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A Corbiolo realizzato un progetto di accoglienza per persone con disabilità dall’Ucraina

di MARTA BICEGO

La Piccola Fraternità della Lessinia ospita quattro giovani disabili ucraine accompagnate dalle mamme e da una nonna

A Corbiolo realizzato un progetto di accoglienza per persone con disabilità dall’Ucraina

di MARTA BICEGO

La mano tesa della Piccola Fraternità della Lessinia ha raggiunto l’Ucraina. Gesto che si è trasformato in un affettuoso abbraccio da parte dell’associazione nata a Corbiolo nel 1985 come risposta all’appello dell’allora vescovo di Verona, mons. Giuseppe Amari, il quale esortava i giovani della Lessinia a prestare attenzione e a rendersi sensibili ai vissuti delle persone disabili del paese. Con il passare del tempo, il filo rosso dell’altruismo e della cura delle fragilità ha permesso alla “Piccola” realtà, nella quale però batte un cuore grande, di intessere numerose trame. Arrivando ad allungare la sua mano, appunto, dalla Lessinia centrale anche al di fuori della montagna veronese.

Proprio nel solco di questa generosità, che non conosce confini né si ferma davanti alla guerra, la struttura con sede in via don Antonio Squaranti, nella frazione di Bosco Chiesanuova, accoglie da qualche settimana quattro giovani disabili accompagnate dalle mamme e da una nonna. «Il loro arrivo in Lessinia è frutto innanzi- tutto dell’impegno di molti volontari», premette il presidente della Piccola Fraternità, don Franco Dal Dosso. Come Elena, nata in terra ucraina ma residente dal 2002 nel quartiere di Santa Lucia dove ha fatto crescere la sua famiglia.

La sua collaborazione ha permesso, da una parte, di accorciare le distanze, pure linguistiche. Dall’altra, di realizzare un desiderio: «Fin dall’inizio dell’emergenza, ci siamo chiesti cosa potevamo fare – spiega don Franco, andando alle origini della decisione –. Vista la nostra storia, ci siamo concentrati sui più fragili». È stata infatti Elena a prendere contatti con una conoscente a Vinnycja, cittadina poco lontana da Kiev, che non è stata risparmiata dai bombardamenti. «Là la gente vive con il sottofondo delle sirene che si attivano ogni ora e costringono a trovare riparo nei sotterranei», descrive la volontaria. Questo esodo continuo, mosso dalla disperazione, è difficile per tutti, ma lo è ancor più quando c’è una disabilità con la quale fare i conti nella quotidianità. «Perciò molti non abbandonano le proprie abitazioni – sottolinea ancora Elena –. E pregano che non accada loro nulla di male».

Tra queste umanità fragili, delle quali non tutti si curano, c’era il gruppo tutto al femminile ospitato a Corbiolo. Una prima staffetta, partita a fine febbraio, ha accompagnato le profughe dal centro dell’Ucraina nella città polacca di Lublino. Dalla Polonia il passaggio in Italia, lo scorso 10 aprile, avvenuto a bordo di due pulmini. Con tempistiche veloci. Fondamentale in tal senso è stato il supporto della Caritas diocesana veronese nel seguire gli aspetti burocratici e organizzativi del viaggio e della successiva ospitalità, in modo da assicurare un’accoglienza adeguata alle necessità. Intervento che è una declinazione concreta dell’altruismo che i cittadini esprimono scegliendo di destinare l’8xmille alla Chiesa cattolica.

Salutate da un cartellone con la scritta colorata “Benvenuti”, tradotta in inglese e ucraino, mamme, figlie e nonna (nella foto) hanno trovato ospitalità in una villetta con giardino attigua alla sede dell’associazione. Hanno a disposizione stanze confortevoli, tra cui cucina e salotto, dove hanno la possibilità di vedere la televisione ucraina e di continuare a seguire le lezioni a distanza per portare a termine l’anno scolastico. Ora sono in un angolo di serenità, dopo aver vissuto tanta paura, grazie alla presenza dei numerosi volontari e dei 15 operatori che si alternano nella vicina struttura e sono sempre disponibili a dare una mano quando serve. Per portare, ad esempio, scorte di cibo, abbigliamento, giocattoli.
 

Una volta che si saranno ambientate e avranno familiarizzato con la lingua italiana, conclude don Franco, «la prospettiva è di inserire le ragazze, che hanno tra i 7 e 12 anni, nel centro diurno». In modo che, assieme ai 15 ospiti che frequentano il Ceod e ai 10 ragazzi della comunità stabile, possano partecipare a seconda delle capacità ai progetti che spaziano dai laboratori di falegnameria a quelli di teatro ed espressività fino all’attività sportiva. Piccole attenzioni per regalare un minimo di autonomia alle giovanissime donne. E alle mamme, che hanno finalmente conquistato un po’ di pace. Il loro cuore resta tuttavia in Ucraina, dove hanno lasciato gli affetti e sperano presto di ritornare.

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