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Almerino fa 90 e dal 1949 fa parte della banda

di FABIO TOMELLERI
Quella cittadina è ancor oggi la sua vita 

Almerino fa 90 e dal 1949 fa parte della banda

di FABIO TOMELLERI
Novant’anni e tre quarti di secolo passati a suonare nella banda di Bovolone. Almerino Zanchettin da poco ha tagliato il traguardo delle 90 primavere, anzi estati, essendo nato il 18 settembre. Suonatore di flicorno soprano, uno strumento che i più confondono con la tromba, Zanchettin è il decano dei componenti del corpo bandistico cittadino, che conta oltre una trentina di elementi ed è attivo dal 1878. 
E proprio gli amici bandisti, lo scorso settembre, si sono ritrovati per far festa a colui che per tanti anni ha presieduto il sodalizio, ricoprendo tuttora la carica di presidente onorario, appositamente istituita per lui. All’anniversario bandistico, lo scorso ottobre, per Almerino si è aggiunta pure la ricorrenza dei 60 anni di matrimonio, festeggiati con la moglie Anna e con il figlio Gianfranco che, seguendo le orme del papà, non solo suona nella banda, ma la dirige pure come maestro. 
Al decano dei bandisti bovolonesi non pesano i suoi novant’anni, tanto che partecipa regolarmente alle prove le quali, ogni martedì, si tengono nella sede dell’associazione, in via Cappa, accanto alle scuole elementari cittadine. La storia stessa di Zanchettin, raccolta e messa in versi vernacolari dai concittadini Marika Spezzoni e Fausto Bazzani, è un concentrato della stessa storia di Bovolone.
Come molte famiglie della zona, anche quella di Almerino aveva iniziato lavorando la terra. Assieme ai fratelli, quindi, Zanchettin aprì un mobilificio, che ha cessato di esistere da vari anni, il quale contribuì negli anni a garantire a Bovolone e all’intera zona la fama di “culla del mobile d’arte”, assieme ad altre centinaia di laboratori, piccoli o grandi che fossero, spuntati come funghi dopo la fine della Seconda Guerra mondiale e caratterizzanti il “boom economico” di quest’angolo della provincia scaligera. 
«La musica – racconta Zanchettin – ha sempre fatto parte della mia vita. Ricordo ancora, nel 1949, l’allora maestro del corpo bandistico Italo Cappa, che organizzò nel teatro comunale di via Garibaldi (oggi non più esistente) una serata per ricostituire la banda cittadina dopo il conflitto mondiale. Io vi aderii subito ed entusiasticamente. I miei insegnanti di musica furono lo stesso Cappa ed Eugenio Passilongo. Scelsi come strumento il flicorno soprano, e da allora non l’ho mai abbandonato». 
Zanchettin dovette, ancora giovanissimo, affrontare le sfide della vita. Nel marzo del 1955 il padre Gottardo, assieme ad un amico, morì in un incidente motociclistico all’età di 50 anni. Allora fatti del genere erano ancora una rarità per un territorio che nel giro di qualche anno avrebbe conosciuto il fenomeno della motorizzazione di massa. Ai funerali di Gottardo Zanchettin vi fu la partecipazione di tutta Bovolone. Almerino, essendo il più vecchio dei fratelli, assunse di fatto il ruolo di capofamiglia, dando una mano alla madre Maria Rossignoli a mandare avanti il nucleo. 
Ben presto il bandista e i fratelli furono protagonisti, come molti giovani di allora, dell’età dell’oro dell’artigianato del mobile. A partire dal 1959, si dedicarono quindi alla fabbricazione di mobili, attività che la famiglia Zanchettin ha seguito fino ai primi anni Duemila.
Tornando alla storia “musicale” di Almerino, egli stesso, nelle sue memorie trasformate in poesia da Spezzoni e Bazzani, riferisce: «Il mio primo maestro bandistico, Italo Cappa, era fratello di Franco Cappa, aviatore di Bovolone morto in guerra nel 1941 e decorato alla memoria con la medaglia d’oro al valor militare. Dopo Cappa ci furono tante altre figure che diressero il corpo bandistico cittadino. Tra queste ricordo i maestri Visentini, Rossetti, Migliorini e pure una donna, Luisa Puttini, fino ad arrivare all’attuale direttore, che è mio figlio Gianfranco». 
Tra i ricordi della banda del dopoguerra, riaffiora nella mente di Almerino la storica impresa compiuta dai componenti del gruppo musicale bovolonese nel luglio 1953. «All’epoca – riferisce divertito Zanchettin – il maestro Sessa era a capo dei bersaglieri bovolonesi. A Peschiera fu organizzata una gara tra fanfare di questo corpo dell’esercito. Lo stesso Sessa ci fece partecipare come banda dei bersaglieri, tanto che come gruppo di Bovolone vincemmo il primo premio». 
Con il passare degli anni Zanchettin si è adoperato in mille maniere per il corpo bandistico bovolonese. Tanto che la sede attuale dell’associazione è stata tirata su un trentennio fa con il lavoro volontario e il sudore di Almerino e da altri bandisti, trasformatisi per l’occasione in muratori. 
Il suonatore di flicorno ricorda pure qualche aneddoto riguardante le prime trasferte bandistiche del dopoguerra: «Allora non c’erano tante auto come oggi, né bus né pulmini. Per spostarci come banda, nelle trasferte, utilizzavamo un camion. Le strade, poi, erano quasi tutte prive di asfalto, molto sporche e polverose. Ricordo una volta in cui fummo chiamati a suonare a Nogara per una festa importante. La via era sterrata, lunga diversi chilometri e in condizioni disastrose. Quando arrivammo a destinazione eravamo ricoperti di polvere da capo a piedi».

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