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Pochi, preziosi, ricercatissimi: «Noi infermieri tra bisogno crescente e numeri deficitari»

di MARTA BICEGO
Il presidente Vallicella: richiesta enorme, nessun investimento in più 

Parole chiave: Salute (63), Infermieri (3), Medicina (7)
Pochi, preziosi, ricercatissimi: «Noi infermieri tra bisogno crescente e numeri deficitari»

di MARTA BICEGO
Pochi, ricercatissimi. Tra le professioni che, durante la pandemia, hanno dimostrato la loro essenzialità c’è sicuramente quella degli infermieri. Come i medici, hanno lavorato senza sosta, pagando in termini di numeri di contagi oltre che di carichi di lavoro estenuanti tra corsie degli ospedali, centri vaccinali, residenze sanitarie assistite. 
Proprio guardando allo tsunami causato dal Covid, con all’orizzonte la prospettiva delle opportunità offerte dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), «è tempo di valorizzare la figura dell’infermiere». Ad affermarlo è Franco Vallicella, presidente delle professioni infermieristiche, il cui albo conta nel Veronese oltre 7mila iscritti, per la maggior parte impiegati in strutture pubbliche del Servizio sanitario nazionale. Tanti, ma non sufficienti a rispondere alle effettive necessità. 
E qui si ritorna al Pnrr, esordisce, «che dà tutta una serie di indicazioni sullo sviluppo della rete territoriale. Il decreto ministeriale 71, strumento attraverso cui realizzare questo progetto, indica standard di presenza per medici, operatori socio-sanitari e infermieri. Rispetto a questi standard, la situazione è critica». Si tratta di figure che dovranno andare a inserirsi presso ospedali di comunità, case della salute, centrali operative territoriali ma che già adesso scarseggiano. Per quantificare, cita due studi: «Le proiezioni realizzate dall’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas) e dall’Università Bocconi parlano della carenza rispettivamente di circa 30mila e addirittura di 100mila infermieri. Guardandoli in prospettiva, sono numeri importanti». 
Ma quel che è peggio, pensando in particolare allo sviluppo della rete territoriale dei servizi, «è che, nonostante sia chiaro quello che servirebbe, non si sta investendo nemmeno un euro nell’aumento dei numeri dei corsi a livello universitario. Questo è drammatico. Se non si corregge questo sviluppo, è evidente che ci troveremo in grosse difficoltà». Vallicella riconduce ancora al capitolo Coronavirus: «La pandemia – osserva – non ha fatto altro che mettere in evidenza il problema della mancanza di queste figure professionali. Attività che è stato necessario attivare nell’emergenza, dalle vaccinazioni fino ai tamponi, alla fine sono state affidate agli infermieri». Dall’altra parte, fa notare, c’è un’altra questione da non sottovalutare: ipotizzando ci fossero molti posti disponibili ai corsi universitari, i giovani sceglierebbero di iscriversi? «Il lavoro degli infermieri non è molto valorizzato – aggiunge –. Sono stati definiti eroi dai media, ma se andiamo a vedere cosa hanno avuto in termini di riconoscimento, c’è molto poco. Alla fine un giovane, avendo presente i rischi di questo mestiere e l’impegno che comporta, orienta le scelte verso altro se non intravede prospettive di sviluppo della carriera e di retribuzione, che non è adeguata». 
Nella realtà, le professioni di cura alla persona sono essenziali: «La sfida è riuscire a soddisfare i bisogni di una popolazione sempre più anziana e portatrice di patologie croniche. Con la prevalente necessità di una presa in carico infermieristica», spiega. Ma c’è una contraddizione, prosegue Vallicella: «Da una parte la società richiede infermieri e ne ha bisogno; dall’altra parte non si attuano investimenti mirati, anche in termini di attrattività. Gli effetti sono evidenti nei continui passaggi di professionisti dal privato al pubblico: i posti oggi non mancano, quindi le scelte sono orientate al potersi assicurare maggiori opportunità e sicurezze». In passato, molti neo-infermieri si sono trasferiti all’estero, perché qui non trovavano dove inserirsi: «Ora che ci sono opportunità in termini di occupazione, una parte di questi è rientrata – segnala il referente dell’ordine professionale –. Altri non lo faranno, perché in altri Paesi hanno prospettive sicuramente migliori dal punto di vista economico e di carriera». 
Sui tavoli dei sindacati c’è il rinnovo del contratto di lavoro. C’è margine per fare meglio. Iniziando dalla riorganizzazione preannunciata dal Pnrr, con gli infermieri, conclude, «chiamati a pieno titolo ad essere protagonisti di questo progetto per la competenza di cui sono portatori, per la flessibilità e la capacità di dare risposte. E soprattutto per la loro vicinanza alla persona, imprescindibile per realizzare il loro mandato professionale». 

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