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"Una vita da prete": storie in comune in quel di Rosaro

di LUCA PASSARINI

Vi raccontiamo la storia di mons. Luigi Verzè e mons. Ottavio Todeschini

Parole chiave: Parrocchie (64), Preti (22), Vita consacrata (2), Storie (23), Chiesa (180)
"Una vita da prete": storie in comune in quel di Rosaro

di LUCA PASSARINI

I 75 anni di età determinano, nella vita di un prete, la rinuncia agli incarichi e il “pensionamento”, che non vuol certo dire smettere di essere sacerdote. Ma è un tempo di bilanci, soprattutto per questa generazione che fu la più corposa della Chiesa veronese del Dopoguerra. Sul giornale cartaceo, ogni due settimane raccontiamo le storie di questi preti

«Ci è parso che il modo migliore per vivere la tappa conclusiva di questa vita terrena, fosse quello di formare una piccola comunità nella quale sentirci vivi, oranti, accoglienti e servizievoli».
Così ci presentano il loro presente mons. Luigi Verzè (79 anni) e mons. Ottavio Todeschini (75). Preti della Diocesi di Verona, ordinati rispettivamente nel 1964 e 1970, dopo aver condiviso alcune esperienze di ministero e una profonda fraternità, vivono ora la comunità presbiterale “L’Ascensione” nella canonica di Rosaro.
Nel periodo di formazione in Seminario, i loro cammini non si sono incrociati, anche se alcune intuizioni e speranze già li accomunavano. Don Ottavio ci racconta: «Da seminarista ho respirato l’idea del prete del Concilio Vaticano II, ovvero discepolo del Signore e attento alle necessità della Chiesa universale dove i poveri erano messi al primo posto e l’attenzione e il servizio alle Chiese era una possibilità, nell’ottica delle prime esperienze fidei donum. Pensavo che il ministero dovesse essere aperto al servizio di tutta la Chiesa».
Don Luigi aggiunge: «Io ero in formazione a San Massimo proprio negli anni del Concilio e dell’inizio del Seminario dell’America Latina, con i vescovi di quella Chiesa che, numerosi e giovani, venivano a salutarci e a chiederci di andare in missione là. A differenza di qualche mio compagno, ho preferito continuare nel Seminario vescovile, pensando che sarebbe stato necessario per me prima fare qualche anno di ministero a Verona, anche per vedere se resistevo all’impatto».
Dopo l’ordinazione Todeschini fu inviato come vicario parrocchiale prima a Tregnago (1970-1973) e poi a Castel d’Azzano (1973-1976): «Sono stati anni di ministero belli, pieni di entusiasmo, con una forte fraternità tra preti e con folle di persone. Ricordo in particolare la Messa del mercoledì sera nella chiesa di sant’Egidio a Tregnago, con 250 giovani. Sentivo comunque il richiamo a un servizio oltre le parrocchie e mi affidai al discernimento del vescovo Giuseppe Carraro, se affiancarmi a don Francesco Cipriani che aveva da poco cominciato la pastorale con i Rom e Sinti o essere inviato in America Latina. Mi indicò questa seconda e al di là delle sue motivazioni, io l’ho vista come una chiamata del Signore».
Don Ottavio partì nel 1976 per l’Uruguay, dove da 6 anni era già fidei donum don Luigi che ricorda: «Ci sono arrivato dopo 4 anni di vicario a Casaleone e un anno nella diocesi tedesca di Essen. Questo voleva essere un tentativo nuovo del vescovo Carraro per la pastorale operaia nella zona più industrializzata d’Europa. Partii con don Francesco Dal Dosso, accompagnati da don Bernardo Antonini che sfruttò il viaggio in 600 e un paio di giorni là per insegnarci le prime parole di tedesco. L’esperienza fu travagliata per vari motivi e maturò dopo poco la decisione di tornare, ma per me è stata fondamentale per relativizzare alcune cose e per avere forza in situazioni anche di tensione».
Dopo un anno di passaggio a Santa Maria Regina, per aprire la spartizione con la parrocchia di Spirito Santo, ecco la preparazione per partire per l’Uruguay insieme a don Zeno Carazzolo: «Durante il corso presso il Seminario dell’America Latina, ad un certo punto sono andato dal rettore don Fernando Pavanello a dirgli che non me la sentivo più: lui mi disse che allora potevo partire, dato che erano state fatte fuori aspettative ingenue e motivazioni fasulle».
Partiti in nave, dopo un paio d’anni ecco profilarsi la dittatura militare: «Fu terribile, con la sospensione dei diritti civili e il sentirsi in balia degli altri. La Chiesa locale fu forte, condannando certe posizioni». Molti ne fecero le spese e lo stesso don Luigi subì alcuni giorni di arresto a causa di un articolo apparso sulla rivista della parrocchia: «Fui liberato grazie a don Zeno, che riuscì ad andare in Argentina per avvisare Verona e al vescovo Carraro che subito corse, a Roma presso la Farnesina e il Vaticano. I militari, viste arrivare due misure di reiterazione, mi liberarono in breve tempo, ma mi costrinsero a stare distante dalla Diocesi in cui prima operavo».
In questo contesto è iniziata la vicinanza e la fraternità con don Ottavio che così la racconta: «Facevo anche 200 chilometri la domenica sera per passare il lunedì con gli altri preti e questo ha reso l’esperienza unica, insieme alle relazioni con il clero locale e la gente. I sedici anni passati là hanno avuto tre dimensioni particolari: con le comunità rurali, come rettore del Seminario interdiocesano e varie occasioni a livello spirituale. In particolare è stato da lì che ho iniziato a prendermi ogni 10 anni un mese di deserto totale, in cui autogestirmi in tutto».
Il ritorno ha voluto dire per entrambi una breve esperienza in parrocchia, per don Luigi a Concamarise (1985-1986) e per don Ottavio a San Paolo fuori le mura (1992-1997) e poi l’incarico di direttore del Centro missionario diocesano, per il primo dal 1986 al 1997 a cui succedette il secondo dal 1997 al 2007, che ci dice: «È stata una bella esperienza, a contatto con i missionari e a mantenere le relazioni con i loro famigliari qui». Il vescovo Zenti lo nominò successivamente parroco a Cadidavid: «Sono stati 14 anni molto significativi dal punto di vista parrocchiale, facendo esperienza che la vita di un prete si riempie con la pastorale, la cura delle persone, la fraternità con i preti, i tempi di preghiera e di serenità».
Nel frattempo don Luigi ha vissuto il ministero di parroco di Santa Maria Immacolata (1997-2004), pro-vicario generale e rettore del Seminario vescovile (2004-2008), parroco di Soave, Fittà, Castelcerino e Castelletto fino alle dimissioni nel 2015 per il raggiungimento dei 75 anni: «Non mi sarei mai aspettato che la vita da prete mi avrebbe riservato così tanto, con incarichi che mi sono sembrati tante volte più grandi di me, ma che ho portato avanti grazie soprattutto a validi collaboratori. Non da ultimo, anche gli ultimi 6 anni vissuti al santuario della Bassanella».
Con il compimento dei 75 anni anche da parte di don Ottavio, ecco la possibilità di realizzare un progetto già nel cuore da tempo. Ci spiega don Luigi: «Abbiamo continuato a rimanere uniti tra noi due, prendendoci delle mattine di spiritualità all’Eremo di San Giorgio sulla Rocca del Garda. Con la guida di dom Franco Mosconi e l’appoggio del vescovo Zenti abbiamo ora mosso i primi passi di questa comunità presbiterale, alla quale si aggiungerà don Zeno Carazzolo al ritorno dalla missione in Uruguay. Vivendo insieme, diventa più facile la condivisione, l’accoglienza, sperimentare le difficoltà e la bellezza della fraternità, che non è mai scontata ma va continuamente purificata. La considero una nuova chiamata, con la possibilità di condividere il mistero di Dio, il come si rivela e come fa a salvare questa umanità».
Conclude don Ottavio: «Siamo consapevoli di essere in cammino verso l’incontro con Dio e non vogliamo che il tema della morte sia un tabù anche per noi ma parte della nostra vita; non l’ultima cosa, ma un ponte, un passaggio a cui ci prepariamo stando alla sua presenza». 

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