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“Diamoci una mano”: la Caritas rilancia la carità

Torna l'iniziativa solidale "Adotta uno scaffale". Per una Pasqua che non dimentica chi è in difficoltà

Parole chiave: Empori della solidarietà (3), Caritas (60), Pasqua (37), Carità (75), Solidarietà (68)
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La Pasqua è alle porte e la Caritas diocesana veronese rilancia la campagna “Diamoci una mano” per il sostegno degli empori della solidarietà che, nei prossimi mesi, saluteranno le nuove aperture in città e in provincia.

Perché il tempo forte di Pasqua possa essere vissuto in serenità dalle tante famiglie in difficoltà, la Caritas invita i veronesi ad un gesto di generosità e di carità per le molte famiglie che contano sull’aiuto di quanti sono disponibili a condividere quanto possono. Anche papa Francesco ha esortato i cristiani a condividere risorse e relazioni con i più poveri, con l’intento di mettere in guardia le comunità cristiane sul dilagare di falsi profeti che, approfittando di eventi dolorosi, ingannano molti, fino a spegnere nei cuori la carità, centro di tutto il Vangelo.

La fiamma della carità non può spegnersi nel cuore dei cristiani, come il senso di giustizia, che sono armi di pace contro gli squilibri mondiali. Quindi l’invito da parte del Papa a praticare la carità come antidoto alle iniquità, all'ingiustizia, all'allontanamento del povero.

Con la campagna “Diamoci una mano – Adotta uno scaffale”, Caritas veronese pone all’attenzione delle comunità le difficoltà non solo economiche e alimentari di molti nostri concittadini, ma anche relazionali, culturali. È per questo che gli empori della solidarietà sono diventati uno spazio polifunzionale in cui aiuto alimentare, ascolto, formazione e socialità puntano a mettere in connessione la comunità al fine di “stare accanto” a chi è più debole, includendolo attraverso l’attenzione, la presenza, valorizzandone le risorse e i talenti.

«L’intervento – spiega mons. Giuliano Ceschi, direttore di Caritas diocesana – è indirizzato ad aiutare i nuclei familiari ad uscire dalle difficoltà e autodeterminare strategie che li aiutino a superare la condizione di deprivazione in cui si trovano, investendo sulle proprie potenzialità. La relazione di aiuto è impostata a partire da ciò che i nuclei aiutati possono dare (oltre che ricevere) sostenendone le capacità. La presa in carico, infatti, è finalizzata al raggiungimento di una maggiore autonomia da parte delle famiglie/utente attraverso il riconoscimento delle capacità generatrici di risorse che in essa esistono. Anche per incentivare il percorso di autodeterminazione delle persone aiutate – continua mons. Ceschi – lo spazio degli empori diventa luogo di formazione e informazione per un nuovo stile di vita».

Quindi, se in linea generale, il modello emporio della solidarietà punta ad evitare il proliferare di molteplici luoghi di distribuzione alimentare, razionalizzando il sistema con l’obiettivo di liberare risorse da impiegare nei percorsi di accompagnamento delle famiglie, il modello si amplia con offerte formative per tutta la comunità. La Rete degli empori da un paio d’anni ha avviato uno specifico lavoro di sensibilizzazione di gruppi parrocchiali e caritativi attivi nella distribuzione alimentare, con la prospettiva di coinvolgerli nei mini-market solidali. Un impegno di sensibilizzazione che è forte anche sul fronte delle scuole e dei gruppi catechistici. 

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