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Suor Crivellari: «In Georgia per servire, non per convertire»

di PAOLO ANNECHINI

Le Piccole Figlie di San Giuseppe da 25 anni operano nel Paese caucasico

Parole chiave: Georgia (1), Caucaso (1)
Suor Crivellari: «In Georgia per servire, non per convertire»

di PAOLO ANNECHINI

Le Piccole Figlie di San Giuseppe festeggiano 25 anni di presenza in Georgia, il piccolo Paese del Caucaso frontiera di culture, tradizioni, fedi. Abbiamo sentito le protagoniste di questa avventura, che hanno raggiunto Kutaisi 25 anni fa e ancora sono là: suor Annamaria Crivellari e suor Loredana Monetti. Suor Crivellari, originaria di Padova, compirà 70 anni lunedì 29 novembre, ha professato i voti religiosi nel 1975 ed è in Georgia dal 1996.

– Suor Annamaria, cosa si sente di dire dopo 25 anni?
«Dopo 25 anni dal nostro arrivo in Georgia, dico semplicemente grazie! Grazie al Signore per questa chiamata che non aspettavo ma che è arrivata con grande gioia da parte mia. La mia vocazione ha trovato incarnazione in questo bel Paese, in questo bel popolo che ha radici profonde e una storia grande. Un piccolo popolo che ha una forte esperienza anche di lotte e di martirio. Siamo state chiamate in questa realtà come Piccole Figlie di San Giuseppe, e qui posso dire che troviamo il modo di esplicitare il carisma del nostro fondatore, il beato Giuseppe Baldo. Lui era un prete non per sé ma per gli altri, e voleva che le sue suore vivessero in semplicità e in atteggiamento di compassione. In Georgia troviamo un ambito molto positivo per noi: il nostro compito non è di convertire ma di servire, e con questo atteggiamento si sono aperte diverse possibilità di servizio».

– Quali?
«Siamo a disposizione per il servizio della fede nelle comunità, diamo attenzione a chi incontriamo, a chi abbiamo vicino… e anche lontano. Siamo impegnate nelle varie comunità cattoliche nella parte occidentale della Georgia, che va da Kutaisi al mare, Batumi. Abbiamo compiti nell’educazione e nella formazione delle persone che ruotano attorno alle nostre attività a Kutaisi.

– Lei, suor Annamaria, di cosa si occupa in modo particolare?
«Mi occupo della famiglia e della donna. La famiglia intesa come nucleo: papà, mamma e bambini. Con l’associazione Iner Georgia offriamo servizi a favore della vita dal concepimento fino a tre anni e più avanti se ce n’è bisogno. Impegnarsi per la famiglia in Georgia significa affrontare le sfide di oggi, la povertà, la situazione precaria nella quale vivono molte persone, e poi la situazione politica in continua evoluzione, la disoccupazione che è un altro grosso problema. Cerchiamo di accompagnare la gente in queste sofferenze. Nostro compito è dare speranza, lenire le ferite, stare vicino, fare tutto quello che possiamo». 

– E la visita alle comunità, cosa vi riserva?
«Nelle comunità la visita è spesso accompagnata dalla gioia. È un giorno atteso perché con noi viene un sacerdote stimmatino, si celebra la Messa e prima si fa una comunicazione dei fatti avvenuti nel frattempo, dall’ultimo incontro vissuto assieme. C’è attesa: la visita è preparata sia da parte nostra che andiamo, sia da parte della comunità che accoglie. È l’incontro con Dio nell’Eucaristia a fare la differenza, e poi certamente il contatto fraterno che si instaura».

– Un suo impegno particolare consiste nel seguire le famiglie...
«Io come religiosa vado a Dio direttamente attraverso la preghiera, la vita comunitaria, la mia vita di consacrazione. E con Dio vado ai fratelli. Invece nella famiglia marito, moglie e figli si trovano tra di loro e Dio è presente in loro. Dalla loro unione possono trovare Dio. Queste due direzioni – il mio trovare Dio e andare ai fratelli e il loro trovare i fratelli e andare a Dio – si compenetrano e si alimentano a vicenda nelle due vocazioni. È un modo bello per me di vivere la mia vita religiosa e spero che lo sia anche per le famiglie, che incontrano la vita religiosa in maniera diversa».
– Com’è la situazione della donna in Georgia?
«Le ragazze in Giorgia tra i 18 e i 23 anni si sposano e hanno figli. A volte la loro esistenza è un po’ sacrificata in questi binari di vita; una giovane dovrebbe vivere più a lungo la sua giovinezza e scegliere come potersi realizzare. Per la tradizione georgiana la donna è sposa e madre e le ragazze sono succubi di questa tradizione. Attraverso l’educazione e la formazione delle giovani (che è parte del nostro impegno) aiutiamo le ragazze a capire che devono sentirsi più libere di scegliersi il loro futuro. In Georgia si brinda spesso, durante i pranzi, per le donne: il brindisi vero si ha quando si rispetta la dignità delle donne in tutte le sue forme, dando l’opportunità di vivere anche una vocazione diversa che non sia quella del matrimonio». 

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