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“Il sentiero si fa camminando”

di FRANCESCA SAGLIMBENI
Durante la Messa di ingresso a San Giacomo Maggiore, il nuovo parroco don Mirandola cita il poeta spagnolo Machado

“Il sentiero si fa camminando”

di FRANCESCA SAGLIMBENI

Come una festa tra popoli. O meglio, una comunione di popoli. Così è stata vissuta la celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo Domenico Pompili nella chiesa di San Giacomo Maggiore, per l’ingresso del nuovo parroco don Giuseppe Mirandola, direttore del Centro pastorale immigrati dal 2008 e del Centro missionario diocesano dal 2014. Ordinato prete nel 1985, missionario in Kenya e già parroco a San Martino Buon Albergo, don Mirandola, 63 anni, ha raccolto il testimone dal settantaseienne don Severino Menegolo, tra canti di giubilo e balli animati ora dalla corale parrocchiale ora dall’ensemble della comunità africana anglofona, che negli anni ha fatto di San Giacomo anche la “propria chiesa”.
Qui, infatti, una delle liturgie domenicali è celebrata in lingua inglese, dal cappellano alla guida dei fedeli di nazionalità nigeriana (ma non solo), provenienti anche da fuori Verona. Un’accoglienza calda e unanime quella rivolta a don Giuseppe, il quale ha assunto l’incarico affiancato dal nuovo collaboratore parrocchiale padre Arturo Bonandi, comboniano di origine bresciana che succede all’inossidabile don Flavio Tosi.
Parola chiave della giornata: la sapienza. La quale, a differenza della cultura, «ha a che fare con la capacità di vivere facendosi delle domande», ha sottolineato Pompili nell’omelia a commento del Vangelo secondo Matteo. «La sapienza è quella della gente inquieta, che vuole sempre cercare di capire. È “l’intelligenza naturale”, la capacità di saper leggere tra le righe e saper ogni volta vivere l’attimo presente anziché chiusi in una bolla, da persone sveglie. In tal senso, la vostra si è sempre rivelata una comunità sveglia, perché ha dimostrato di saper passare attraverso i cambiamenti sociali e culturali, non come se ciò non la riguardasse, ma con occhi aperti. Anche nelle difficoltà». E quindi di saper “camminare” tutti assieme, per riprendere l’immagine suggerita da don Giuseppe Mirandola: “Viandante, non esiste il sentiero, il sentiero si fa camminando”, recitano i versi dello spagnolo Antonio Machado, dedicati all’assemblea dal nuovo parroco, per dire che «al di là delle aspettative di ognuno, solo camminando insieme vedremo cosa è opportuno fare, cosa saremo in grado di fare. Il sentiero che, considerando la nostra storia, saremo in grado di percorrere come comunità».
Un po’ di storia
Quella di San Giacomo Maggiore è una comunità nata, più che all’ombra del campanile, all’ombra di case e palazzoni dell’edilizia popolare. Via via popolatasi di famiglie immigrate, che incrementando le fila delle “marginalità” preesistenti hanno reso questo spicchio di territorio sempre più multisfaccettato e disseminato di criticità, ma al contempo ricettivo dinanzi a nuove sfide da convertire in azioni e reti di supporto sia all’integrazione che alla vivibilità del quartiere. La parrocchia trasse il proprio territorio dallo smembramento della parrocchia di Tomba Extra e venne eretta canonicamente il 25 luglio 1977. Grazie all’opera di don Antonio Facci, all’interessamento dell’amministrazione pubblica e di alcuni uomini e donne di buona volontà, si creò il primo nucleo di abitazioni, recuperate da edifici preesistenti. La nuova chiesa, costruita su progetto dell’architetto Luciano Raineri, venne edificata tra il 1985 e 1986, inaugurata e benedetta nel maggio 1986, e consacrata nel maggio 1995, quando sotto l’altare maggiore vennero poste le reliquie di sant’Antonio di Padova, santa Teresa del Bambin Gesù e san Giacomo di Compostela.
Molteplici potenzialità
«Siamo una parrocchia piccola – dice il coordinatore del Consiglio pastorale Michele Adami – ma gli spazi non mancano». Oltre ad alcune aree verdi, la chiesa dispone infatti di locali quali un ampio salone polifunzionale e una palestra, che per essere pienamente agibili e fruibili avrebbero tuttavia bisogno di un piano di ristrutturazione. «Per il momento sono attive una scuola di italiano per stranieri, il catechismo per i ragazzi e il servizio della San Vincenzo dedicato ai poveri. Ma ci sono ancora tante potenzialità da sfruttare». 

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