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Da Foggia a Fieracavalli per aiutare gli ultimi con l’ippoterapia (e non solo)

di LUCA PASSARINI
La comunità Emmaus di don Vito Cecere in un territorio difficile 

Da Foggia a Fieracavalli per aiutare gli ultimi con l’ippoterapia (e non solo)

di LUCA PASSARINI
Tra i circa 160mila visitatori di Fieracavalli 2023, ce n’erano alcuni di particolarmente interessati e interessanti. Il gruppo della Cooperativa Emmaus di Foggia, guidato don Vito Cecere, per esempio, ha di fatto ripetuto due volte all’incirca 700 chilometri, tra andata e ritorno, su quattro ruote pur di essere a questo appuntamento, con motivazioni speciali. Racconta Eleonora Russo, studentessa di Medicina e volontaria dell’associazione: «Siamo venuti per la nostra passione per i cavalli, ma anche per ampliare i nostri orizzonti; in particolare l’intenzione è quella di entrare in contatto con diverse realtà presenti e portarne esperienza e modalità nel nostro contesto».
Continua Mario Scelsa, insegnante in pensione e istruttore ippico che mette insieme professionalità e modalità volontaria: «Nella nostra struttura abbiamo creato negli anni una fattoria didattica e un centro di allevamento di cavalli murgesi e qualche Haflinger, con i quali abbiamo dato avvio a una attività di ippoterapia che vorremmo incrementare. Per questo ci siamo dati appuntamento con realtà che già vivono questi percorsi, come l’Ospedale Santa Giuliana, con i cui operatori già ci siamo confrontati in questi mesi». Rincara don Vito: «Finora abbiamo fatto alcune attività di pet therapy con bambini diversamente abili con l’ausilio di cavalli e asini e altre attività equestri con i ragazzi della comunità di recupero adiacente e con giovani studenti. La grande fatica, però, è che nel nostro territorio tutto questo non è percepito come una vera terapia e stiamo lottando perché aprano i bandi». Il tutto dentro una grande cittadella del bene, nata nel 1978, nello spirito di don Bosco, alle porte di Foggia.
Rivela Eleonora: «In uno stesso luogo hanno la possibilità di condividere esperienze comuni richiedenti asilo, giovani con storie segnate dalla droga o dalla devianza, famiglie che desiderano respirare almeno per qualche ora l’aria della natura. Ci sono domeniche dove passano fino a 1.200 persone per visitare le nostre fattorie, con l’entusiasmo dei bambini più piccoli, la curiosità degli adolescenti, il desiderio dei genitori di portarsi a casa qualche caciotta, mozzarella o altri derivati dal latte che vengono prodotti in questa comunità». Sottolinea don Vito: «La nostra esperienza vuole essere un segno e una testimonianza che si può andare oltre ogni discorso e atteggiamento di emarginazione e diffidenza; gli altri e le loro storie non sono un problema, ma si aprono sempre delle nuove e belle occasioni. Da noi si assiste per esempio al fatto che ci siano giovani in percorso riabilitativo a dare un contributo al permettere l’incontro e la socialità, una sorta di giustizia riparativa per la quale chi ha fatto qualcosa contro la vita sociale, poi coglie l’occasione per restituire qualcosa di bello».
Condividendo insieme una visita agli equini (cavalli, pony, asini) o una passeggiata tra gli animali da cortile (galline, oche e quant’altro) ai ragazzi è offerto un modello alternativo di vita adulta e agli altri la possibilità di superare ogni pregiudizio, anche perché magari scoprono solo a fine giornata chi è il volontario, chi l’operatore, chi l’ospite. Aggiunge Mario Scelsa: «La possibilità di fare dei progetti con i cavalli offre notevole aiuto, in particolare perché porta a controllare meglio il proprio corpo e la propria mente. Già con la loro semplice presenza finora abbiamo avuto un ottimo riscontro, con la gioia per esempio di vedere uno di coloro che era stato in comunità da noi, ora tornare da uomo libero nella nostra fattoria e portare i due figli a vedere e coccolare i cavalli». Conclude don Vito: «Fin da quando ha preso l’avvio questa esperienza, il desiderio è sempre stato quello di portare da “io” a “noi”, con il coinvolgimento di tante persone, della Chiesa locale e di diverse realtà di questo territorio, pieno anche di fatiche. Lavorare ancor meglio con i cavalli arricchirebbe ulteriormente la nostra proposta». 

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