Esodo, non solo carcere: i 10 anni di un grande progetto inclusivo
di Francesco Oliboni
Bilancio e prospettive dell’iniziativa promossa da 5 Diocesi del Veneto per recuperare i carcerati con misure alternative, formazione e lavoro
di Francesco Oliboni
Uno degli ambiti che sta sopportando un grave peso in questo periodo di crisi è il mondo carcerario. Sì, un mondo, sempre più a sé stante, dimenticato e che viene ricordato quasi esclusivamente per l’alto tasso di suicidi. Accanto ad esso ci sono altri mondi paralleli come quello del personale carcerario, degli ex detenuti, dei loro familiari. Se c’è una emergenza che riguarda tutto il Paese, queste categorie fanno parte anche loro di quanti meritano attenzione e qualche provvedimento di aiuto in più.
Se ne occupa da 10 anni la Fondazione Esodo Onlus con un progetto fondamentale nell’assistenza e nella promozione di persone che si trovano ad affrontare problematiche di vario genere con la giustizia, fuori e dentro il carcere, vivendo in situazioni di marginalità sociale. La Fondazione Esodo è nata per iniziativa dei Vescovi di Verona, Vicenza e Belluno-Feltre, a cui si sono successivamente aggiunte le Diocesi di Venezia e Vittorio Veneto, e ad essa aderiscono 23 enti del Terzo settore.
Sommando le persone raggiunte ogni anno, il numero complessivo dei destinatari di interventi di inclusione sociale e lavorativa è di 3.550 persone. I beneficiari sono nel 91% dei casi uomini e per il 9% donne; nel 47% dei casi si è trattato di italiani, per il 32% di persone provenienti da altri Paesi Ue e per il 21% da Paesi extra Ue. L’età media delle persone raggiunte è di circa 40 anni, sia per i maschi che per le femmine. Le azioni di accoglienza residenziale in totale sono state 965 per un ammontare di 132.421 giornate di presenza nelle residenzialità. I percorsi di formazione professionalizzante hanno coinvolto circa un migliaio di persone; 218 di queste hanno effettuato successivamente anche un percorso di inserimento lavorativo, al termine del quale ben 60 avevano un contratto di lavoro. Ancora maggiori i numeri riguardanti i percorsi di inserimento lavorativo, con quasi circa mille persone coinvolte, ma ben 245 di loro al termine del percorso di inserimento lavorativo avevano ottenuto almeno un contratto di lavoro.
“Sta ad ogni società fare in modo che la pena non comprometta il diritto alla speranza, che siano garantite prospettive di riconciliazione e di reinserimento”. Queste parole di papa Francesco servono a far capire quanto siano importanti percorsi di inclusione sociale e lavorativa per i detenuti.
Tre sono i cardini del progetto Esodo emersi durante un convegno svoltosi a Verona nel maggio scorso al quale hanno partecipato, oltre ai responsabili del Triveneto, il ministro per le Disabilità, Erika Stefani; il direttore generale Esecuzione penale esterna di messa alla prova del Ministero della Giustizia, Lucia Castellano; il presidente di Caritas italiana, mons. Carlo Maria Redaelli. Il primo è la rete, costituita dalle Caritas diocesane, dagli enti del Terzo settore partecipanti alla Fondazione e dalle istituzioni della Giustizia. Poi c’è l’accompagnamento delle persone, che significa stare al loro fianco in modo concreto durante l’esecuzione penale e nel primo periodo dopo il fine pena, con particolare attenzione al momento d’uscita dal carcere, che è la fase più delicata in termini di recidiva. Infine, l’agire con le persone: condividere assieme ai beneficiari proposte di attività, obiettivi e tempi in modo da lasciare loro lo spazio di decidere se aderire o meno.
In questo modo si cerca di favorire un maggior coinvolgimento nel percorso intrapreso e di stimolare un senso di responsabilità più pieno. Viene data particolare attenzione a chi è privo di risorse abitative proprie o familiari e precario nei mezzi economici; si punta su inserimenti lavorativi, formazione, inclusione sociale e, appunto, abitativa.
Gli obiettivi finali: offrire l’opportunità di acquisire competenze utili per un’autonomia di vita nel rispetto delle regole; ridurre il senso di solitudine e l’esclusione di chi termina di scontare una pena; far vivere esperienze che permettano di conoscere modi diversi di affrontare i problemi quotidiani e di stare in relazione con le altre persone; supportare e stimolare una progettualità di vita basata sui valori più profondi della persona.
Ecco le parole del presidente di Fondazione Esodo, nonché direttore di Caritas diocesana veronese, mons. Gino Zampieri: «In questi dieci anni la volontà e la possibilità di attivare una pronta compartecipazione tramite una rete solidale di sinergie e competenze, ci ha resi capaci di valorizzare le relazioni e i singoli progetti a favore delle persone detenute, ex detenute o in esecuzione penale esterna. Tale rete relazionale, che si è estesa negli ultimi anni alle Diocesi di Venezia e Vittorio Veneto, esprime e rappresenta il valore qualitativo principale della nostra Fondazione»
La Caritas, espressione dell’attenzione verso i poveri della Chiesa italiana, riesce a portare avanti questo e numerosi altri progetti grazie alla sua capacità di mettere in rete tantissimi attori che positivamente opera nel territorio, al sostegno economico di enti e fondazioni e, non dimentichiamolo, grazie anche ai fondi che arrivano dallo Stato tramite l’8 mille dei redditi delle persone fisiche destinato alla Chiesa cattolica.
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