Santa Maria della Pace. L'ingresso del nuovo parroco

di SILVIA ALLEGRI

«Di fianco al battistero avrete notato un badile e l’annaffiatoio. Ma vi assicuriamo che non è stata una dimenticanza: il badile lo diamo a don Franco, l’annaffiatoio a don Joseph». Si è conclusa con un sorriso e un piccolo mistero, svelato a fine celebrazione, l’appuntamento con i fedeli che ha visto don Franco Piccinini e don Joseph Varghese Thoombunkal protagonisti di un gesto intenso e indimenticabile, domenica scorsa. Si è svolto infatti la sera del 23 aprile l’ingresso ufficiale di don Joseph nella sua nuova veste di parroco della parrocchia di Santa Maria della Pace presso il santuario di Madonna di Campagna, vero e proprio scrigno di storia e magnifiche opere d’arte, alla presenza del Vicario generale della diocesi monsignor Roberto Campostrini e del vicario foraneo don Carlo Dalla Verde, insieme ai presbiteri dell’unità pastorale San Michele. Dopo 15 anni di servizio, dunque, don Franco si prepara alla pensione, lasciando la comunità nelle mani di don Joseph, originario del Kerala, in India, che dal 2011 ha prestato servizio come vicario parrocchiale e ha quindi un legame già profondo con il territorio e i suoi fedeli, in particolare i giovani. A legare entrambi, così come gli altri loro predecessori, l’appartenenza alla Congregazione Sacerdotale di San Giovanni Battista Precursore, a cui la parrocchia è affidata da ben 53 anni, con l’arrivo, nel lontano 1970, di don Ezio Benedetti. Oggi, ad attendere don Joseph ci sono obiettivi importanti, come quello di rafforzare ulteriormente una comunità numerosa, composta da fedeli di diverse etnie, e che lo vedrà ancora impegnato, come in passato, in particolar modo con i più giovani. Ma torniamo alla sorpresa da svelare: al termine della celebrazione nel santuario gremito più che mai di fedeli e di tanti amici visibilmente emozionati, don Franco e don Joseph si sono trasferiti nel parco, badile e annaffiatoio alla mano, per un gesto di grande impatto: la messa a dimora di un giovane albero, un tiglio. «L’albero è simbolo di ricchezza e prosperità, ma anche di apertura a una nuova vita e a un nuovo inizio», ha sottolineato Giovanni Tonolli, parrocchiano coinvolto insieme a tanti altri fedeli nella grande festa, durante l’operazione di piantumazione nel parco che fiancheggia il santuario al termine del rito. «Piantare un albero è una metafora della vita: l’albero, che cresce, che affonda le radici nel terreno, che porta le sue chiome verso il cielo, che cambia forma e colore nelle stagioni, è anche simbolo di forza e adattamento. Si rinnova e rivive ininterrottamente, alimentandosi dalla fonte sacra della Terra. Ci insegna il coraggio e l’importanza della lotta per affrontare la vita e per tutelare l’ambiente e l’aria che respiriamo». La festa della scorsa domenica è quindi terminata, con “l’albero dei parroci”, come è stato ribattezzato il giovane tiglio, pronto a crescere vicino al santuario, e un bel rinfresco organizzato nelle sale parrocchiali. «Dopo la mia ordinazione non avevo mai vissuto un momento così emozionante», ha confessato don Joseph Varghese Thoombunkal al termine della celebrazione. E il cammino continua, adesso, mentre l’albero si è già trasformato in un esempio vivente di come la comunità religiosa e quella civile possano collaborare per una vita migliore nel territorio a loro affidato. Così dai fedeli è arrivato l’augurio più sentito: “A tutti noi, ora, il compito di curare e alimentare questo albero, finché non attecchisce bene”. Aspettando che le radici siano forti e ben salde a terra, come i legami profondi che legano gli esseri umani.