di questa opera è stata quella di presentare, per la prima volta fisicamente insieme in una unica visione, lo svolgimento degli episodi evangelici sulla vita di Cristo, legati da un lato alla Passione e dall’altro alle fasi successive alla Resurrezione, fino alla Pentecoste. Tutto ciò è stato tradotto nell’ illustrazione di due percorsi - Via Crucis / Via Lucis – che, pur svolgendosi in direzioni tra loro opposte, si incontrano ogni volta all’interno degli esemplari di un medesimo “libro”, replicato tante volte quante sono le tradizionali “stazioni”. Nel percorso della Via Lucis la materia scura ed opaca si rischiara alla luce del Risorto, mentre nella Via Crucis  il racconto avviene attraverso il colore, partendo dal rosso (Condanna) fino all’ultravioletto (Sepolcro), colore che inoltre trasuda lateralmente dalle “pagine” dei libri chiusi della Via Lucis, per alludere, per sublimazione, alla sofferenza sopportata da Cristo per donarci la salvezza. La più lunga permanenza, durante l’anno, dei quattordici libri nella posizione di chiusura (quella chemostra sul primo recto le immagini dei momenti della Via Lucis, mentre l’apertura dei libri renderà visibile la serie delle stazioni della Via Crucis solo nel periodo della Settimana Santa), ha l’intento di privilegiare il messaggio ultimo di salvezza legata alla venuta del Cristo come un viaggio di Luce che, in sintonia con la architettura della chiesa, sembra abbracciarla. Le opere vogliono inoltre sottolineare, nei materiali e nei colori, la loro relazione con il pannello del Buon Pastore.

Giuliano Gaigher- opera plastica

TABERNACOLO – zona abside Cappella Feriale
La custodia del Santissimo è affidato a un blocco di acciaio e vetro fuso con la tecnica della cera persa, di dimensioni di 33x33x33; chiaro riferimento alla figura di Gesù. Il vetro rappresenta l’acqua, il suo movimento vorticoso e la sua freschezza. Mettere e togliere la chiave, che permette l’apertura del tabernacolo, simboleggia la discesa e la risalita del vortice come se ci fosse un prima e un dopo l’incontro con il Santissimo. L’acqua con il suo moto scava e dona l’immagine della perseveranza, dalla quotidiana ricerca del mistero della Fede.

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