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«Metteremo l’educazione al centro del villaggio»

di GIULIO PIGNATTI
L’assessora La Paglia: giovani, scuole, progetti, ruolo dei genitori... 

«Metteremo l’educazione al centro del villaggio»

di GIULIO PIGNATTI
Ha preso avvio mercoledì 13 settembre il nuovo anno scolastico, il secondo dall’insediamento dell’amministrazione Tommasi. Il ritorno sui banchi è stato preceduto dalle Giornate della didattica, quest’anno particolarmente partecipate e trasformate in un più ampio festival della formazione, momento di riflessione sul ruolo dell’educazione in tempi segnati anche da difficoltà relazionali e disagio giovanile. Abbiamo intervistato sui temi educativi l’assessora Elisa La Paglia, che ha le deleghe a Politiche educative e scolastiche, Biblioteche, Edilizia scolastica, oltre che a Salute e servizi di prossimità.
«Il lavoro dell’amministrazione è quello di coordinare le parti in modo che non si perda di vista l’obiettivo primario, cioè il benessere dei cittadini e l’effettività dei diritti», questa la visione di La Paglia, esponente del Partito democratico. «Ciò vale per l’educazione ma anche per la salute, quando ne va ad esempio del diritto delle donne in gravidanza di avere cure gratuite». Temi su cui La Paglia aveva lavorato già da consigliera d’opposizione nello scorso quinquennio e che ha potuto esperire in prima persona: negli stessi giorni della nomina in Giunta, un anno fa, nasceva anche la figlia Matilde.
– Dopo un anno di amministrazione, in che situazione suona la prima campanella del nuovo anno scolastico?
«Anche solo in un anno siamo riusciti a mettere al centro della scuola il tema delle politiche educative. Le risorse umane della scuola possono fare la differenza sulla vita dei ragazzi. Gran parte del personale questa missione ce l’ha già, ma la burocrazia tende sempre ad assorbire le energie. Quindi, bisogna tener vive le motivazioni, e l’amministrazione deve avere un ruolo di coordinamento e di sprone. Questa è una novità per il Comune di Verona: non c’era una grande riflessione sulle politiche educative prima di noi».
– Qual è un’idea secondo lei particolarmente rappresentativa, tra quelle emerse durante le Giornate della didattica, del vostro approccio all’educazione?
«È tornato spesso il tema dell’alfabetizzazione emotiva, anche degli adulti. Spesso, infatti, gli adolescenti sono chiamati a compensare le fragilità dei genitori; non parlano dei propri problemi per non appesantire il carico in famiglia. All’estremo opposto c’è la genitorialità intensiva: pare che serva organizzare infinite esperienze per i figli per farli crescere al pieno delle potenzialità. Quest’ansia genitoriale è pericolosa quasi quanto la mancanza di stimoli. Percepisco molto la richiesta su come essere dei buoni genitori. In Comune abbiamo un centro di consulenza con strumenti che vogliamo mettere a disposizione di tutti i genitori. Ecco, quindi, che l’educazione può agire sul benessere di un’intera città».
– E invece per quanto riguarda le criticità di questo avvio di anno, ad esempio quelle legate all’edilizia scolastica?
«L’edilizia scolastica ha delle criticità oggettive. Gli edifici sono tanti, spesso vetusti, e non c’era una mappatura. Da noi c’è bisogno di una ristrutturazione dell’organizzazione, prima ancora che degli edifici: anche a causa di una frammentazione degli uffici comunali non si riescono a spendere adeguatamente i fondi allocati in Giunta».
– C’è poi la carenza di posti di asilo nido. È un tema legato sempre all’edilizia?
«Ci sono dei posti erogati dal Comune con nostri edifici e personale, e poi degli asili nido in convenzione con le stesse rette. Quindi non per forza dobbiamo avere nostre strutture per aprire nuovi posti. Da quest’anno abbiamo ampliato l’offerta nell’area della Terza circoscrizione, con dei servizi diversi, ad esempio degli spazi gioco in nostri edifici. È utile diversificare l’offerta per quella fascia d’età, ce lo confermano le famiglie: quello degli spazi gioco è un servizio di sole tre ore al mattino, costa solo 60 euro al mese e risponde alle esigenze di chi non manderebbe il figlio all’asilo. I bambini hanno bisogno di socializzare a quell’età, e così lo fanno in un modo pedagogicamente strutturato. Poi, comunque, i posti d’asilo nido servono. Abbiamo lavorato tutta l’estate per ampliare i posti tra Saval e Navigatori, che è una zona scoperta, speriamo che arrivino i fondi».
– Quali sono altre criticità?
«Una è legata al trasporto. Da noi come ovunque ci sono cose che si fanno solo perché si son sempre fatte; bisogna chiedersi se una certa spesa copre ancora delle esigenze effettive. Il trasporto scolastico erogato dal Comune è molto costoso – le famiglie ne pagano solo un decimo – e poco efficiente, nonché poco sfruttato. Faremo un bando di consulenza esterna entro pochi mesi per un’analisi complessiva, poi bisognerà coordinarsi con gli istituti e con le future iscrizioni».
– Un problema, educativo, ma anche sociale, è la dispersione scolastica. È appena stato siglato un Patto di collaborazione territoriale sul tema: in cosa consiste?
«Le scuole hanno già gli strumenti per agire su dispersione scolastica e povertà educativa. Il punto sta nel coordinarsi e collaborare con le parti (in questo caso Provveditorato, Prefettura e Diocesi) per mantenere sempre al centro gli obiettivi educativi. Mi capita di ricevere richieste di finanziamento da parte di associazioni per le quali è dubbio che l’interesse primario sia il benessere degli studenti. Bisogna quindi selezionare e riorientare alcune attività, per permettere alla comunità scolastica di essere comunità educante. Non può essere la scuola a colmare le lacune delle famiglie. Serve una risposta collettiva per rispondere alle complessità del presente, come la novità del digitale o il fenomeno post-Covid della solitudine. La scuola deve fare la scuola, la comunità deve fare la sua parte».
– C’è un’emergenza anche educativa legata al disagio giovanile?
«Serve un’azione di prevenzione sul disagio. Al di là degli atti illeciti, bisogna chiedersi quali sono i momenti in cui questi giovani sono davvero protagonisti, e quali politiche attive sono loro dedicate. Penso che la risposta più efficace sia garantire dei luoghi d’ascolto. Con un progetto rivolto alle scuole secondarie di primo grado, sperimentato alla scuola A. Manzoni (Golosine), abbiamo distribuito un questionario sull’autostima, strumento per parlare delle proprie esigenze con degli educatori professionisti. Prima di noi c’era una lacuna su questi temi, stiamo correndo per sanarla».
– Passando alla delega alle biblioteche, la Civica ha riaperto dopo una serie di lunghe vicissitudini. È emersa una situazione di carenza del personale e di gestione non ottimale del patrimonio bibliotecario. Che insegnamenti trarre?
«Ereditiamo una situazione non facile. Alla nuova dirigente, Antonella Ronzan, è affidato il compito di chiudere il cerchio del rientro dei libri, che ha avuto delle gravi difficoltà. Il tema del personale, poi, è prioritario. Ora finalmente c’è la consapevolezza che in biblioteca servono competenze specifiche, così come negli altri luoghi della cultura. Cerchiamo di usare tutte le risorse di cui disponiamo per aumentare gli orari e per recuperare l’enorme lavoro di back office. Ci sono dipendenti che si oppongono all’apertura della Biblioteca civica il sabato pomeriggio, ma nei servizi l’utenza non può essere vista come un disturbo. La biblioteca ha una funzione di studio, ma ha anche una leva educativa gigantesca: non può essere chiusa alle famiglie il fine settimana».
– Che ruolo possono svolgere le biblioteche di quartiere dal punto di vista sociale e educativo?
«Le biblioteche di quartiere saranno uno degli strumenti per rendere protagonisti i giovani. Col progetto Spazi Lib(e)ri, che coinvolge vari partner, avvieremo un ascolto dei gruppi di lettura giovanili e saranno loro a decidere quali attività organizzare, a Borgo Trieste, Santa Lucia e Borgo Roma. In queste tre biblioteche abbiamo inoltre portato le ore di apertura da 20 a 40».
– In conclusione, quali obiettivi concreti si propone per il suo mandato?
«Un tema è quello della razionalizzazione: oggi c’è una grande dispersione degli edifici scolastici, ma da uno sguardo più attento possono nascere posti di asilo nido o luoghi per le politiche giovanili. Un altro obiettivo è combattere la segregazione educativa, chiamata anche “white flight”. Nelle dinamiche organizzative e sociali, oggi, si fugge dalle diversità, che invece hanno un grande valore formativo. Nelle scuole dell’infanzia, ad esempio, bisogna coordinare le iscrizioni tra scuole statali e paritarie». 

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