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Pellegrino per 40mila chilometri: la lunga preghiera di Francisco

di NICOLA SALVAGNIN

Il racconto di un’esperienza di vita e di spiritualità di un camminatore spagnolo

Pellegrino per 40mila chilometri: la lunga preghiera di Francisco

di NICOLA SALVAGNIN

Quarantamila chilometri a piedi, in un quasi costante pellegrinaggio. Così si presenta al nostro cospetto un pellegrino di mezz’età (53 anni ad essere precisi), che ha passato la notte ospitato dalla Chiesa veronese e che è diretto dapprima a Vicenza e Padova, e poi ad Assisi e Roma. Non arriva da Borgo Milano, Francisco Sancho, ma da Saragozza e si è appena fatto mezza Europa per raccontarci la sua esperienza di pellegrino da record.

«Sono spagnolo, anche se nato in Catalogna», esordisce. (I catalani non si considerano spagnoli e parlano del resto degli abitanti iberici appunto come “spagnoli”). «Ho iniziato tanti anni fa, non ho più smesso. L’Europa è attraversata da quattro grandi direttrici di pellegrinaggi, da molti secoli. Diciamo che le ho fatte tutte».

Quanti chilometri, Francisco, che solo a guardarti mi sento molto stanco?

«Mah, facendo quattro conti dovrebbero essere circa 40mila. So solo che il più lungo è stato di 13mila ed è durato un anno e mezzo. Ma ero più giovane...».

E qui sorge un’immediata quanto prosaica curiosità: ma vivi di aria? Come si fa a campare quando si è spesso in pellegrinaggi lunghissimi?

«Quando torno a Barcellona, dove vivo, faccio il cameriere, guadagno quel che mi serve e poi riparto. Io non mi sono sposato e non ho figli, questo indubbiamente “aiuta”. E poi quando sei in giro ti basta veramente poco e puoi contare sull’aiuto delle tante persone che incontri, vuoi per un pasto, vuoi per una doccia o un alloggio».

Non a caso lo attendevano prima a Zevio, poi in parrocchia a Lonigo. Come mai qui?

«Sto facendo un pellegrinaggio “di ringraziamento”, visitando alcuni santuari lungo il cammino e pregando. Ho recentemente perso sia mia madre che mio padre, vorrei ringraziare il Signore per il dono della vita che mi hanno fatto. Perché se non capisci quanto bello sia questo dono, fatichi a capire cosa sia la vita».

Francisco è “basico”, ma non è uno sprovveduto. Ha lo smartphone, un sacco di app funzionali ai suoi pellegrinaggi, uno stuoino e un sacco a pelo con cui gli capita di dormire all’addiaccio («ma d’inverno è dura, non tanto per il freddo ma per l’interminabile lunghezza della notte»), una miracolosa pomata francese con cui risolve i problemi alle articolazioni. Che mi regala, e funziona davvero. E poi, Francisco, che farai quando tornerai a Barcellona, questa volta via mare?

«Non lo so, ho un ginocchio malandato e l’età è quella che è. Magari ridurrò i chilometri, dipenderà tutto dalla salute».

Ma la parte più bella sono gli aneddoti, «i pellegrini che negli anni Novanta amavano ritrovarsi, passeggiare assieme, condividere. Il telefonino e poi la pandemia hanno cambiato tutto, oggi li incroci da soli e chini a guardare lo schermo... Quando c’è stato il lockdown, ero nel mezzo di un pellegrinaggio: tutto chiuso, me la sono vista brutta...».

E quante altre volte te la sei vista brutta?

«In realtà c’è stato qualche episodio, ma maneggio quattro lingue (sono preziose) e cerco sempre di essere ben organizzato e ben informato, gli imprevisti li paghi cari».

E, ascoltandolo, impari che il problema numero uno del pellegrino a lunga tratta è... l’asciugare i panni bagnati o lavati.

«S’impara a strizzarli bene, si dorme con la biancheria umida dentro il sacco a pelo per asciugarla un po’. Ma credimi: non c’è niente di peggio che infilarsi la mattina la biancheria umida e tenerla tutta la giornata...». 

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