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Insegnanti? Assenti! La scuola riapre così...

L’11 settembre suona la prima campanella che dà inizio al nuovo anno scolastico e mancano ancora molti docenti e collaboratori scolastici, specie nelle scuole dell'infanzia

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Giovani scolari che entrano a scuola (Foto Dolgachov@123RF.com)

La famosa “Quota 100” è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Ma il ricambio naturale fra insegnanti pronti per la pensione e nuovi ingressi nelle cattedre veronesi è squilibrato da tempo. Mai come quest’anno, però, mancano docenti abilitati: una carenza cronica che è diventata emergenza, specie nelle scuole dell’infanzia e nelle primarie. Troppo pochi i “titolati” che escono ogni anno dall’università: colpa di una programmazione ministeriale poco lungimirante. Una criticità che i sindacati denunciano, sottolineando pure la carenza di personale tecnico e amministrativo. Insomma, l’anno scolastico parte in salita...
(Foto Dolgachov@123RF.com)

La campanella suona ma solo per gli studenti
Le scuole riaprono l’11 settembre. Grande assente: il personale
L’11 settembre suonerà la campanella in tutte le scuole del Veneto. Gli studenti si presenteranno in classe e avranno una sorpresa: gli insegnanti scarseggiano. Se a settembre 2018 l’emergenza presidi fu la criticità principale, l’anno scolastico 2019/2020  si aprirà invece sotto il segno di un’altra emorragia, ben più estesa: la cronica carenza di docenti abilitati, soprattutto nella scuola primaria e alle materne.     
«Anche volendo assumere, non c’è personale abilitato a sufficienza per le scuole veronesi: manca il ricambio e il nodo che ci troviamo ad affrontare è il frutto di una disattenzione generalizzata verso il mondo dell’istruzione – sottolinea Alessio Rebonato, segretario provinciale di Cisl scuola –. Il problema è esploso per il combinato disposto tra gli interventi previdenziali (“Quota 100” e “Opzione donna”) e l’insufficienza di insegnanti abilitati dalle università, troppo pochi per sopperire ai pensionamenti».
A livello veneto, il sindacato si è mosso per chiedere una revisione (al rialzo) del numero chiuso nel corso di laurea in Scienze della formazione primaria, l’unico a fornire l’abilitazione necessaria. «La difficoltà di reclutamento degli insegnanti è il frutto della trascuratezza della programmazione delle risorse umane necessarie al mondo scuola – rincara Rebonato –. Una miopia che colpisce anche il personale Ata (amministrativo, tecnico e ausiliario, ndr), complicata dai tagli e dai vincoli di spesa».
La scorsa settimana i sindacati sono scesi in piazza, organizzando un presidio davanti alla Prefettura. «La scuola veronese è di qualità, ma comincia ad avere grossi affanni perché mancano i fondamentali: lo abbiamo fatto presente al prefetto Donato Cafagna – chiarisce il sindacalista –. Non solo non si riesce a reclutare i docenti, ma è pure a rischio la sorveglianza. La scuola continua a funzionare con chi c’è, tuttavia non si può fondare il sistema sulla buona volontà degli operatori, che non è inesauribile». Per un funzionamento adeguato dei plessi, Cisl scuola stima un fabbisogno di almeno 150 posti per il personale Ata: «Di questi ne sono stati ufficializzati 54, perciò abbiamo chiesto almeno un aumento di 50 unità», precisa Rebonato. Sul fronte delle direzioni amministrative, invece, erano 45 le scuole scoperte a fine agosto: «Le situazioni si sono ridotte a una decina e stiamo lavorando per avere maggiori coperture».
L’unico raggio di sole, si diceva, riguarda le dirigenze scolastiche: i presidi quest’anno ci sono tutti, salvo una manciata di casi. «Per il resto, mancano più di 800 insegnanti a Verona e si correrà per trovare una copertura; oltretutto a Verona le famiglie chiedono più tempo pieno e ci saranno una trentina di classi in più rispetto all’anno scorso – evidenzia –. Il conteggio degli insegnanti “assenti” deriva dalla somma di supplenze, pensionamenti e “Quota 100” (per la quale hanno fatto domanda a febbraio oltre 250 docenti, molti dei quali a fine agosto non avevano ancora ricevuto la  certificazione di fine servizio dall’Inps), e di circa 400 posti di sostegno per cui non ci sono aspiranti abilitati. I candidati verranno presi dalle graduatorie di istituto, quando l’Ufficio scolastico provinciale avrà concluso le nomine annuali, attese per il 9 settembre».
Gli insegnanti di sostegno sono un’altra categoria introvabile. «Troppo pochi quelli abilitati ogni anno, però intanto gli alunni con disabilità continuano a crescere – rileva Rebonato –. Abbiamo chiesto al ministero dell’Istruzione di sbloccare la situazione e di avviare le azioni necessarie ad evitare l’ulteriore precarizzazione di queste figure, che ci mettono molto del loro pur non avendo la specializzazione necessaria».   
C’è poi la questione ancora irrisolta dei diplomati magistrali ante 2001/2002, privi della laurea in Scienze della formazione primaria: il Consiglio di Stato, con una sentenza, non ha ritenuto sufficiente il loro titolo per accedere al ruolo né per essere inseriti nelle graduatorie a esaurimento. Intanto sono 500 i maestri e le maestre del Veneto che hanno ricevuto la lettera di licenziamento. «A Verona ne abbiamo patrocinato un centinaio, in attesa di un giudizio – riferisce il sindacalista –. Chiediamoci, anche a livello politico, se si può fare qualcosa per reintegrarli, invece che sollevare soltanto l’emotività: i problemi vanno risolti, un mattoncino per volta».
Intanto, l’11 settembre è dietro l’angolo. La campanella suonerà in una settantina di istituti comprensivi e in una quarantina di scuole superiori, dove saranno ridotte le ore di alternanza scuola-lavoro, a fronte di un aumento del digitale in classe. Per quel giorno a Roma potrebbe essere già stato nominato un nuovo ministro dell’Istruzione.
Cosa servirebbe per far funzionare la scuola italiana? «Prima accendere la macchina, poi farla correre: invece di escogitare grandi stravolgimenti, avere l’umiltà di far funzionare quel che c’è – conclude il referente scaligero della Cisl –. Cominciando dai reclutamenti programmati e da una formazione al passo coi tempi, investendo davvero nella scuola con risorse nel bilancio statale».
Adriana Vallisari

Nelle aule di montagna i limiti diventano risorse
L’Istituto comprensivo di Bosco: un modello che funziona
Fare in modo che i limiti si trasformino in risorse. È diventata regola non scritta, se non addirittura assioma, nelle scuole di montagna che l’Istituto comprensivo di Bosco Chiesanuova riunisce. In 175 chilometri quadrati di terre alte che includono sei Comuni della Lessinia (a Bosco si aggiungono Cerro, Velo, Roveré, Erbezzo, San Mauro di Saline) sono presenti otto scuole dell’infanzia, otto primarie, quattro secondarie frequentate da 1.070 studenti, da circa 180 docenti e da 30 collaboratori scolastici.
Con numeri come questi, i primi giorni di settembre sono inevitabilmente frenetici per il dirigente scolastico Alessio Perpolli che, nonostante il susseguirsi di riunioni e telefonate, conserva una serafica calma nello spostarsi tra il suo ufficio e la segreteria. Anche se tra giugno e agosto le aule hanno smesso di essere frequentate, l’istituto non ha mai chiuso durante la pausa estiva. E adesso il tempo della prima campanella si avvicina.
«Le dimensioni possono spaventare. In realtà, abbiamo cercato di trasformare quelli che possono sembrare problemi in opportunità: scuole piccole, con pluriclassi che funzionano molto bene – esordisce il quarantaduenne, che ricopre l’incarico a Bosco dal 2016 –. Vivere in montagna è difficile, ma è un contesto geografico bello, ricco e in cui si vivono relazioni intense. Abbiamo docenti che potrebbero lavorare sotto casa, ma scelgono di salire in montagna».
La leva del successo di questo modello sono innanzitutto le persone, spiega, che devono avere forte motivazione per affrontare le distanze e versatilità nell’adeguarsi sia alle diverse situazioni che all’uso delle tecnologie intese come didattica legata al pensiero computazionale. In questo solco si inserisce, proprio a partire da questo anno scolastico, la sperimentazione a Velo, Bosco ed Erbezzo della “Scuola senza zaino”: esperienza nata in Toscana e trasferita in Lessinia che, ispirandosi al metodo Montessori ma non solo, ha l’obiettivo di stimolare l’autonomia e la responsabilità dei ragazzi.
In generale, sono quattro i filoni che costituiscono linfa vitale, e spunti di innovazione, per i vari plessi dell’istituto: c’è quello sportivo, che include gli sport invernali; quello teatrale e musicale. Un settore specifico si concentra sulla robotica e ne è esempio il successo collezionato dalla squadra “My ColLego” che è volata fino in Libano con l’invenzione delle ciaspole spaziali che potrebbero calzare ai piedi degli astronauti del futuro. Un ulteriore filone apre invece gli orizzonti all’internazionalità: «Dal 2018 gestiamo il Polo europeo della conoscenza, una rete di scuole, sia veronesi che fuori regione, che partecipano a progetti dell’Unione Europea. Sono previsti scambi culturali formativi per i docenti. Inoltre gruppi di studenti, accompagnati dall’insegnante, vivono un’esperienza formativa di una settimana in un Paese ospitante», scende nel dettaglio Silvia Adami, direttore dei servizi generali e amministrativi. Spunti vari, che ogni scuola poi pensa a declinare in base alle proprie specificità e alle relazioni che riesce a intessere con il territorio circostante.
«Cerchiamo di fare del nostro meglio. E ci teniamo che i nostri ragazzi siano orgogliosi di vivere in questo territorio difficile, ma bellissimo, e che non abbiano meno degli altri», sintetizza Perpolli. Dai limiti alle opportunità, come la precisa scelta di spingere sulla digitalizzazione: per evitare l’isolamento e di spostare inutilmente le persone da un luogo all’altro; al tempo stesso per semplificare la vita di personale e familiari, così da indirizzare le energie sull’aspetto educativo.
Tra distanze da colmare, una nota dolente riguarda gli spostamenti e la mobilità: «Se avessi un pullman, mi semplificherebbe la vita. I Comuni fanno il massimo sforzo per agevolare i trasporti, ma potremmo fare molto di più se potessimo spostare per finalità didattiche gli studenti da una zona all’altra con maggiore semplicità e in autonomia», prosegue. Per completare il concetto, richiama l’articolo 3 della Costituzione, il cui testo ha voluto fosse appeso in ogni istituto: «Il nostro compito è dare ai ragazzi tutte le opportunità per entrare nel mondo degli adulti col massimo delle capacità e competenze che servono, affinché non abbiano meno degli altri e si sentano diversi. Per questo portiamo gli alunni a visitare le realtà imprenditoriali del territorio, in modo che possano osservare la realtà che li circonda», incalza, lui che prima di essere dirigente scolastico è stato insegnante in una scuola di montagna, a San Bortolo.
«Tutto fa scuola, specie nell’età decisiva 0-6 anni, in cui è importante seminare e investire nella crescita perché questi insegnamenti resteranno strutturati nella vita di ciascun individuo», dice, richiamando il pensiero dell’educatore don Lorenzo Milani, di cui conserva nell’ufficio una fotografia in bianco e nero, accanto a quella dei giudici vittime della mafia Falcone e Borsellino e a quella della pedagogista Maria Montessori. «Appena arrivato a Barbiana, don Milani acquistò un metro quadrato di terra per la tomba per far capire ai suoi montanari che lì investiva tutto se stesso – conclude –. Non conta dove sei o le opportunità che ti si offrono: ovunque tu sia, devi fare in modo di vivere in profondità la tua esperienza umana e professionale, investendo fino in fondo».       
Marta Bicego

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