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Il volo acrobatico: una scuola di vita

di ERNESTO KIEFFER
Il veronese Andrea Pesenato è campione italiano e fra i primi dieci al mondo di questa disciplina

Il volo acrobatico: una scuola di vita

di ERNESTO KIEFFER
“Volare... oh oh... cantare, oh oh oh!”. Cantava così il grande Domenico Modugno nel 1958 con la sua Nel blu, dipinto di blu, forse il più celebre brano della storia della musica leggera italiana, perlomeno all’estero. Un inno alla leggerezza e alla vita, che probabilmente sono in molti a fischiettare, di tanto in tanto. Un motivo che ha tanti significati ma che di certo si adatta perfettamente alla vita e allo spirito d’avventura di Andrea Pesenato, il veronese classe 1975 che porta in alto (è proprio il caso di dirlo) i colori della nostra città in Italia e all’estero. È, infatti, da cinque anni consecutivi campione italiano di volo acrobatico in categoria avanzata e free style, ma anche a livello internazionale si destreggia più che bene fra i migliori atleti del mondo di queste particolari discipline. Una passione, la sua, nata da bambino e che con il tempo è diventata ben più di una professione. Forse una ragione di vita. Grazie anche alla personalissima ambizione di volersi migliorare, ogni giorno, sempre di più. 

– Pesenato, innanzitutto come nasce l’amore per questa disciplina? 
«Credo di averla sempre avuta dentro di me. Fin da piccolo mi hanno attratto gli aerei e la figura del pilota. All’epoca credevo che fosse l’essere umano più libero del mondo. Pensavo: chi vuoi che vada a dirgli qualcosa, lassù, nel cielo? Questa idea mi ha sempre accompagnato. Quella è stata la prima attrazione. Mio papà era appassionato, ma a parte questo non c’era nessun altro collegamento a livello familiare».
– Quale fu la prima esperienza con il volo? 
«La mia famiglia al tempo aveva qualche difficoltà economica e inizialmente non c’era spazio per me per questo genere di attività. Il giorno della mia Cresima, però, con le mance che avevo ricevuto in regalo, chiesi a mio papà di portarmi a fare un volo. Ricordo che andammo all’aeroporto di Legnago dove salii per la prima volta nella mia vita su un Cessna 172, lo stesso aereo che casualmente uso ancora oggi per i miei voli turistici e per rinnovare le licenze, essendo istruttore».
– Quale fu, però, il primo vero approccio alla disciplina? 
«Nel 2008 con un ultraleggero. Salii in quell’occasione sull’aereo insieme a un amico che aveva già ottenuto un attestato Vds e che mi accompagnò per il mio vero “battesimo nei cieli”. Appena sceso dal mezzo, ricordo, decisi di iscrivermi immediatamente alla scuola di volo. L’emozione era stata tanta che non volevo aspettare nemmeno un minuto. Poi, una volta intrapreso questo percorso, con il tempo sono passato rapidamente dall’ultraleggero all’aviazione generale, poi alle discipline acrobatiche fino ad arrivare all’elicottero. E nella mia evoluzione non ho ancora finito. Sono ancora in pieno sviluppo». 

– Il passaggio al volo acrobatico è stato naturale?
«Assolutamente. Nel 2011 partecipo al mio primo campionato italiano in categoria Intermedia e lo vinco. Per passare alla categoria successiva, però, bisognava avere un mezzo adeguato e purtroppo non potevo permettermelo.  Per sei anni, fino alla fine del 2017, ho messo da parte tutto quello che avevo e potevo. Grazie anche a un prestito bancario alla fine sono riuscito a comprarmi un Cap 231, che è un aereo che già all’epoca non voleva più nessuno perché nel frattempo sul mercato erano arrivati modelli molto più leggeri e performanti. Nel 2019, dopo otto anni di stop, decido quindi di ripartecipare al Campionato italiano di avanzata e, con grande sorpresa di tutti e pur con un mezzo che molti ritenevano obsoleto, sono riuscito a vincere di nuovo, così come nei quattro campionati successivi, fino al 2023. Di fatto ad ogni campionato a cui ho partecipato ho vinto, con l’abbinata avanzata e free style per cinque anni consecutivi».

– Questo le ha portato anche l’onorificenza da parte del Coni...
«Sì. Bellissima la cerimonia di consegna alla presenza anche del sindaco di Verona e delle autorità, in Sala Arazzi. Al momento, però, causa il ritardo dovuto allo stop imposto negli anni passati dal Covid, mi devono ancora consegnare quelle del 2022 e del 2023. L’anno scorso, con due anni di ritardo, sono arrivati a consegnarmi quella del 2021. Ma non c’è fretta». 

– Qual è il segreto del suo successo? 

«Ogni volo è per me come se fosse il primo. Credo sia questo il segreto che mi fa continuare con lo stesso impegno e costanza dei primi anni. Quando salgo su un aereo oggi sono felice esattamente come quando lo facevo quindici o venti anni fa. Pretendo sempre di più da me stesso e sono costantemente alla ricerca di precisione e perfezione. In una parola, del superamento dei miei limiti. Questo è l’aspetto che più mi piace dello sport che faccio perché mi permette di non accontentarmi mai e, di conseguenza, di non annoiarmi. Ogni volta si studia una manovra nuova, una acrobazia nuova, un nuovo modo di volare. Ho un mezzo che, come ho già detto, ha i suoi limiti, ma anche io li ho. Con i miei 49 anni sono quasi sempre il più anziano in gara e me la vedo con gente che si aggira fra i 22 e i 32 anni, massimo 35». 

– Essendo pluricampione italiano è lei il nostro alfiere della disciplina anche all’estero. Come se la cava con la concorrenza straniera? 
«A livello europeo e mondiale sono fra i primi dieci acrobati al mondo. Ma va detto anche che i primi quindici al mondo viaggiano con mezzi da 700mila euro o di più, mentre il mio, come dicevo, vale decisamente molto meno. L’aeronautica è un po’ come l’informatica: ogni anno si evolve molto velocemente». 

– Ha mai avuto paura?
«Si ha paura di ciò che non si conosce. Più tu ti formi in un determinato argomento, più ti alleni in quel determinato sport e meno paura hai, perché ne conosci le dinamiche, i rischi, le modalità di gestione di alcune situazioni. Il volo acrobatico è questo: tanta formazione e allenamento. Fino ad arrivare a quella famosa memoria muscolare che ti permette di fare quasi in automatico certe manovre. Certo, non posso negare di aver vissuto più di qualche situazione critica nella mia carriera, ma l’ho sempre gestita bene. Sicuramente in quei casi il battito del cuore è salito e le mie pupille si sono dilatate, ma a parte questo tutto è andato per il meglio».

– Lei è anche istruttore di volo. Cosa le piace di più dell’insegnamento? 
«Lo scambio continuo fra istruttore e allievo, il quale ha la possibilità di accorciare nettamente i tempi di apprendimento. Se io istruttore ci metto un anno a capire un dettaglio, per quanto piccolo, posso spiegarlo al mio allievo che così risparmia quel tempo che ho impiegato io. In questo modo può evolvere più rapidamente del suo insegnante. Ma molto dipende da lui e dalla sua capacità di accogliere. Un buonissimo risultato si ottiene grazie all’interazione fra i due, con una responsabilità che possiamo dire divisa in parti uguali, al 50%».

– Qual è il suo rapporto con i colleghi? 
«Vivo lo sport con grandissima correttezza. A volte ci possono essere delle delusioni, ma ho imparato a superarle con la passione per quello che faccio». 

– Cosa direbbe a un ragazzo che si avvicina alla disciplina per la prima volta? 
«Che se non hai costanza, perseveranza e pazienza l’acrobazia ti distrugge. Servono tanti mesi per vedere piccolissimi passi in avanti e impercettibili miglioramenti. Le variabili che compongono una manovra sono tantissime: la portanza, il peso, la densità dell’aria, il consumo di carburante, il vento e molto altro. Oggi siamo in pochi a svolgere questa attività perché abbiamo bisogno di fare sempre tutto subito e non abbiamo il tempo di aspettare i risultati. Questo, però, ti forgia come l’acciaio. Diventa un allenamento a non arrendersi e a continuare sempre. In fondo, come dice quella citatissima massima, non è importante quante volte cadi, ma quante volte ti rialzi. Ecco, in acrobazia ti capita di cadere, in senso metaforico, quattrocento volte all’anno. Un’esperienza che allena alla continua delusione, che poi è come nella vita, quando comincia a diventare, appunto, tale».

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