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Zevio. Mercati di piazza: «Così chiudiamo i banchi»

Zone colorate e umori neri: «Così chiudiamo i banchi» Divieti, difficoltà, mancati ristori per i venditori ambulanti

Parole chiave: Ambulanti (1), Mercati di piazza (1), Crisi (27), Covid-19 (89), Zevio (9)
Gli ambulanti al mercato domenicale di Zevio

All’aprirsi del nuovo anno riaprono anche i mercati rionali, ma permane il malcontento dei venditori ambulanti per le condizioni in cui sono costretti a lavorare. Tra i diversi Comuni che hanno acconsentito alla ripresa delle attività, vi è anche quello di Zevio. Si è approfittato della riapertura di una delle piazze locali più importanti per quanto riguarda il mercato, per sondare quali siano in questo momento le condizioni e gli umori dei posteggiatori.
Dopo una domenica – quella del 3 gennaio – di apertura consentita ai soli banchi di generi alimentari e beni di prima necessità, il giorno 10 gennaio piazza Santa Toscana è stata riaperta ad ambulanti e cittadini, in questo caso, essendo zona arancione, solo ai residenti e agli abitanti in paesi fino a 5mila abitanti. Si è trovata una piazza vuota, silenziosa, coperta dalle nuvole del tempo incerto di quella domenica, quasi a riprodurre l’umore dei commercianti, sempre più adirati per l’incertezza e la disorganizzazione con cui lo Stato, e i suoi rappresentanti, si sono presentati di fronte all’incedere della seconda ondata.
Una storia di malumore e di precarietà, quella che accomuna Nadia, Giordano, Davide, Claudio e altrettanti commercianti che, con le loro botteghe a quattro ruote, animano le piazze di Verona e provincia. Per tenere aperto, molti Comuni hanno imposto a ogni banco una spesa di 5 o più euro (8 euro a Zevio perché giorno festivo) che garantiranno la presenza di una squadra di sicurezza privata composta da volontari, con lo scopo di mantenere il distanziamento sociale e il rispetto delle regole anti-Covid.
«Il problema – ci spiega Giordano dal suo banco di abbigliamento da uomo – è che in giornate come queste, abbinate alla zona arancione che impone ai cittadini di non muoversi al di fuori del Comune di residenza, anche questi pochi euro pesano, vista l’affluenza irrisoria di clienti».
A esprimere il proprio disagio accorre anche Claudio, che ci tiene a far vedere il suo post su Facebook pubblicato sulla pagina “Diamo vita al commercio ambulante”. Nel post, Claudio condivide un articolo de La Stampa in cui si presentano i risultati di uno studio condotto dai ricercatori dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Cnr e di Arpa Lombardia, articolo che recita: “Covid, all’aperto è quasi impossibile il contagio anche se l’aria è inquinata”. Gli ambulanti giunti a esprimerci la loro testimonianza convengono con l’articolo sopracitato e si chiedono: «Perché si applicano due pesi e due misure? Perché è consentito andare a fare la spesa nei supermercati della grande distribuzione che non vendono solamente prodotti alimentari, andando incontro al rischio di contagio ben più elevato per i luoghi chiusi e non arieggiati, quando qui invece ci si può tranquillamente muovere all’aria aperta, mantenendo il rispetto del distanziamento sociale?».
Le perplessità non si fermano qui. Nadia sposta l’attenzione su come – ma non è il caso di Zevio – in diverse località della provincia manchino i servizi igienici, talvolta sostituiti da bagni chimici che, è il caso di dirlo, nella situazione attuale si stenta giustamente a frequentare. «Normalmente – spiega – ci è comodo entrare in un bar per scaldarci un istante, bere un caffè e cogliere l’occasione per approfittare dei servizi igienici; ma in questo contesto di pandemia e di zone gialle, arancioni e rosse, molte se non tutte le attività di ristoro sono chiuse. Ci troviamo quindi costretti a risolvere i nostri problemi… fisiologici una volta rincasati: cosa penosa se stai fuori casa diverse ore. Non molto tempo fa mi è capitato di chiedere a mio marito di smontare il banco e tornare a casa perché tra il freddo e la mancanza di servizi, non sarei riuscita a reggere fino alla chiusura».
Il disagio continua anche e soprattutto a livello economico perché, spiega Davide, «essendoci per noi anche la possibilità di precariato (la possibilità cioè di recarsi presso la piazza in cui si tiene un mercato e, una volta che i titolari del posteggio sono tutti posizionati, richiedere di occupare uno spiazzo che quel giorno uno dei titolari ha lasciato libero, ndr), veniamo considerati come un’attività che non è stata obbligata alla chiusura dalle normative nazionali e che quindi può continuare a svolgere la propria attività; di conseguenza, ci viene sottratto anche il diritto di poter accedere ai ristori che invece sono previsti per i colleghi che hanno un’attività analoga alla nostra, ma all’interno delle mura di un negozio».
Ad aggiungersi a questa serie di problemi, non si sa ancora se a livello nazionale il Governo sconterà agli ambulanti l’imposta annuale del posteggio per poter svolgere regolarmente la loro attività, cosa che dovrebbe avvenire nelle prossime settimane, ma di cui ancora non si ha certezza.
Quel che è certo, infine, è che uno dei lavori più antichi e più legati alla nostra tradizione, anche e non solo in una piazza storica e importante come quella di Zevio, si sta gradualmente indebolendo, incalzato da una pandemia che non vuol mollare e una situazione di aperture-chiusure quasi da manicomio. Già per quanto riguarda Zevio, non tanto per l’operato della Giunta comunale quanto per la situazione generale in cui questa pandemia costringe tutto il mondo del lavoro, alcune attività storiche si sono viste costrette a lasciare definitivamente quel posteggio che hanno occupato per anni con il loro banco. L’augurio è che quel cielo plumbeo di domenica 10 gennaio che alimentava un’atmosfera di per sé grigia, non diventi una condizione irreversibile anche in questo 2021 che, contro ogni pronostico o desiderio, non è cominciato come tutti speravamo. 

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