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Quanti figli cresciuti sotto il tetto di Luciano e Anna!

di MARTA BICEGO
La coppia ha spalancato le porte della propria casa (e il cuore)

 

Quanti figli cresciuti sotto il tetto  di Luciano e Anna!

di MARTA BICEGO
Il primo figlio che hanno accolto nella loro casa è stato Callisto, un ragazzo arrivato dal Burundi per ricevere quelle cure mediche che nel Paese di origine non poteva avere. All’epoca, Luciano e Anna erano giovani sposi, uniti all’altare da don Oreste Benzi, che nella coppia aveva visto la luce dell’accoglienza. Far iniziare il loro cammino al fianco di un figlio arrivato da lontano è stato uno dei doni; l’altro un’icona di Maria Madre della tenerezza, che il prete fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII ha fatto loro.
«Per noi è stato un segno di quanto dovevamo essere e conformarci, dunque anche essere tenerezza di Dio in ogni persona il Signore ci mettesse accanto», inizia a raccontare la coppia che vive nella Bassa veronese. Luciano e Anna hanno alle spalle venticinque anni di matrimonio, tre figli naturali, tante esistenze abbracciate, una lunga esperienza nelle fila della Comunità. È frequentando quest’ultima che si sono conosciuti: «Entrambi volontari in casa famiglia, fin da fidanzati avevamo chiaro quanto il Signore ci stava chiamando. Essere famiglia aperta a chi per un breve o lungo periodo aveva bisogno di essere accompagnato, sostenuto, accolto e amato da un papà e da una mamma, da uno zio o una zia che per quel momento erano tali».
Nel tempo, la famiglia si è allargata, ma lo spazio per il prossimo non è mai mancato. In questo, una ricchezza: «Ora i nostri figli naturali sono diventati grandi e la più “piccola” ha quattordici anni – spiegano –. L’esperienza che hanno vissuto è stata molto positiva. Hanno respirato, pur nei nostri limiti, nelle piccolezze e fragilità, quanto sia bello avere un cuore aperto e mettersi a fianco delle persone più bisognose». Un camminare insieme, dicono, «sentendoci Chiesa, comunità. Famiglia insieme, il motto che riassume tutto». Poter contare sul sostegno e sulla guida della Comunità Papa Giovanni XXIII è stato fondamentale nel rispondere a questa «chiamata»: offrendo formazione a livello spirituale, incontri di auto-mutuo aiuto, supporto nell’ambito educativo e psico-pedagogico. Un aiuto nello sperimentare diverse tipologie di accoglienza, tra cui quella diurna. Questa permetteva di tendere la mano verso famiglie con problemi, ad esempio di tipo lavorativo. «L’essere vicini a tali bisogni e capire quante risorse possono sprigionare in chi sta chiedendo, in quanto si sente voluto bene, tira fuori idee e prospettive nuove di fiducia e autonomia nel tempo», testimoniano.
Non bisogna però immaginare che sia un percorso in discesa: «Ci sono state situazioni in cui abbiamo veramente faticato, in cui dal punto di vista umano abbiamo vissuto un sentimento di rabbia», testimoniano. Ad esempio, quando la famiglia di origine non accettava che la figlia abitasse con loro. Che cosa hanno fatto? Hanno accettato le difficoltà, costruito ponti, alimentato la chiarezza rispetto ai ruoli. Una modalità, sottolineano, «che ha fatto sì che quei genitori capissero e comprendessero che non stavamo remando contro, ma che ogni intervento era finalizzato al ritorno a casa della loro figlia».
Citano un insegnamento, trasmesso da don Oreste Benzi: «Un dolore condiviso, si divide. Una gioia condivisa si moltiplica. Così vengono superate le difficoltà, con il sentire che ci apparteniamo gli uni con gli altri. Questo non vuole dire che tutto sia semplice, anzi, ma che dobbiamo essere consapevoli della nostra umanità ferita e sapremo vedere una vita risorta solo se questo cammino sarà compiuto insieme». In questo modo ci può essere, grazie anche all’intervento delle istituzioni, un lieto fine. «Se dovessimo tornare indietro, rifaremmo tutto?», si chiedono. Ma la risposta si può immaginare. Luciano e Anna compiono un passo in più, con un appello: «Le comunità cristiane e le famiglie potrebbero aprire i cuori e le porte, essere accoglienti verso i bisogni di ogni fratello e sorella in qualsiasi forma di povertà, disabilità, condizione sociale». Questo significa accogliere, con il cuore aperto. 

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