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Quando una telefonata allunga la vita...

Da 30 anni i volontari di Telefono Amico Mondo X ascoltano chi chiama

Parole chiave: Telefono amico (3), Solitudine (10), Anziani (37), Volontariato (88), Welfare (13), Sociale (19)
Quando una telefonata allunga la vita...

Quando la solitudine diventa insopportabile, a volte anche una telefonata può servire a lenire l’isolamento. A Verona ci sono delle orecchie sempre pronte ad ascoltare senza giudicare: sono quelle dei volontari di Telefono Amico Mondo X, servizio di ascolto telefonico anonimo rivolto alle persone in difficoltà, che vivono uno stato di disagio psicologico o sociale.
È un servizio discreto, e poco noto, che da trent’anni svolge un compito prezioso. Dalle 19 alle 23 di ogni sera (sabato escluso), chiamando il numero verde 880 280 233 ci si può mettere in contatto con gli operatori; telefonando in altre fasce orarie, invece, si può registrare un messaggio in segreteria, che verrà poi ascoltato.
La riservatezza e l’anonimato reciproco permettono alle persone di aprirsi e di lasciar correre da una cornetta all’altra, sullo stesso filo, i pensieri. «Il telefono consente l’uscita di forti emozioni, perché si instaura una relazione di fiducia e si ha la certezza di non essere giudicati – spiega Luisa Zanoni, presidente dell’associazione dal 2014 –. Ci chiamano donne, ma soprattutto uomini dai 45 anni in su: sono tutte persone che nella vita quotidiana non riescono a instaurare relazioni significative o non si sentono ascoltate in maniera autentica».
Il riconoscimento della dignità di ogni individuo è alla base dell’azione di solidarietà. «Ai corsi di formazione precisiamo che ci sono poche regole da seguire, ma chiare: non dare mai consigli e ascoltare la storia di ognuno con un atteggiamento di apertura e di accoglimento, perché se non sappiamo ascoltare con consapevolezza ed empatia trasmettiamo il vuoto», puntualizza la presidente. «Una volta ci ha chiamato una signora che aveva subito una perdita: “Vi avviso subito, se anche voi mi dite coraggio, fatti forza, non chiamerò più” – esemplifica –. Dire “Dai, tirati su!” a chi ha subito un lutto è una delle cose più sbagliate da fare».
L’obiettivo del dialogo è trovare i giusti stimoli per recuperare un po’ di benessere. «Una delle peggiori forme di solitudine è quella legata alla depressione, che porta a un isolamento sociale, con un forte stigma», aggiunge Zanoni. Un’altra buona fetta di contatti è composta da anziani lasciati soli o che hanno rotto ogni rapporto con i familiari. Spesso al centro delle telefonate c’è lo sfogo per la difficile relazione coi figli. «“Prima ero al centro della vita, ora non più”, ci spiegano sconsolati; “Non mi dicono mai che mi vogliono bene”, protesta qualche altro – specifica la volontaria –. Una signora ha ammesso di non vedere mai il figlio, ma di mantenere una facciata di finzione con le amiche: “Dico loro che lo vedo ogni domenica e mi porta dei regali, però non è vero”».
I 19 volontari, che si alternano in turni, passano le quattro ore giornaliere al completo ascolto di chi chiama. Si rompe il ghiaccio con domande generiche: «Ti sento triste stasera, cos’è successo?» oppure «Sento dal tuo tono di voce che sei più contento oggi, hai voglia di raccontarmi come mai?». Il segreto è dimenticarsi di tutto il resto – i volontari sono obbligati a spegnere il cellulare durante il servizio – e focalizzarsi sull’interlocutore, stando con lui. Ascoltare è un’arte che si affina nel tempo. Le parole una terapia potente contro la malattia della solitudine.

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