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Nuova luce al Crocifisso che domina S. Giovanni in Foro

di SILVIA D'AMBROSIO

Presentato il restauro a cura dell’Associazione Chiese Vive 

Nuova luce al Crocifisso che domina S. Giovanni in Foro

di SILVIA D'AMBROSIO

Nel pomeriggio di sabato 17 febbraio la chiesa cittadina di San Giovanni in Foro era gremita di un centinaio di persone interessate alla presentazione del restauro di due opere. Di una partecipazione così numerosa c’è proprio da rallegrarsi. «È segno di un desiderio di conoscenza dei tesori della nostra città e di un’attenzione viva verso il tema della salvaguardia del patrimonio ecclesiastico veronese», ha sottolineato mons. Gino Zampieri nel suo saluto di benvenuto, ricordando come la chiesa, di cui è rettore, per la sua posizione centrale, sia tappa di visita anche di molti turisti di passaggio lungo corso Porta Borsari.

Gli ha fatto eco mons. Giovanni Ballarini in qualità di presidente dell’Associazione Chiese Vive che, assieme alla Regione, ha finanziato il restauro; ha evidenziato che «questo tesoro d’arte è anche un tesoro di fede, capace di parlare agli occhi e ai cuori dei cristiani, soprattutto in questo tempo quaresimale».

Un tesoro, quello della diocesi di Verona, immenso e rispetto al quale, oltre alla tutela, è necessario coltivare la conoscenza e la valorizzazione. Sono compiti coordinati dall’Ufficio diocesano per i Beni culturali ecclesiastici, rappresentato dalla vicedirettrice Cristiana Beghini, che ha ricordato come «la stretta collaborazione con l’associazione si traduca nel sostegno di diversi progetti di restauro, sia della città sia del territorio, spesso conclusi con un momento di restituzione alla comunità parrocchiale quale occasione d’oro di riappropriazione e di affezione verso le opere che tornano “a casa”».

Come è stato raccontato, si tratta di un crocifisso ligneo della seconda metà del XV secolo posto sopra una tela commissionata duecento anni dopo, per accoglierlo al centro, al pittore Giovanni Battista Rossi detto Gobbino con la Madonna e Santi. Tale complesso si presentava in precario stato conservativo causato principalmente da ridipinture (l’ultima risale al 1929), lacerazioni, lacune del supporto tessile con gravi perdite di pellicola pittorica ma anche dal contatto diretto con l’acqua del fiume Adige durante le inondazioni del passato.

Si è entrati nel vivo del restauro con Letizia Tasso, funzionaria della Soprintendenza, e con Francesca Amati e Anita Masiero che lo hanno condotto. Il piacevole dialogo al femminile è stato arricchito dalla proiezione di dettagli fotografici del lavoro svolto in laboratorio (indagini non invasive comprese), commentato dalle relatrici in parallelo alle opere originali ricollocate, il giovedì precedente, sulla parete di fondo che, dietro l’altare maggiore, domina la navata dove erano seduti gli attenti ascoltatori. Il pomeriggio si è concluso invitando i partecipanti a vedere da vicino le opere che, curate con attenzione e tornate a brillare, sanno ora catturare lo sguardo. 

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